Molti sanno di avere un Padre che li ama?

Non è impressionante che Dio ci accarezzi con amore di Padre? È tanto bello, tanto bello!

Poteva semplicemente farsi riconoscere come l’Essere supremo, dare i suoi comandamenti e aspettare i risultati. Invece, Dio ha fatto e fa infinitamente di più di questo. Ci accompagna nella strada della vita, ci protegge e ci ama.

Possiamo farci una domanda molto semplice. Va bene credere in Dio con tutto il cuore, va bene sperare che ci aiuti nelle difficoltà, va bene sentirsi in dovere di ringraziarlo. Tutto giusto. Ma vogliamo anche un po’ di bene al Signore? Il pensiero di Dio ci commuove, ci stupisce, ci intenerisce? Pensiamo alla formulazione del grande comandamento, che sostiene tutti gli altri: «Amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le forze» (Dt 6,5; cfr Mt 22,37). La formula usa il linguaggio intensivo dell’amore, riversandolo in Dio. Ecco, lo spirito della preghiera abita anzitutto qui. E se abita qui, abita tutto il tempo e non ne esce mai. Riusciamo a pensare Dio come la carezza che ci tiene in vita, prima della quale non c’è nulla? Una carezza dalla quale niente, neppure la morte, ci può distaccare? Oppure lo pensiamo soltanto come il grande Essere, l’Onnipotente che ha fatto ogni cosa, il Giudice che controlla ogni azione? Non dimentichiamo mai di chiedere il dono dello Spirito di Dio per ciascuno di noi! Perché lo Spirito di Dio ha quel suo modo speciale di dire nei nostri cuori “Abbà” – “Padre”, ci insegna a dire Padre proprio come diceva Gesù, un modo che non potremmo mai trovare da soli (cfr Gal 4,6).

Questo dono dello Spirito è in famiglia che si impara a chiederlo e apprezzarlo. Se lo impari con la stessa spontaneità con la quale impari a dire “papà” e “mamma”, l’hai imparato per sempre. Quando questo accade, il tempo dell’intera vita famigliare viene avvolto nel grembo dell’amore di Dio, e cerca spontaneamente il tempo della preghiera.

Luigi Cesarano

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