Israa Al-ghamgham è la prima attivista e difensore dei diritti civili saudita per i diritti umani a rischiare la pena capitale. È l’allarme lanciato da Human Rights Watch. La donna arrestata due anni e mezzo fa assieme al marito è a processo, insieme ad altri 4 attivisti, in un tribunale segreto per terrorismo.
Tra le accuse mosse contro di lei, incitamento alla protesta e sostegno morale ai rivoltosi. «Ogni esecuzione è spaventosa, ma chiedere la pena di morte per attivisti come Israa Al-ghamgham, che non è neanche accusata di comportamento violento, è mostruoso», ha sottolineato Sarah Leah Whitson, direttrice Medio Oriente per l’organizzazione per i diritti umani. Nei giorni scorsi era circolata la notizia non confermata che la donna fosse stata giustiziata, news poi rivelatasi falsa. Israa Al-ghamgham è in carcere insieme a suo marito dal 2015 e il 6 di agosto c’è stata la prima udienza del processo nei suoi confronti e il Pubblico mininistero ha chiesto la condanna capitale. La prossima seduta è per il 28 ottobre.
Al-ghamgham è una nota attivista sciita che ha documentato le manifestazioni di massa cominciate nel 2011 nella provincia orientale del Paese. La minoranza sciita, nel Paese dominato dai sunniti, sostiene di subire discriminazioni nel campo dell’istruzione e dell’occupazione e ha accusato le autorità di bandire o interferire con le loro cerimonie religiose, accuse sempre respinte da Riad. Nel 2017 sono state 146 le persone giustiziate mentre sono 58 i prigionieri in attesa di essere uccisi. Le condanne avvengono per decapitazione e per lapidazione. Secondo Amnesty International l’Arabia Saudita è uno dei paesi con il più alto numero di esecuzioni capitali nel mondo.
Restiamo basiti dinanzi a tanta brutalità di questi paesi DISUMANI che vorrebbero venirci a dare lezioni di civiltà! Una giovane attivista si trova sul filo del rasoio per via di leggi prive di umanità,di senso civico,di pudore e di qualsiasi forma inappropriata di religiosità, tra le altre false e paradossalmente a ciò, prosegue nella penisola Araba il lavoro di Porte Aperte per proteggere e diffondere l’evangelo a chi decide davvero di seguire le orme di Gesù. Si sta tracciando un segno indelebile ad un sistema integralistà, rispondendo ai quesiti dei molti musulmani confusi da quanto sta accadendo; “Qui si mangiano la Parola di Dio“, afferma Judah (pseudonimo), collaboratore di Porte Aperte nella Penisola Araba, terra ostile al Vangelo e luogo ove vivono grossi finanziatori occulti dell’islam radicale ed estremista. “Le persone sono affamate della Parola di Dio. Vi sono sempre più cristiani coraggiosi che condividono il Vangelo con le persone. Per non parlare delle migliaia e migliaia di lavoratori dall’Asia“, continua Judah. Migliaia di schede di memoria micro SD contenenti la Bibbia in tutte le lingue utili ai lavoratori stranieri, ma anche in arabo, stanno raggiungendo migliaia di anime affamate e cambiando vite: stiamo parlando di musulmani locali oltre che di cristiani nominali da paesi come l’India, il Nepal o le Filippine.
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