Costretti alla distanza

«Signore, libera l’anima mia!»

Salmo 116:4

Due fratelli avevano vissuto una vita assieme, condiviso tutto. Una volta cresciuti, vivevano uno accanto all’altro, collaborandosi nel lavoro dei campi. Un giorno litigarono per una banalità, e nessuno dei due fu capace di superare quel che era accaduto fino a non salutarsi più. Un bel dì un falegname bussò alla porta del fratello maggiore in cerca di lavoro: “C’è qualche lavoro che posso fare?”. “Sì”, rispose l’uomo e lo portò sul retro della sua cascina. “Vede quel terreno, è di mio fratello. Abbiamo litigato da tempo e lui ha scavato un profondo solco tra me e lui, convogliando le acque del fiume. Dietro la stalla ci sta della legna ammassata e vorrei che mi costruisse un recinto alto così da non vederlo più”. “Comprendo, ci penso io”. L’uomo uscì per delle commissioni lasciando il falegname al suo lavoro. Al rientro, roba da non credere ai suoi occhi. Il falegname aveva terminato il lavoro, solo che al posto del recinto aveva realizzato un ponte. Non ebbe il tempo di arrabbiarsi, perché vide arrivare il fratello con la mano tesa: “Ti ringrazio, perché io avevo creato un solco tra noi, mentre tu hai costruito un ponte”. Fu così che la pace fu fatta. I fratelli chiesero al falegname di restare con loro qualche giorno per altri lavori, ma la risposta fu: “Ho tanti ponti da costruire”.

Questa storia rappresenta chiaramente l’impegno profuso nei secoli da chiunque abbia abbracciato i principi della fede cristiani: demolire barriere, accorciare le distanze, operare per il ricongiungimento e l’avvicinamento. Purtroppo, l’emergenza Covid in nome del “distanziamento sociale” sta facendo il lavoro contrario. In nome della salute e della tutela altrui, ha modificato non solo le relazioni interpersonali ma anche quelle sentimentali. La pandemia e le conseguenti situazioni di lockdown, parziali e/o totali, ci hanno costretto a modificare drasticamente pensieri, emozioni, relazioni in ambito sentimentale, sociale e lavorativo e, nel contempo, hanno limitato fortemente l’azione evangelistica, ma in molte zone anche le normali attività ecclesiali. Ci siamo così ritrovati costretti a cambiare abitudini tanto radicate da non aver mai ipotizzato lontanamente che venissero messe in discussione. Con alcune persone non riusciamo più a incontrarci. Con altre ci è impossibile stare assieme. Stiamo facendo i conti con una nuova situazione sociale, un vero e proprio cataclisma, che richiede di costruire rapidamente nuove abilità e nuovi automatismi. Siamo proiettati in una trasformazione globale, cui anche la chiesa dovrà adeguarsi e munirsi di alternative.

Ecco allora che consueti e istintivi comportamenti diventano pericolosi e vanno evitati. A secondo delle paure di ciascuno i cambiamenti nelle relazioni stanno avendo un impatto sulle persone, a cui va aggiunta l’incertezza che ci sta assalendo. Stiamo vivendo, infatti, un cambiamento che frantuma le certezze, quelle con cui siamo cresciuti. Sappiamo quello che stiamo vivendo, ma non i tempi con cui la situazione evolverà. La diffidenza ormai regna. Se alcuni che non sopportavano la folla e i troppi contatti stanno respirando, altri stanno soffrendo ansia e sentimenti di solitudine per mancanza di socialità. Non so come tu stia vivendo tutto questo. Forse stai combattendo per te o per qualcuno dei tuoi cari. Forse sei stato già colpito e stai cercando di riprenderti, ma non ci riesci. Andare in chiesa sta diventando una sfida e frequentare qualsiasi riunione fonte di preoccupazione. Il cristianesimo vive di abbracci, strette di mano ed effusioni sincere. La fede si materializza in una costante gestualità, che oggi è monca. Caro lettore, qualunque sia il turbamento e l’angoscia, voglio ricordarti che la certezza dell’opera compiuta dal Cristo ci spinge alla preghiera fiduciosa di un intervento soprannaturale, perché Dio ha l’orecchio teso al nostro ascolto. Egli non è sordo verso chi si rivolge a Lui. Per questo, qualunque sia la circostanza, anche quando la portata del dolore sembra sopraffarti, lascia che dal tuo cuore si levi un grido: “Signore, liberami”. La Scrittura attesta in modo chiaro che Dio è misericordioso, pietoso e giusto (Esodo 34:6; Gioele 2:13), e non spegne il lucignolo fumante (Isaia 42:3). Non resterà indifferente alla tua, e alla nostra, situazione.

Facciamo nostra la preghiera dei primi credenti affinché lo Spirito alimenti, oggi come allora, zelo e fede: “Adesso, Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi di annunciare la tua Parola in tutta franchezza, stendendo la tua mano per guarire, perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore Gesù” (Atti 4:29). Siano queste mie parole fiammelle di speranza e di incoraggiamento per ogni credente, in ogni tempo e in ogni luogo.

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook