La Pepsi Cola contiene un livello troppo alto di cancerogeni. A lanciare l’allarme è un rapporto del gruppo ambientalista americano Center for Environmental Health (CEH). La sostanza chimica contestata è il 4-methylimidazole, o 4-Mel, che si può formare durante il processo di cottura e, come risultato, può essere trovato in tracce in molti cibi. La scoperta che il colorante 4-methylimidazole sia un elemento cancerogeno è avvenuta grazie uno studio effettuato sui roditori.Lo scorso anno la California aveva aggiunto questa sostanza al Safe Drinking Water and Toxic Enforcement Act del 1986. In base a questa legge, i prodotti che contengono ingredienti considerati pericolosi devono apporre un’etichetta che avverte il consumatore dei rischi di cancro ad essi legati.
Nel marzo 2012 la Coca Cola e la Pepsi avevano annunciato di voler ridurre la quantità di 4-methylimidazole per evitare di vedere classificati i loro prodotti come dannosi per la salute in California. Quest’anno la CEH ha effettuato dei test a campione in California e in altri 10 stati americani sia sulla Coca-Cola che sulla Pepsi per verificare che le promesse dei due gruppi fossero state mantenute. Mentre i campioni della Coca-Cola sono risultati privi del colorante cancerogeno, si è scoperto che la Pepsi aveva eliminato il 4-MI solo dai prodotti destinati alla California.
La multinazionale si difende dicendo che la modifica per il resto degli Stati Uniti sarebbe stata completata entro febbraio 2014. E l’Italia? La Pepsi fa sapere di voler eliminare il colorante chimico a livello globale ma specifica che l’Europa considera ancora il 4-MI come sicuro.
Pensare che l’overdose sia un peculiarità delle droghe è un pregiudizio che può condurre a cattive abitudini. Ogni sostanza, se assunta in eccesso, può causare gravi danni al nostro organismo. Il caso di Natasha Marie Harris è emblematico per dimostrare che l’abuso di una qualsivoglia sostanza è dannoso, soprattutto se parliamo della popolarissima Coca Cola. Ingerire 10 litri al giorno della famosissima bevanda gassosa è stato letale per la 30enne neozelandese che ha probabilmente sottovalutato o mal interpretato le cause dei suoi malesseri, non comprendendo che era proprio la pesante dipendenza da Coca Cola il problema. Natasha è morta per arresto cardiocircolatorio il 20 febbraio 2010 ma la notizia arriva nei giornali grazie al Sun che racconta come la ragazza fosse vittima di continui malesseri quali stanchezza ed episodi di vomito, ma sempre attribuiti a disturbi ginecologici e mai ai 10 litri di Coca Cola al giorno. Il fegato era gravemente malato ma risulta ancora incerta la vera causa della morte. Le analisi hanno verificato la grave carenza di potassio. Il suo compagno ha chiesto un risarcimento alla Coca Cola affermando di essere stato non consapevole dei danni che la bevanda potesse provocare, ma la multinazionale ovviamente ha respinto l’accusa.
Speriamo che questo articolo sia un monito per ognuno di noi, ma un campanello d’allarme soprattutto alle orecchie delle mamme e dei papà. Infatti, come se non bastasse a quanto scritto, una ricerca scientifica ha dimostrato che i bambini che consumano alti livelli di bevande dolcificate ( come ad esempio la pepsi o la coca cola) e carboidrati hanno un maggiore rischio di malattie di cuore da adulti. Lo indica uno studio dell’Istituto di ricerca medica dell’Università di Sydney, condotto su 2000 bambini di 12 anni. La ricerca guidata da Bamini Gopinath ha stabilito che i bambini che bevono una o più bevande dolcificate al giorno hanno arterie più sottili dietro gli occhi.
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