Non passa giorno che la cronaca non accenni a disagi in ordine giovanile nei più svariati aspetti: alcolismo, ludopatia, sex addiction, Hikikomori, nomobile, internet addiction, sex addiction, dipendenze affettive. Ultimo di questi giorni, il 13 suicida nel napoletano, ad opera di amici bulli. Si fa facile a dire o colpevolizzare la pandemia con il suo carico di indotto lockdown. La pandemia ha portato solitudine, da più voci si è sentita questa frase. Ma di quale solitudine si parla? Un adolescente, una persona adulta, attraverso un social è in contatto con altri. Se invece si parla della solitudine dei rapporti interpersonali, degli ascolti inesistenti, dei dialogo mancanti, delle attenzione non date in senso allo stesso nucleo familiare, bhe, questo ha un senso. Non è una sorpresa l’abisso di mancanza di comunicazione tra genitori, tra questi e figli e tra i figli stessi. Naturalmente a risentirne maggiormente sono quelle categorie di menti in evoluzione; bambini e adolescenti che proprio attraverso il dialogo, l’ascolto e l’attenzione crescono in autostima e salute.
Emblema di dialogo è l’adolescente Gesù, che rimase in Gerusalemme all’insaputa dei genitori, i quali, pensando che egli fosse nella comitiva, cercandolo non lo trovarono. All’incontro la madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena». Ed egli disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?» Ed essi non capirono le parole che egli aveva dette loro. Poi discese con loro, andò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini (Luca 2:41-52).
Il dialogo sancisce un aspetto psicologico della relazione, l’espressione delle ansie e preoccupazioni dei genitori e del figlio; sancisce il buon dialogo che aiuta a crescere in sapienza.
Ci troviamo a vivere un contesto di non dialogo, di non relazione dove non può essere sotto inchiesta la pandemia. Il disagio che ne deriva da mancanza di dialogo supportivo per moltissimi ragazzi è perdere punti di riferimento e senza i quali ogni vita va alla deriva. Ci si sente in balia di forze esterne che non si riescono a fronteggiare come i tanti casi di bullismo, di cyberbullismo che a loro volta, non potendolo esprimere, per mancanza di punti di riferimento, comporta un aggravio di disagio psichico; insonnia, attacchi di panico, depressione, anoressia o bulimia, dipendenza, autolesionismo.
Tanti, come il giovane 13 suicida nel Napoletano, non sanno reagire si sentono in balia di forze esterne non controllabili. Questi giovani non sanno reagire, non hanno il coraggio di parlare o si sentono semplicemente sfiduciati dalla vita? Personalmente penso che anche il fenomeno bullismo si dovrebbe reinterpretare. Benché le politiche sociali sfornino adeguate leggi con progettualità dai costi enormi sulla prevenzione (Legge n. 71/2017 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”) sono in aumento i casi di disagio giovanile.
Il vero dato preoccupante, punta dell’iceberg, secondo dati l’Istat sono i 220mila i ragazzi tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita, infelici, sfiduciati, vuoti. Il capo di imputazione, da parte di professionisti della salute mentale, di agenzie educative e formative diventa il ruolo delle nuove tecnologie, e in particolare di smartphone e social network. Attenzione, un Cortello può servire per tagliare il pane ma anche per uccidere. È nell’intenzione di chi lo usa la funzionalità. Nell’intenzione di un adolescente, che trova, nella tecnologia e nei social, compensazione di un vuoto il problema non è il social ma l’attenzione che in esso depone: la compensazione ad un vuoto. E un adolescente che con questa intenzione trascorre ore e ore non può passare inosservato a chi gli vive accanto perché lancia i suoi segnali, sebbene non ha più dialogo con il suo mondo significativo. Elementi di segnali esistono, basta avere occhi per vedere e orecchie per sentire, senza la quale il cuore si indurisce (Matteo 13,15). «Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi» (dal Principe di Antoine de Saint-Exupéry). Senza un cuore aperto non si colgono i segnali di chi utilizza frasi come: “sono stanco, mollo tutto”; “mi sento tormentato”; “che serve vivere”. Non si colgono comportamenti come nervosismo e tensione dopo l’utilizzo di un social; tempo che trascorre sul social; umore che cambia dopo l’utilizzo; irritabilità a qualsiasi comunicazione. Molti adolescenti prima di utilizzare un social si preparano fisicamente, si guardano allo specchio, si pettinano, si trasformano come se dovessero incontrare una persona importante o uscire per strada. Segnali che passano inosservati. Una vera politica di prevenzione, formazione e informazione deve tenere conto delle tre A di accoglienza, ascolto e accompagnamento (Riccardi P., La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità Ed. D’Ettoris, 2021).
Ognuno, sin da piccolo ha bisogno di accoglienza, vale a dire interesse per ciò che fa; di ascolto, vale a dire capacità di far esprimere dubbi e perplessità, paure e ansie; accompagnamento, capacità di non giudicare, criticare ma guidare come se si fosse un passo indietro per vedere l’altro e il suo andamento.
Tutto questo richiama ad un’altra grande assente della nostra vita: la responsabilità.
Pasquale Riccardi
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