Non voleva essere un’eroina, nè tantomeno una santa, era semplicemente una donna tutta intera. Così la laicissima Toffa ci ha mostrato che l’uomo è fatto per la vita fino all’ultimo respiro e che l’atteggiamento più umano di tutti è la Speranza. Perchè, che lo sappiamo o meno, abbiamo il dna di Dio e siamo tutti chiamati al suo Amore.
E’ passata già una settimana dalla sua morte e i funerali hanno salutato le sue spoglie lo scorso venerdì, ma i riflettori su Nadia Toffa ancora non si sono spenti.
Certo, si potrà dire che la sua popolarità, nata sul piccolo schermo con il gettonatissimo programma Le Iene e fomentata con un’assidua presenza sui social, abbia fatto il suo dovere. Eppure non basta questo a spiegare l’attenzione che la giovane giornalista bresciana ha suscitato nel popolo italiano.
La sua commovente storia l’abbiamo già raccontata a tempo debito, quando Nadia stessa ce l’aveva consegnata attraverso il libro autobiografico “Fiorire d’Inverno”. Quanto alla cronaca degli ultimi giorni, invece, non occorre ripeterla essendo già stata cucinata in lungo e in largo dai vari media e persino condita con gossip e pettegolezzi, come una notizia qualunque.
Nonostante ciò, rimane a nostro avviso doveroso scriverne qualche riga per non perdere l’occasione di imparare da chi, se non per merito, certamente per destino, ha camminato un passo avanti a noi.
SPERARE CONTRO OGNI SPERANZA
“Nadia lo sapeva. E’ andata avanti lo stesso, sapendo bene che sarebbe finita in questo modo”. Così Davide Parenti, autore del programma Mediaset, nonché padre artistico della Toffa, a pochi giorni dalla sua scomparsa ha riferito al Messaggeroparole che lasciano senza parole. Perché: d’accordo lottare e combattere quando si pensa ancora di poter vincere; sta bene sorridere, quando si può vivere della speranza di poter ricominciare, ma Nadia Toffa è andata oltre, ha passato il limite. L’irriverente Iena ha voluto amare totalmente la vita proprio quando ha compreso che “il bastardo” (così lei chiamava il tumore), le avrebbe divorato fino all’ultimo respiro, consumandola tra dolori e patimenti.
Vi è di più. Quando la Toffa pronunciò quelle famose parole che sconvolsero un po’ tutti, arrivando a dichiarare che “il cancro può essere un dono”. E quando ancora, intervistata negli studi di Verissimo, ebbe a dire che “il Signore non è cattivo, ma vuole solo la nostra felicità”, ebbene, oggi sappiamo che Nadia diceva tutto questo ben consapevole che il suo cammino su questa terra stava per terminare e che il suo dolore l’avrebbe portata alla morte. Ma allora: come è stato possibile, a La Iena,vivere così?
ABBIAMO IL DNA DI DIO
C’è una cosa su tutte che ha reso veramente attraente la vita di Nadia. Il suo sorriso continuo, la sua voglia di lottare fino alla fine, il suo amore e la sua gratitudine per la vita, anche in faccia alla morte, erano in lei un atteggiamento profondamente umano.
Vale a dire, Nadia con i limiti e le debolezze di tutti, ha dimostrato che l’essere umano è fatto per la vita, non per la morte, e che la speranza è la scelta che più corrisponde al cuore di ogni uomo. Nadia non era affatto una super donna, come la si vuole dipingere: “se è possibile vivere così per me – ripeteva – è possibile per tutti”. Nadia voleva semplicemente essere donna fino in fondo e fino alla fine.
Perciò, perfettamente anticonformista quale era, seppure reginetta di uno dei programmi più conformati al pensiero modernista, Nadia ha finito per sbugiardare veramente il politicamente corretto. Il suo “inno alla vita sino all’ultimo respiro”, è stata la risposta più spiazzante alla mentalità eutanasica che domina e che pretende di imporre il rifiuto del limite, l’odio del dolore e il conseguente disprezzo per la vita umana.
Certo, probabilmente Nadia ha personalmente incontrato Dio, più di quanto noi non possiamo immaginare, ché Dio non tarda mai a venire quando Gli si dona tutto, eppure La Iena ha cantato la sua lode alla Speranza, da laica, peccatrice e profondamente umana quale era. “Chi non ama la vita è uno sfigato!”, è stato il suo ultimo sfottò in favore di camera, coll’immancabile sorriso fieramente esibito per spezzare il dolore scolpito sul giovane volto.
AMARE TUTTA LA VITA E’ LODARE DIO
“Nadia non si è mai lamentata di nulla. Non ha mai voluto parlare della morte, direttamente, ma sapeva benissimo che stava per affrontare questo passaggio. Non era mai disperata o depressa, coglieva la forza di superare i momenti più difficili e confortava sempre le persone che le mostravano pena o affetto. (…) Ripeto: era lei a confortarci, anche perché sapeva che la vita va oltre la vita”, così ha parlato di lei pochi giorni fa Fabrizio Gardina, fisioterapista nella malattia e suo amico da sempre.
Ebbene, che i più grandi santi abbiano salutato la morte col sorriso, forse Nadia non lo sapeva neanche e probabilmente nemmeno le interessava. Eppure, sono proprio i santi ad insegnarci che la più grande Lode resa a Dio è quella che si consuma benedicendo tutta la vita come un dono, specialmente quando si è dentro alla fatica, al dolore o alla morte, fisica o spirituale che sia.
«La casa di Dio è una casa di uomini e non di superuomini» diceva il noto scrittore francese G. Bernanos. «I cristiani non sono superuomini. E nemmeno i santi. Anzi, i santi meno di tutti, perché sono gli esseri umani più umani. (…) Un eroe dà l’illusione di superare l’umanità, mentre il santo non la supera, la assume. Si sforza di realizzarla nel miglior modo possibile, si sforza di avvicinarsi il più possibile al suo modello Gesù Cristo, cioè a colui che è stato perfettamente uomo».
Ecco, Nadia Toffa non era per nulla un’eroina, men che meno era una santa, però è stata una vera donna e, nel suo piccolo, ci ha mostrato che cosa sia una umanità pienamente vissuta. Lo ha fatto da laicissima, ma non troppo: “Probabilmente Dio ha deciso che ho terminato tutto il mio lavoro qui e che ha altri incarichi da offrirmi. Ora sono disposta ad essere giudicata, ma solo da Dio”.
Costanza Signorelli | lanuovabq.it
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