Nuovo studio conferma: la RU486 fa male

Una ricerca sui ratti, condotta da un’università statunitense e una cilena, ha scoperto che l’aborto chimico produce “significativi cambiamenti biologici e comportamentali negativi”, inclusa “una chiara angoscia”. Lo studio ribadisce quanto diverse donne, reduci da un aborto con il mifepristone, testimoniano da anni sui devastanti effetti psico-fisici della RU486.

Uno studio sugli effetti dell’aborto chimico, attraverso la RU486, toglie tutti gli alibi. Pazienza, gli abortisti che non hanno compassione per le donne rispettino almeno quella dei topolini. Vietare subito la RU486 e le combinazioni farmacologiche delle medesime sostanze è un imperativo umano, femminile e animale, fondato sulla scienza. Ogni alibi è smascherato, fermare l’aborto chimico è un dovere scientifico, così come fermare l’aborto (omicidio del concepito) è un imperativo morale e civile, soprattutto in un Paese in via di estinzione come l’Italia.

I sostenitori dell’aborto – comprese le agenzie sanitarie internazionali – hanno promosso la combinazione di farmaci per l’aborto chimico nota come RU486, proponendola a milioni di donne in tutto il mondo senza la verifica di una seria ricerca sugli effetti dei farmaci sugli animali. Siamo in un mondo di topi, ovvero in cui è necessario tutelare gli animali prima degli uomini e delle donne in particolare.

Ora, uno studio unico nel suo genere ha scoperto che il cocktail di sostanze chimiche della RU486 produce “significativi cambiamenti biologici e comportamentali negativi” nei ratti, compresi segni di ansia e depressione, che sono distinti dai comportamenti derivanti dall’aborto naturale di un roditore della sua progenie.

La ricerca è parallela alle recenti testimonianze giudiziarie di donne che hanno subito aborti chimici e descrivono durature e strazianti prove mentali dopo aver ingerito il farmaco abortivo. Lo studio fa luce in uno degli angoli più oscuri della scienza: gli effetti fisici e psicologici dell’aborto in generale e l’aborto chimico in particolare. Lo studio, atteso da tempo, mostra anche come la politica dell’aborto si sia profondamente radicata nella presunta comunità scientifica “oggettiva”.

I ricercatori della Franciscan University di Steubenville, in Ohio, e della School of Medicine dell’Università di San Sebastian, in Cile, credono che la loro ricerca sia il primo studio pubblicato che espone un modello animale alla combinazione farmacologica che induce l’aborto, misurando i cambiamenti biologici e biochimici e monitorando in seguito il comportamento degli animali.

In Italia, sono già stati pubblicati libri precisi sull’argomento. Basterà ricordare quello di Renzo Puccetti, Vittorio Baldini e padre Giorgio Maria Carbone, Pillole che uccidono. Quello che nessuno ti dice sulla contraccezione, o quello di Eugenia Roccella e Assuntina Morresi, La favola dell’aborto facile. Miti e realtà della pillola Ru 486. Testi che già scientificamente riportavano decine di casi di morte e conseguenze nefaste per le donne. Ciononostante, nessuna autorità sanitaria italiana o dell’Unione europea ha preso posizione contro questa vera e propria pillola ‘killer’, che, quando non uccide, lascia segni indelebili nella vita delle donne.

Nello studio appena pubblicato sulla rivista Frontiers in Neuroscience, si sono suddivisi 81 ratti in quattro gruppi: ratti gravidi che hanno ricevuto la RU486, ratti non gravidi che hanno ricevuto i farmaci, ratti gravidi che hanno ottenuto la soluzione di controllo senza i farmaci abortivi, e ratti non gravidi che hanno ottenuto la soluzione di controllo. Solo i ratti le cui gravidanze sono state interrotte con RU486 hanno mostrato una significativa riduzione del peso corporeo e dell’assunzione di cibo e un’attività nettamente ridotta: marcatori ben noti di depressione e ansia, secondo lo studio. «I risultati più importanti di questa ricerca sono la “chiara angoscia” che è stata osservata, insieme al comportamento simile all’ansia e alla depressione, solo nei ratti che hanno subito l’aborto usando il mifepristone e il misoprostol», ha detto in un’intervista al National Catholic Register Stephen Sammut, professore di psicologia alla Franciscan University e coautore dello studio.

Inoltre, tali misure biologiche e biochimiche hanno suggerito che l’aborto chimico ha privato gli animali di effetti benefici sulla salute che si verificano naturalmente quando una gravidanza viene portata a termine. Lo studio ha anche osservato che gli effetti dannosi dell’aborto indotto da farmaci erano di natura diversa rispetto a quelli derivanti dall’aborto spontaneo. “Dato il ruolo degli studi sugli animali nel darci informazioni su come funzionano il nostro cervello e il nostro corpo, questi risultati sembrano indicare che questo tipo di aborto potrebbe potenzialmente comportare effetti simili negli esseri umani”, ha detto Sammut.

La Food and Drug Administration ha approvato gli aborti chimici fino a 10 settimane di gestazione. Gli aborti con la RU486 (di cui esiste un “antidoto”) coinvolgono due farmaci: il mifepristone, che uccide il feto interferendo con gli ormoni della madre, e il misoprostolo, che induce forti contrazioni uterine che inducono la donna a espellere il suo bambino intatto o in parti. Tuttavia un team di ricercatori australiani ha scoperto che, mentre una donna su 3.000 sottoposte ad aborto chirurgico precoce perdeva più di un litro di sangue, quella cifra saliva a una su 200 per l’aborto con RU486. Il numero di ricoveri ospedalieri per infezione è statopari a uno su 1.500 per l’aborto chirurgico precoce e di uno su 480 per l’aborto indotto da farmaci.

L’Organizzazione mondiale della Sanità, che ha aggiunto la RU486 alla sua lista di “medicine essenziali” da avere a livello globale sin dal 2005, non ha risposto a nessuna delle domande che emergono dopo la pubblicazione della ricerca: troppo scomodo confrontarsi con la scienza per un organismo mondiale sempre più dipendente dalle donazioni della case farmaceutiche.

L’ansia e la depressione (nonché l’uso in tandem di antidepressivi) sono esplose negli ultimi decenni in tutto il mondo, in particolare tra le donne, che hanno il doppio delle probabilità di essere colpite da disturbi dell’umore rispetto agli uomini. Solo negli Stati Uniti, secondo i dati del 2017 dei Centers for disease control (Cdc), il numero di americani che affermano di aver assunto un antidepressivo nel corso dell’ultimo mese è aumentato del 65% tra il 1999 e il 2014. Una donna su cinque – bianca americana, non ispanica (il 21,4%) – di età superiore ai 12 anni aveva assunto farmaci antidepressivi nel mese precedente; e più di un quarto di esse (27,2%) assumeva antidepressivi da oltre 10 anni. “Abbiamo bisogno di avere una comprensione molto migliore di ciò che sta accadendo alla madre incinta che riceve questi farmaci per interrompere una gravidanza”, ha detto il professor Sammut.

Gli effetti dell’aborto chimico non vengono semplicemente rilevati in laboratorio. Tra le tante testimonianze di donne che denunciano gli effetti devastanti della RU486, quella di “Christen C.” è particolarmente toccante: “La pillola [RU486] è così semplice che non dà alla madre il tempo di riflettere veramente su ciò che le sue azioni faranno e sulle conseguenze che può causare per tutta la vita”, ha testimoniato in tribunale, dove con altre 5 donne è in causa contro il servizio sanitario e l’azienda produttrice della RU486. “A me sembra un modo molto semplice per l’azienda di guadagnare rapidamente nutrendosi della paura della madre spaventata e ingenua, che sarà quella che sarà costretta a convivere con le conseguenze, mentre l’azienda trarrà profitto e si muoverà verso la prossima madre”.

In un mondo di topi, la compassione per gli animali si estenderà anche agli uomini e alle donne?

Luca Volontè | Lanuovabq.it


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