A proposito di Olimpiadi. È ora che le atlete boicottino le gare femminili con uomini trans

L’Autrice sostiene che non è più sufficiente colpire gli interessi economici delle aziende attraverso il boicottaggio dei marchi che sponsorizzano gli atleti trans nelle competizioni femminili. Se si vuole fermare l’intollerabile discriminazione perpetrata nei confronti delle donne, è ora che atlete e tifosi boicottino le gare stesse. L’articolo, tradotto con adattamenti dalla Redazione e non rivisto dall’Autrice, è stato pubblicato sul sito web americano di news e analisi politiche Human Events. Già pubblicato sulla Rivista Notizie Pro Vita & Famiglia di giugno 2024, lo riproponiamo proprio in questi giorni “clou” delle gare delle Olimpiadi di Parigi 2024.




Il transessuale Sasha Jane Lowerson è stato scelto dal marchio di surf Rip Curl per rilanciare il brand dopo che si sono liberati di Bethany Hamilton, la surfista statunitense che si era espressa contro la partecipazione degli uomini trans nelle gare femminili. Il golfista trans Hailey Davidson è pronto a conquistare un posto nel tour della Ladies Professional Gold Association (Lpga) dopo due turni di qualificazione per l’Lpga e per l’Epson Tour a Palm Springs, in California. I transessuali Tessa Johnson, Evelyn Williamson, Veronica Ivy spadroneggiano nel ciclismo, Lia Thomas nel nuoto, Cece Telfer nella corsa, Laurel Hubbard nel sollevamento pesi, Harriet Haynes nel biliardo e l’elenco continua.

Quasi tutti gli sport femminili stanno facendo i conti con l’infiltrazione di uomini che non solo dichiarano di essere donne, ma ritengono che questa affermazione dia loro il diritto di gareggiare nelle competizioni femminili. È una richiesta allucinante che evidenzia la menzogna dell’identità di genere, ma alla quale la nostra cultura ci ha ormai assuefatti. La maggior parte delle persone infatti non batte ciglio quando vede un uomo agghindato da donna salire sul podio dei vincitori di una gara di atletica femminile.

Tutto questo deve essere fermato e non sarà possibile farlo se si continua a pensare di incidere sugli interessi economici con il boicottaggio dei brand. Finirà solo quando le atlete smetteranno di giocare e i tifosi smetteranno di fare il tifo. Nel mondo del biliardo un gruppo di donne sta preparando una causa contro la World Eightball Pool Federation e il gruppo Ultimate Pool per il fatto di aver subito «discriminazioni sessuali dirette e molestie sulla base del sesso». Questo avviene dopo che la giocatrice di biliardo Lynne Pinches si è rifiutata di giocare in un campionato contro il giocatore uomo Harriet Haynes.

È necessario che siano sempre di più le donne che parlino, che prendano in mano la palla e vadano a casa, in modo da denunciare le profonde disparità, le dannose menzogne e le pesanti discriminazioni di cui sono vittime le donne nelle loro stesse competizioni. I favorevoli alla partecipazione dei trans nelle competizioni femminili affermano che non sempre questi uomini vincono e questo significa che non rappresentano un problema. Dimenticano che ovviamente la questione non è la vittoria, ma l’opportunità. Quando un uomo gareggia negli sport femminili toglie a una donna la possibilità di competere. Arrivare nel girone dei vincitori, o anche non arrivarci, significa che una donna ha perso la possibilità di gareggiare.

Quando Laurel Hubbard ha gareggiato per la Nuova Zelanda alle Olimpiadi nel sollevamento pesi femminile ha clamorosamente perso. Ma alle donne del loro Paese, che ha battuto conquistando il posto nella squadra olimpica, è stata tolta l’opportunità di mostrare a livello mondiale quello che sapevano fare. Questa opportunità è stata loro negata perché Hubbard si è sentito in diritto di prendere il loro posto in virtù del suo presunto percepirsi donna. Non si è trattata di una bugia innocua, ma di una bugia che è costata alle donne la loro carriera di atlete.

I brand si sono schierati dalla parte dell’ideologia trans e della cancellazione delle donne negli sport femminili: hanno sponsorizzato questi signori, li hanno promossi nelle campagne pubblicitarie, hanno detto che erano “valorosi” e “coraggiosi” per aver partecipato alle gare e vinto i premi in denaro, pur sapendo che sono biologicamente avvantaggiati rispetto a tutte le donne che scelgono di “mettersi in gioco”.

