Vogliamo presentarvi la testimonianza di Patrizia Bortolotti sorella in Cristo, insegnante di canto, una potente voce del gospel italiano. Dalle prime note emesse Patrizia esibisce una vocalità autotelica che dipinge la chiamata divina, l’appartenenza alla propria famiglia con il sentimento esuberante e con la profondità d’animo di una giovincella ma sopratutto con quella Speranza che proviene da Fede genuina.
Mi chiamo Patrizia, sono nata da una famiglia cattolica poco fervente benché la domenica si andasse a messa più per consuetudine che per fede. Vissi un’infanzia abbastanza tortuosa perché la mia famiglia fu un’insieme disfunzionale. Mio padre costruttore edile, spesso assente per lavoro, al rientro sfogava la sua violenza, pertanto noi figli: le mie sorelle e mio fratello non ricevemmo amorevolezza o attenzioni affettuose. Ciò mi condusse sin da piccola a incollarmi a Dio e a cantare come solista durante la messa. Fin dall’età di tre anni cantare fu gioia e alla domanda cosa volessi fare da grande, la risposta fu sempre la medesima: la cantante. In seguito, presi coscienza che il talento innato era un dono del Buon Dio per la Sua Gloria! Ricordo che all’asilo riunii gruppetti delle mie compagne e le obbligavo a sentirmi cantare…
Nonostante il sentimento di devozione ed amore per la mia famiglia di nascita, per i miei zii e i miei nonni, respirai uno spirito di perversione che mi tormentò per parecchio tempo. Non capii mai perché dovettero esistere certe dinamiche, non trovai risposte e le situazioni spiacevoli mi influenzarono negativamente. Fra i quindici e i sedici anni, mi convinsi che Dio non esistesse!
Crescendo non solo mi allontanai da Dio ma anche dalla mia famiglia. Soffrii di una pena interiore per tanto tempo, l’unica gioia fu il cantare e promisi a me stessa che avrei impegnato le mie energie vitali in ciò che sentivo di fare. La spinta mi venne dopo un grave incidente dove per grazia ricevuta non persi l’uso della gamba e istantaneamente realizzai che siamo appesi a un filo e che un niente può cancellarti dalla faccia della terra. Cercai gruppi musicali e iniziai ad esibirmi nei locali in Liguria. Partecipai ad una selezione a Milano per un’orchestra di Antenna tre Lombardia e dopo 10 giorni mi assunsero per lavorare in televisione. Cantare mi soddisfò e mi restituì gioia e sicurezza, anche se molto egoisticamente non mi curavo di piacere ai tele ascoltatori, anzi non mi riguardava per niente.
Mi trasferii a Milano a casa di mia sorella Antonella. Lei soffriva di depressione, un problema caratteriale ereditato dalla famiglia di appartenenza; la malattia ci uni ancora di più, ma condividere l’atmosfera domestica fu una prova molto dura. Un giorno arrivò a casa felicissima con una Bibbia in mano dicendo di aver sperimentato la presenza di Dio e di aver realizzato il Suo amore nella propria vita. Mi pregò di accompagnarla alle riunioni bibliche, presso la casa di un pastore americano. Scioccata dalla sua testimonianza, convinta di non volerne sapere le diedi contro proferendo turpiloqui ed offese cercando di metterla in guardia contro queste figure probabilmente pericolose. Nei mesi seguenti lei quotidianamente mi parlò di Dio, mentre io ferma nella mia certezza le inveii contro con parolacce.
Qualche tempo dopo ruppi il legame con il mio ragazzo: il suo comportamento scorretto e disonesto mi fece arrabbiare molto e durante uno sfogo con mia sorella ammisi che fui una calamita per solo uomini sbagliati e mai uno normale. Antonella mi rispose di chiedere aiuto a Dio. Mi rivolsi a Dio lanciandoGLI una sfida. Volli in modo chiaro senza ombra di dubbio che Lui si manifestasse affinché potessi crederGLI, in caso contrario non avrei mai creduto. Rivolgendomi a mia sorella aggiunsi che quanto detto fu la mia preghiera benché fossi sicura di aver parlato al vento. Ma Dio andò oltre l’immaginario, conobbi Francesco, attuale marito e compagno di lavoro e di vita. Con Francesco girammo l’Europa; ci spostammo da una città all’altra sempre in giro a cantare.
