Nella mattinata di ieri, lunedì 1° febbraio, Aung San Suu Kyi, Consigliera di Stato del Myanmar, insieme ad altri 22 membri della Lega Nazionale della Democrazia (NLD) è stata arrestata dalle forze militari del Paese con l’accusa di “pratiche elettorali fraudolente”. Successivamente è stato dichiarato lo stato di emergenza, che durerà per i prossimi 12 mesi e avrà lo scopo di preservare la stabilità dello Stato.
Lwin*, un nostro partner locale, descrive questo avvenimento come un sabotaggio della democrazia: “L’incapacità dell’esercito di accettare la sconfitta alle urne è stata solo il pretesto per spingerlo a tornare al potere con la forza. Il pieno controllo del Paese da parte delle forze militari potrebbe portare ora ad un blocco totale delle notizie, il taglio delle linee telefoniche e delle connessioni internet avvenuto questa mattina è solo l’antipasto di ciò che potrebbe accadere. La situazione politica ed economica è molto instabile in questo momento, non si può dire quanto durerà la crisi. Inoltre, il governo militare potrebbe significare il rafforzamento della religione dominante, essendo già stato in passato molto protettivo nei confronti della cultura e delle tradizioni buddiste. Questo potrebbe causare serie conseguenze per la Chiesa. Ci aspettiamo che le restrizioni imposte ai cristiani in passato si ripalesino, anche se non siamo ancora certi della portata e della forma che queste assumeranno”.
A seguito di questi ultimi avvenimenti, il popolo birmano sembra in preda al panico: le persone prelevano quanto più denaro possibile dalle banche e fanno incetta di beni di prima necessità e di generi alimentari. Lwin ci ha riferito che molto presto la circolazione del denaro potrebbe essere limitata: “La moneta locale rischia una significativa svalutazione e questo farebbe precipitare l’economia del Paese. Sarà inoltre difficile continuare a trasferire dall’estero i fondi finanziari necessari per sostenere la Chiesa”.
Al momento, gli spostamenti sono limitati dentro e fuori il Paese, con voli cancellati e la comparsa di posti di blocco militari lungo le strade. “I residenti di Yangon, la più grande città del Myanmar, erano già limitati negli spostamenti a causa della pandemia, ma ora, con la crisi politica, sta diventando ancora più difficile. L’aumento dei controlli rischia di intaccare in modo significativo il nostro lavoro, specialmente quello nelle aree più bisognose“, ha concluso il nostro partner locale Lwin.
La Chiesa in ginocchio… per pregare.
Nel mezzo della crisi e delle difficoltà di comunicazione che ne conseguono, ci giungono i primi messaggi incoraggianti dai cristiani locali: “I pastori stanno spingendo i membri delle chiese a pregare per il Paese dalle proprie case. Nelle aree con meno restrizioni, inoltre, alcune persone sono riuscite a incontrarsi per pregare insieme”, ci riferise Daisy*, altro partner locale della nostra missione.
Le nostre squadre stanno ora ragionando sui passi da intraprendere in vista del prorogarsi dello stato di emergenza nel Paese. Porte Aperte rafforza i perseguitati del Myanmar (posizione n.18 della World Watch List 2021) attraverso programmi di formazione spirituale per leader e famiglie, distribuzione di letteratura cristiana e progetti di sviluppo socio-economici.
https://www.porteaperteitalia.org/myanmar-cosa-potrebbe-comportare-il-potere-militare-per-la-chiesa/
Sostieni la redazione di Notizie Cristiane con una donazione, clicca qui