«Dubito che aziende come Ripcurl e Redbull credano davvero che gli uomini debbano competere con le donne negli sport femminili», mi ha detto la skateboarder Taylor Silverman. «Tuttavia sia che credano veramente a questa menzogna sia che lo facciano solo per interesse, sono contenta che stiano facendo passi indietro affermando che non li sosterranno più». Silverman è una proponente del boicottaggio dei marchi che esaltano gli uomini trans nelle competizioni a discapito delle atlete donne.

I media si arricchiscono quando raccontano le storie di questi uomini che portano a casa riconoscimenti e raccolgono i frutti delle loro menzogne. Quelli che finiscono in prima pagina e vengono messi in risalto nelle storie degli atleti trans che gareggiano negli sport femminili, in spregio alle donne, sono nomi e foto di uomini e non quelli delle atlete donne che dovrebbero essere le legittime vincitrici.

Questi uomini cambiano i loro pronomi, cambiano il loro abbigliamento, alterano i loro corpi con trattamenti medici e pretendono che noi tutti li assecondiamo fino a cancellare le nostre sorelle, figlie e madri, e quando questo succede tutti applaudono. Le aspiranti vincitrici tornano a casa con i trofei del secondo o terzo posto e, mentre i loro nomi vengono dimenticati, i nomi da donna scelti dagli uomini sono acclamati come campioni.

Quando questi atleti hanno iniziato a prendere i posti, le opportunità e persino le borse di studio delle donne, molte donne non hanno protestato abbastanza. Sembrava fosse sufficiente evidenziare l’ingiustizia, le ovvie disuguaglianze tra uomini e donne in termini di forza fisica, resistenza, massa ossea e muscolare affinché la gente si rendesse conto che questi uomini e tutti coloro che li sostenevano stavano mentendo. Ma non è andata così. È al contrario accaduto che, mentre un numero sempre più elevato di uomini si precipitava negli sport femminili, legittimati dalle loro prescrizioni di estrogeni, con la manicure alle unghie e gli inutili reggiseni sportivi, sono state le donne che avevano protestato a essere diffamate dai marchi, dalle federazioni sportive di atletica, dai media e a volte anche dai tifosi. L’intera faccenda è assurda, ne siamo tutti consapevoli.

Le persone che conoscono la differenza tra uomini e donne, e sanno che la biologia non è un’invenzione, sono rimaste sbigottite nel constatare che il mondo dello sport, che si fonda fortemente sulla meritocrazia, in cui le differenze tra uomini e donne sono assolutamente nette, abbia permesso questa mostruosità.

Hailey Davidson ha affermato che le reazioni contro la sua inclusione nel golf femminile erano “transfobiche”. Davidson è un uomo grande e grosso con un grande swing nel golf, e anche solo vederlo in piedi accanto agli altri concorrenti mostra quanto sia assurdo che si definisca una donna. Per immaginare un parallelo sull’assurdità di Davidson in una competizione femminile sul green, basta ritornare ai campionati di nuoto Ncaa del 2022 ad Atlanta e ripensare a Lia (nata William) Thomas in piedi sul podio dei vincitori, accanto a donne forti e in forma, ma minuscole in confronto a lui. «Mi sono reso conto che non si tratta di proteggere lo sport femminile o che io sia avvantaggiato, ma solo che non vi piacciono le persone trans – ha affermato Davidson. È molto triste che ci si riduca a ciò. Questo è quello che ho capito negli ultimi due mesi». «Capisco le ragioni e il dibattito sugli atleti transgender. Onestamente lo capisco – ha aggiunto Davidson. Quello che sinceramente non capirò mai è l’odio che ne deriva. Alcune persone lanciano attacchi intenzionalmente, mentre altre forse non si rendono conto di quanto possano essere offensive le loro parole».

Ma non vi è odio contro Davidson, o paura delle persone trans, nell’essere perfettamente e chiaramente consapevoli del fatto che uomini e donne sono diversi, che né farmaci né interventi chirurgici possono trasformare gli uomini in donne. Per quelli di noi che lo dicono da anni, le cui rimostranze sono state ridicolizzate, questa assurdità continua a espandersi. Le immagini di questi uomini, in piedi accanto alle donne che hanno sconfitto nelle gare, sono assolutamente sconcertanti. È come se fingere di essere una donna e sconfiggerla nello sport rappresenti un feticcio e non un’ambizione sportiva.

Le donne dovrebbero smetterla di difendere questo fenomeno, e lo stesso dovrebbe fare chiunque conosca la differenza tra verità e menzogna, tra fatti e parole, tra realtà e fantasia. Boicottare i marchi che arruolano gli uomini negli sport femminili non è più sufficiente, è arrivato il momento di boicottare le competizioni stesse. Se le donne smetteranno di presentarsi sarà più chiaro accorgersi di chi viene cancellato dalla pretesa di chi vuole dare a bere menzogne da quattro soldi.

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