Non è affatto sicuro che il ddl Zan-Scalfarotto possa avere i numeri necessari per passare sia alla Camera che al Senato. Inoltre, la genericità della sua formulazione – che, com’è noto, rischia di tradursi nell’arbitrarietà applicativa da parte dei magistrati – non riguarda tanto i concetti di “discriminazione” e di “odio”, quanto quelli di “orientamento sessuale” e di “identità di genere”. Ultimo ma non ultimo: lo strumento legislativo degli emendamenti, nel caso specifico, non sembra troppo utile a ridurre i danni del ddl, quindi occorrerà convincere più parlamentari possibili a non votarlo. Così si è espresso Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino, intervistato da Pro Vita & Famiglia.
Mantovano è il curatore del volume Omofobi per legge? Colpevoli di non aver commesso il fatto (Edizioni Cantagalli), realizzato assieme al Centro Livatino. Il saggio sarà presentato oggi, 14 luglio, alle ore 17.30, presso Palazzo Maffei Marescotti, a Roma*. Sono previste le relazioni di Mauro Ronco, presidente del Centro Livatino, e di Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale. Tra gli interventi: Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita; Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Familiari; Alberto Gambino, presidente dell’associazione Scienza&Vita; Massimo Gandolfini, leader del Family Day.
Dottor Mantovano, com’è impostato il saggio che presenterete martedì prossimo?
«Il nostro saggio raccoglie la rielaborazione delle relazioni tenute da alcuni membri del Centro Studi Rosario Livatino presso la Commissione Giustizia sulle proposte di legge in materia di omofobia. Il testo offre un’analisi delle varie proposte di legge, mettendo in rilievo sia l’incongruenza di queste proposte, che la loro illegittimità costituzionale. Affronta poi il tema dei cosiddetti “reati d’odio”, soffermandosi su quanto sia pericoloso introdurre reati di questo tipo nel nostro ordinamento. C’è anche una disamina di tutte le norme vigenti nel Codice Penale e non solo, che già permettono di tutelare chiunque dalle offese, persone omosessuali comprese. Nel saggio, facciamo riferimento ai dati effettivi, censiti dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori del Ministero dell’Interno: si tratta di dati bassissimi, a dimostrazione del fatto che non sussiste alcuna emergenza omofobia. Abbiamo quindi fatto una riflessione più specifica sulle norme penali che si vogliono introdurre e sulla loro compatibilità con la Costituzione. Facciamo poi accenno al diritto comparato, con particolare riferimento all’esperienza degli Stati Uniti. Offriamo, infine, un’ampia riflessione sulla libertà d’opinione, finalizzata anche a capire come potersi regolare, senza essere mandati a giudizio, qualora passassero queste proposte».
Verso la fine di luglio, l’iter del ddl Zan-Scalfarotto dovrebbe passare in aula alla Camera, dove si presume abbia un’ampia maggioranza. Idem per il Senato dove però la maggioranza sarebbe più esigua…
«Su questo, ho i miei dubbi, vediamo quando ci arriverà: secondo me non approderà in aula prima di ottobre. Prima di allora, potrebbe succedere di tutto, quindi, meglio non fasciarsi la testa prima di romperla…».
In sede di Commissione, che utilità possono avere gli emendamenti, al fine di ridimensionare la dannosità del ddl?
«In questa sede, devo dire che non è come per altre bozze di legge, dove si possono limitare i danni. In questo caso, si tratta di estendere la Legge Mancino all’orientamento sessuale oppure no: non c’è via di mezzo, quindi suppongo che gli emendamenti saranno esclusivamente di natura soppressiva. C’è ben poco da costruire, io non la metterei sul piano degli emendamenti: piuttosto cercherei di fare uno sforzo per convincere il Parlamento che, in questo momento, una legge del genere, come minimo, non rappresenta una priorità. In ogni caso, siamo davanti a una legge profondamente sbagliata, quindi, prima di entrare nel merito, dovremmo pensarci bene».
Molti giuristi hanno messo in luce il carattere di genericità del ddl, specie in merito a terminologie come “odio” e “discriminazione”, che lascerebbero a giudici ampia discrezionalità nell’applicazione. In qualità di magistrato, come valuta questo aspetto?
«Ritengo la genericità cui lei fa riferimento, non riguardi tanto l’odio o la discriminazione, quanto, piuttosto i concetti di “orientamento sessuale” e “identità di genere”. Nelle varie proposte di legge, c’è chi usa una delle due definizioni, chi l’altra. Nel testo unificato, l’onorevole Zan, forse per non scontentare nessuno, ha utilizzato entrambe le terminologie. Questa scelta onnicomprensiva significa che non si hanno ben chiari i termini della questione, quindi si demanda all’interpretazione dei giudici, ciascuno dei quali agirà secondo le proprie convinzioni. Tutto ciò significa caos e incertezza più assoluti. D’altra parte, quello che è successo finora in altri paesi è molto significativo. L’esperienza americana descritta nel nostro libro parla di casi già noti. L’esempio più emblematico è quello del pasticcere che si rifiutò, non di preparare la torta per una coppia omosessuale che si sposava, ma di porvi in cima l’immagine dei due uomini sposi. Persone come questo pasticcere hanno perso il lavoro e hanno avuto problemi anche di carattere penale. La genericità è in queste espressioni su cui gli stessi promotori delle proposte di legge non hanno una posizione omogenea. Se non c’è accordo nemmeno tra loro su questi termini, figuriamoci quanta omogeneità di posizioni possa esserci in tutto il Parlamento e in tutto il Paese…».
*Sarà possibile partecipare alla presentazione del libro, prenotando all’indirizzo: info@centrostudilivatino.it. Per il rispetto delle norme sanitarie, le prenotazioni saranno accettate fino ad esaurimento dei posti disponibili. L’evento sarà trasmesso anche in diretta streaming sulla pagina Facebook “Polis Pro Persona”.
di Luca Marcolivio | Provitaefamiglia.it
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