È quanto evidenziato dal 14° rapporto annuale pubblicato dal Pew Research Center
Nel 2021, le restrizioni governative alla religione – leggi, politiche e azioni di funzionari statali che limitano le credenze e le pratiche religiose – hanno raggiunto un nuovo picco a livello globale, secondo l’ultima analisi del Pew Research Center (Centro studi statunitense con sede a Washington che fornisce informazioni su problemi sociali, opinione pubblica, andamenti demografici sugli Stati Uniti ed il mondo in generale, ndr.) sulle restrizioni governative alla religione in 198 paesi e territori in tutto il mondo.
Le molestie nei confronti di gruppi religiosi e l’interferenza nel culto sono state due delle forme più comuni di restrizioni governative in tutto il mondo nel 2021.
Lo studio, che fa parte del progetto Pew-Templeton Global Religious Futures, ha dimostrato che sia le azioni del governo che le ostilità sociali hanno contribuito alle persecuzioni nei confronti dei gruppi religiosi. Le restrizioni governative alla religione hanno raggiunto il massimo storico, con 183 paesi che hanno imposto varie forme di limitazioni, il numero più alto dall’inizio dello studio avviato nel 2007.
I cristiani, in quanto gruppo religioso più numeroso a livello globale, hanno subito molestie in varie forme, dalle dichiarazioni di disprezzo alla violenza fisica. Lo studio ha rilevato che i cristiani sono stati perseguitati dai governi di 160 paesi, in aumento rispetto ai 155 dell’anno precedente: si va da sottili forme di discriminazione ad atti palesi di violenza e oppressione.
I musulmani hanno subito molestie in 141 paesi, rispetto ai 145 del 2020.
Gli ebrei sono stati perseguitati da governi e gruppi sociali o individui in 91 paesi nel 2021, in calo rispetto ai 94 paesi nel 2020, il terzo totale più alto di qualsiasi gruppo religioso, afferma lo studio, sottolineando che gli ebrei costituiscono solo lo 0,2% della popolazione mondiale.
In termini di molestie fisiche, che includevano danni alla proprietà, aggressioni a persone, detenzioni, spostamenti e uccisioni, lo studio ha riportato incidenti in 137 paesi, con i governi come principali responsabili in 100 di questi.
Il danno alla proprietà – verificatosi in 105 paesi – è l’esempio più comune di molestia fisica. L’Europa ha la percentuale più alta di paesi che hanno segnalato danni materiali legati alla religione, con incidenti come la chiusura di 21 moschee in Francia e attacchi a siti cattolici ed ebraici in Polonia.
In 91 paesi sono state segnalate aggressioni fisiche contro individui a causa del loro credo religioso. In Medio Oriente e Nord Africa, gli attacchi sono stati particolarmente diffusi, con il 75% dei paesi della regione che hanno segnalato tali incidenti, compreso un attacco missilistico contro una moschea a maggioranza sunnita nello Yemen.
Detenzioni legate a credenze religiose sono state segnalate in 77 paesi, con la regione del Medio Oriente e del Nord Africa che ha la percentuale più alta di paesi che hanno denunciato tali incidenti. Nello Sri Lanka, 311 persone sono rimaste in carcere senza accuse formali per presunti collegamenti con gli attentati della domenica di Pasqua del 2019.
Secondo l’analisi, le restrizioni governative alla religione – leggi, politiche e azioni da parte di funzionari statali che limitano le credenze e le pratiche religiose – hanno raggiunto un nuovo picco a livello globale.
Il livello medio globale delle restrizioni governative alla religione è aumentato a 3,0 nel 2021, rispetto a 2,8 nel 2020, indicando un inasprimento del controllo sulle pratiche religiose. Tuttavia, il livello medio globale delle ostilità sociali che coinvolgono la religione è leggermente diminuito, da 1,8 nel 2020 a 1,6 nel 2021.
Lo studio ha inoltre evidenziato la duplice natura delle azioni del governo nei confronti della religione. Pur imponendo restrizioni e attuando vessazioni, i governi di 161 paesi hanno fornito benefici alle organizzazioni religiose, come finanziamenti per l’istruzione religiosa e la manutenzione degli edifici religiosi. Questa situazione paradossale solleva interrogativi sulle motivazioni dietro le politiche dei governi nei confronti dei gruppi religiosi.
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