La triste storia di una donna rom di 32 anni, giovane madre di sei figli morta in un campo rom perché le è stato impedito di uscire per farsi curare
È la triste storia una donna di 32 anni, una giovane madre di sei figli, un essere umano con sentimenti.
Ha perso la vita in circostanze alquanto strane e non ancora chiarite. Di certo è morta.
È morta nel campo nomadi di Secondigliano nel tentativo di arrivare in ospedale.
Per molti era solo una «zingara», una «straniera», «un’immigrata», una «reietta indesiderata» e qualche razzista avrà anche esultato.
«Più Rum, meno Rom!!!»
In realtà è morta una persona con un cuore e un’anima, rea solo di vivere in un ghetto, di far parte della fascia precaria della società, di essere povera materialmente ma ricca di una famiglia, di una comunità, di una cultura, di una lingua, di una tradizione.
Era incinta e da poco aveva partorito il suo sesto pargolo, una bambina. Per questo era andata in ospedale, ma qualcosa non è andato per il verso giusto. Era risultata negativa ai tamponi, ma al campo nomadi di Secondigliano ci sono diversi positivi al coronavirus.
Per questo si è disposto un isolamento coatto. Il campo è sorvegliato dalle forze dell’ordine, un carcere a cielo aperto. Nessuno può entrare e nessuno può uscire. La donna stava male da diversi giorni, i familiari chiedono aiuto. La risposta è l’indifferenza, la richiesta di aiuto scambiato forse per un capriccio o un pretesto.
Non si può uscire dal ghetto per nessun motivo. Solo quando la situazione è precipitata si fa intervenire un’autoambulanza. Ma è troppo tardi.
La donna è deceduta.
L’indifferenza ha fatto il suo corso. Essere odiati e segregati è un prezzo che si paga. La discriminazione su base etnica è quanto di più ignobile possa risultare in una società civile e democratica.
L’ antiziganismo, il razzismo specifico per rom e sinti, ha colpito ancora sotto lo sguardo indifferente dell’opinione pubblica che corre verso il benessere.
L’Unione delle Comunità Romanès in Italia (Ucri) con le proprie associazioni e attivisti si sono mobilitati e hanno chiesto un incontro con le autorità locali e le istituzioni per accertare la verità, anche se rimane la certezza che la giovane madre è morta per indiffernza.
Quando si verificano episodi che sono il prodotto di marginalità sociale, emergenza sanitaria, malasanità e discriminazione a essere chiamate in causa sono innanzitutto le istituzioni e la società civile. Si spendono milioni e milioni di euro dei fondi europei e fondi strutturali, ma ai rom e sinti non arriva nulla.
A volte la morte per indifferenza.
https://www.riforma.it/it/articolo/2020/12/21/morire-indifferenza