La maschera del potere

Or lo Spirito dell’Eterno si era allontanato da Saul e un cattivo spirito da parte dell’Eterno lo terrorizzava. 1Samuele 16:14

Nel momento in cui Saul trasgredisce alle disposizioni dell’Eterno in merito agli Amalechiti, si inceppa qualcosa nella relazione Dio-Re. Di certo non si tratta di un’azione singola o sporadica, ma siamo all’apice di un atteggiamento che tende a mettere in secondo piano, Colui che aveva chiamato a tale ruolo. Ogni epilogo ha il suo lungo retroscena. Primo monarca israelita, Saul non aveva scelto di fare il re. La Scrittura ci racconta che, scalando un monte alla ricerca delle asine smarrite dal padre Kish, si ritrova improvvisamente catapultato sul trono. Servendo il genitore si ritrova investito della prima carica del paese, ad essere il primo re di un popolo che aveva ossequiato solo il proprio Dio, affidandosi alla figura di qualche profeta. Proprio Samuele, ultimo giudice, unge il novizio reale, separato dalla sua banale quotidianità e posto a regnare. E se i percorsi montani possono simbolicamente evocare l’ascesa verso il potere, ma anche verso il divino, Saul cercava soltanto delle asine.

Anche se la Scrittura non nasconde quel che colpisce di lui: “giovane e bello; tra i figli d’Israele non c’era nessuno più bello di lui; dalle spalle in su era il più alto di tutta la gente”, ed in quanto figlio di un uomo forte e valoroso tale doveva essere anche lui (1 Samuele 9:1-2). Ma una cosa è il privato, altra cosa è l’esercizio pubblico. Saul è catapultato ad essere altro da quel che forse sognava o stava progettando. Quando si conosce l’amaro della responsabilità, si rimpiangono le faticose faccende che davano senso alle giornate, pur senza alcuno onore. Bastano pochi capitoli per condurre la storia del giovane più alto e bello dalla gloria alla polvere. Non è con l’estetica che si può esercitare il potere, occorre il pugno fermo, il guanto di velluto, ma per il re d’Israele innanzitutto il timore dell’Eterno. Governare è difendere e tutelare quelli che si rappresentano, altrimenti si faranno conti imprevisti.

Se il popolo risponde alla chiamata alle armi del re, non fa altrettanto quando una sfida è levata dai Filistei, nella persona di Golia. Nessuno dei suoi uomini è disposto a morire per lui. Uomo sopra gli uomini, scelto per fare la guerra, Saul non conosce pace. Siamo di fronte a un uomo palesemente solo, senza popolo e senza Dio. Vuole apparire un abile sovrano, ma le sue scelte lo pongono davanti a qualcosa che lo indebolisce sempre più. Servire Dio e guidare gli israeliti si rivelano inconciliabili per lui. Vorrebbe ingraziarsi il popolo, cercando nel consenso di esso il segno che Dio lo approva; d’altro canto invoca l’aiuto di Dio proprio per alimentare l’approvazione continuamente sfuggente di chi gli è soggetto. Non riuscendo in nessuna delle due, lentamente finisce nel baratro. Infatti, si trova a vivere un disagio dell’anima dovuto ad un forte turbamento causato da uno “spirito cattivo” (1 Samuele 16).

Conosciamo così la maschera del potere, rigida e immutabile quando rivolta verso l’esterno. Il suo potere sta appunto nel fatto che la si conosce solo davanti, mentre dietro nasconde gli stati d’animo e la reale condizione. La maschera esercita il suo potere anche su chi la porta, costretto a dominare tutto ciò che gli è di fronte. E dove non riesce a dominare, teme congiure e intrighi a suo danno, si sente minacciato dai suoi stessi cari. Vede nemici dappertutto, ma il vero nemico di sé è lui stesso. Forse quella maschera non era adatta a lui. In fondo non l’aveva cercata. Nella realtà mai nessuno aveva chiesto che la indossasse. Quando si cerca di apparire quello che non si è, si finisce presto a tappeto. Lo Spirito del Signore non si ferma all’apparenza, e la Sua presenza diventa un macigno che turba profondamente. Se stai indossando una maschera, sii sempre te stesso/a. Mostrare le proprie debolezze non sarà mai vergognoso quanto mostrarsi quel che non si è. Il turbamento di Saul sarà placato dalla dolce musica di colui che diverrà oggetto della sua paranoia, perché non bastava calmarsi, occorreva liberarsi e lui non lo fece mai.

Elpidio Pezzella | elpidiopezzella.org

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