Il fallimento non deve avere l’ultima parola

Di fronte a un fallimento, Dema e Marco rappresentano due figure antitetiche. Il primo ci suggerisce parole di avvertimento, mentre il secondo, evoca espressioni cariche di speranza. Poiché “manchiamo tutti in molte cose” (Giacomo 3:2), abbiamo bisogno di ambedue gli esempi.

Dema

Che cosa accadde a Dema? Non lo sappiamo, ma la chiave per capirlo sta nelle parole accorate di Paolo, tra le ultime pronunciate dall’apostolo prima della sua esecuzione a Roma: “Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n’è andato a Tessalonica” (2 Timoteo 4:10). Forse Dema aveva timore di subire una condanna a morte e si è nascosto. Forse si era defilato, rifiutando un ruolo attivo nell’opera del Signore e finendo col soccombere alle sirene ammalianti della seduzione. O forse ancora, è stato assorbito dalla frenesia della vita urbana di Tessalonica, cosmopolita, ricca di fascino e culturalmente intrigante. Qualunque siano stati i motivi della defezione di Dema, l’apostolo Paolo l’ha intesa come una questione che aveva a che fare con l’amore per il mondo.

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