Da oggi anche nei profili italiani del social network ci potrà definire il proprio sesso in tanti modi diversi. E intanto la comunità arcobaleno britannica non sa più se chiamarsi LGBT o essere più inclusiva ribattezzandosi per esempio LGBTQQIAP.
Con un paginone trionfale appositamente dedicato, Repubblica annuncia che da oggi, come è già avvenuto negli Stati Uniti (vedi qui), anche in Italia Facebook offre ai propri utenti la possibilità di «definire la propria identità di genere in ben 58 modi diversi». Tutti naturalmente selezionati «sotto la stretta supervisione dell’Arcigay».
FEMMINIELLO. «Più o meno dalla mezzanotte di oggi, infatti», informa Maria Novella De Luca, «nell’area in cui si indica il proprio sesso, e dove oggi campeggiano “maschio” o “femmina”, si aprirà anche la voce “personalizzata”. E lì ci si potrà riconoscere in ben 58 definizioni diverse, ed indicare anche se si vuole essere contattati con il pronome maschile o femminile». O anche “neutro” – aggiungiamo noi – qualunque cosa questo significhi. Per arricchire l’articolo con una nota di colore, poi, la giornalista di Repubblica si sofferma a disquisire sulla «scelta che spiazza di più» da parte di Facebook, e cioè la decisione di inserire tra le opzioni anche il termine tradizionale napoletano “femminiello”.
DEMOCRAZIA. Tuttavia tempi.it si permette di saltare interamente la parte folcloristica per riportare ai lettori la morale tratta da Repubblica da questa innovazione social: «In realtà – osserva Maria Novella De Luca – l’elenco è così vasto e così pieno di sinonimi che non è facile, se non inseguendo le sfumature, individuare le differenze. Ad esempio tra “femmina trans” o “trans femmina”. Di certo che su un social da miliardi di utenti ci si possa definire “altro” rispetto alle due metà del mondo, è sicuramente un buon esercizio di democrazia».
NQBHTHOWTB. Notevole anche il dibattito interno alla comunità arcobaleno riportato da Enrico Franceschini sempre su Repubblica, nell’articolo che compare accanto a quello su Facebook. Si tratta, scrive il corrispondente da Londra del quotidiano, di “aggiornare” il celebre acronimo LGBT, che ormai da vent’anni «unisce nello stesso gruppo lesbiche, gay, bisessuali e transgender». Stando a quanto emerge da una ricerca condotta in Gran Bretagna, infatti, il movimento a questo punto «avverte il bisogno di estendere l’acronimo in LGBTQQI, per includere queer, questioning e intersex». Peccato però che – nota acutamente Franceschini – «una volta che si inizia ad aggiungere è difficile stabilire dove fermarsi». E infatti già la Bbc si interroga: «Perché si dovrebbero escludere le categorie degli “asessuali” e dei “poliamorosi”? In tal caso l’acronimo diventerebbe LGBTQQIAP». Ma allora, continua Repubblica riportando la proposta di tale Paul Burston, «tanto varrebbe usare formule più provocatorie, come NQBHTHOWTB (Not Queer But Happy To Help Out When They’re Busy – non queer ma felice di dare una mano quando sono occupati), oppure semplificare radicalmente in GLW (Gay Lesbian Whatever – gay lesbiche qualsiasi cosa)». Senza dimenticare che in Canada già si celebra ogni anno «il festival della cultura e dei diritti LGBTTIQQ2SA, che rappresenta “lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, transgender, intersex, queer, questioning, two-spirited e alleati”». E su questa parola, two-spirited, arriva la riflessione conclusica di Franceschini: «Il termine two-spirited (due spiriti) è usato dai nativi americani per descrivere più di un’identità di genere. Ne sapevano già più di noi, gli indiani».
Fonte: http://www.tempi.it/
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