Mentre i media internazionali riportano i tumulti del popolo per il caso Bouteflika, presidente uscente dell’Algeria in corsa per il quinto mandato consecutivo a capo del paese, la Chiesa algerina affronta momenti di forte preoccupazione riguardo il futuro della propria libertà.
Alla 22° posizione della World Watch List 2019, in vertiginosa risalita rispetto all’anno passato (42° nel report del 2018), l’Algeria ha assistito alla chiusura di diverse chiese e di altri edifici cristiani, apparentemente come reazione alla maggiore testimonianza per la divulgazione della fede da parte dei cristiani. Inoltre, molti cristiani ex-musulmani hanno subito maggiori pressioni in ambito familiare. Ad alcune chiese è stato permesso di riaprire, ma l’ondata di controlli e ordini di chiusura non è ancora terminata.
Muslih (pseudonimo) è un giovane ex-musulmano, proveniente da una piccola città a sud del paese: “La pressione sulla Chiesa in questa parte del paese è maggiore rispetto alla capitale”, racconta, “i cristiani ex-musulmani sono perseguitati a causa della fede, rinnegati dalle loro stesse famiglie e costretti a lasciare le proprie case o, se donne, segregate tra le mura domestiche e spesso picchiate dai loro mariti. Anche sul lavoro possono esserci problemi per chi diventa cristiano e ci si aspetta che le autorità locali arrivino a utilizzare forme di persecuzione fisica. Abbiamo già sentito di un cristiano pesantemente picchiato e può capitare di ricevere minacce di morte. Tempo fa un cristiano di queste parti, dopo aver trovato la sua casa data alle fiamme, ha ricevuto un messaggio che diceva: Questa volta abbiamo bruciato la tua casa, se non tornerai all’islam sarai tu a bruciare”.
Conosciuto per il suo sorriso e la sua solida fede in Gesù, Muslih aggiunge: “Nulla potrà separarci dall’amore di Cristo”.
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