Un giorno ci proposero di recarci a suonare per il mese di agosto a Rossano Calabro. Fummo ospitati da un hotel in riva al mare,uno spettacolo dal balcone della camera. Nel riporre gli abiti nell’armadio scorsi in un angolino della valigia, una bibbia infilata di soppiatto da mia sorella. Esclamai che quella rompiscatole non mi lasciava in pace col suo assillarmi e mi dimenticai assolutamente della Bibbia. La vita dei musicisti contempla ritmi ed orari flessibili, infatti, dormono di giorno e si alzano per pranzo se non a pomeriggio inoltrato. Terminato lo spettacolo intorno alle tre del mattino, si va a mangiare e si va a dormire all’alba. Un giorno mi svegliai poco dopo il mio coricarmi perché la luce filtrava dalla tapparella che non si abbassava completamente. Ricordo che mi resi conto di aver dormito due ore ma mi riaddormentai. Ciò succedette per parecchi giorni di seguito e mi domandai perché questo sole filtrando mi colpiva sino a quando sentii una voce udibile che disse: “I cieli e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno mai!“ MI alzai e uscii sul terrazzino, vidi il giorno nascente e pensai che Dio è luce.
Questa frase ebbe l’effetto di un martello, non riuscii più a dormire e ripensai al versetto di Matteo 24:35. Non lo seppi allora ma ritenni che la frase fosse nella Bibbia e se questo è Dio che mi ha parlò, pensai continuerà a parlarmi tramite la Bibbia. Volli capire e ripescai la Bibbia dal fondo dell’armadio dove l’avevo buttata. L’Aprii e lessi: ”Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!“ fu per me una rivelazione anche se allora mi sembrava arabo ma realizzando che la Bibbia fu ed è la Parola del Signore, mi disposi nel seguirlo senza alcun dubbio.
Lentamente lavorai nel mio cuore, iniziai a leggere la Bibbia tutti i giorni perché volevo conoscere di più di questo Dio. In seguito ne parlai con Francesco e raccontai quello che mi era successo. Poco dopo ricevemmo la visita di mia sorella e condivisi la mia esperienza con lei dopo una settimana, Lei saltò di gioia. La mia conversione fu molto lenta in quanto io non sapevo cosa volesse dire lodare il Signore o perché bisognava lodarlo. Andai in chiesa e il Signore con tanta pazienza e tanto amore mi accompagnò e vigilò su mio marito. Quando si convertì Francesco, il Signore ci disse che il Suo proposito per noi era di far conoscere il Suo amore ad ognuno tramite la nostra musica.
“Yeshua Emanuel“ fu il canto che Ci donò. Stavamo tutti male, ma Dio ci disse: “Lodatemi ancora più forte adesso, durante la malattia, non esca dalla vostra bocca nessuna lamentela” è così abbiamo fatto, ubbidendo alla Sua richiesta, l’abbiamo cantata e registrata.
Il SIGNORE regna; esulti la terra e gioiscano le numerose isole. Nuvole e oscurità lo circondano; giustizia ed equità sono le basi del suo trono. Un fuoco lo precede e consuma i suoi nemici tutt’intorno. I suoi lampi illuminano il mondo; la terra lo vede e trema. I monti si sciolgono come cera davanti al SIGNORE, davanti al Signore di tutta la terra.
I cieli annunciano la sua giustizia e tutti i popoli vedono la Sua gloria. Salmo 97:1-6
Durante il periodo del covid Francesco sentì fortemente nel cuore Dio che Gli ordinò di lodarlo più forte. Un atto di ubbidienza a cui rispondemmo immediatamente con l’inno che il Signore diede a Francesco e la mattina dopo Sara ed io scrivemmo il testo.
La canzone fu opera divina che il Signore mise anche nel cuore del pastore Julim e di sua moglie Lisa, di coinvolgere altre persone ad intonarla come un Inno di Vittoria in un tempo tanto brutto e scuro. Un tempo, quando non conoscevo il Signore, l’ambizione di cantare mi spingeva a raggiungere l’obbiettivo di diventare ricca e famosa; attualmente, invece, desidero continuare ad essere uno strumento nelle Sue mani e attendo con fede la realizzazione delle Sue promesse.
Affrontammo serissimi problemi con i primi due figli accalappiati dalla droga, per anni il nemico ci derubò della nostra progenie, ora i ragazzi sono fuori dal mondo della tossicodipendenza.
Come dice la parola attendo la restituzione dei miei figli.
Lella Francese
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