Alla fine degli anni ’70 il Giullare della Canzone d’autore italiana, Rino Gaetano, morto tragicamente il 2 giugno del 1981, scrisse una canzone particolarmente provocatoria come era suo stile fare, titolata “Le Beatitudini”. Edita nell’album “Gianna e le altre” pubblicato nel 1988, “le Beatitudini” sono parole musicate infocate rivolte contro un sistema di potere e di prevaricazione che danneggia le classi deboli, meno abbienti e i “cafoni” per usare un termine molto caro a Silone. In alcuni passaggi il testo recita nel seguente modo:”
“…Beati sono i ricchi perché hanno il mondo in mano
Beati i potenti e i re e beato chi è sovrano
Beati i bulli di quartiere perché non sanno ciò che fanno
Ed i parlamentari ladri che sicuramente lo sanno
Beata è la guerra, chi la fa e chi la decanta
Ma più beata ancora è la guerra quando è santa”
La canzone finisce in maniera burlesca, goliardica:
“…Beata la mia prima donna che mi ha preso ancora vergine
Beato il sesso libero si ma entro un certo margine
Beati i sottosegretari, i sottufficiali
Beati i sottaceti che ti preparano al cenone
Beati i critici e gli esegeti di questa mia canzone”.
Testo di grande, straordinaria attualità, esso assume un fascino accattivante,grazie alla sua voce graffiante e a un ritmo musicale, che richiama alla mente le classiche marce militari, quasi a invitare l’ascoltatore a un impavida ribellione contro chi si grazia alle spalle dei disgraziati. L’Istrione della Canzone d’autore fa risaltare ironicamente la condizione “felice” dei potenti, come “paradigma” di una imperitura beatitudine laicamente terrena conquistata con l’inganno e con la frode.
Contro questa cultura delle beatitudini laicamente e cinicamente intesa si afferma la controcultura cristiana delle Beatitudini. Il tema cristiano delle Beatitudini è sviluppato ampiamente nell’Evangelo di Matteo (l’Evangelo di Luca lo riporta in maniera più succinta). Esso è il leitmotiv del cosiddetto Sermone sul Monte, che Gesù pronunciò durante la sua attività pubblica. In realtà, esso racchiude una serie di insegnamenti gesuani, una vera e propria collezione di predicazioni pubbliche riguardante il carattere eccezionale del discepolo, che Gesù pronunciò in diverse occasioni e che sono stati strutturati da Matteo come se fosse un unico sermone.
Si può dire che è il manifesto programmatico del discepolato (cfr. Luca 4:16-19), teso a fare risaltare il carattere, il comportamento e i doveri del discepolo del Signore. Non è un codice universale, che investe l’intera ecumene, ma l’uomo che si mette alla sequela di Gesù. Non è un’etica generale, un modello di vita morale per la società, ma imperativi validi per chi s’incammina, e segue le orme di Gesù: solo chi accetta il giogo leggero dell’autorità di Gesù è chiamato ad applicare liberamente e responsabilmente le sue esigenze etiche.
Tuttavia, se il “Discorso della montagna” è il più conosciuto delle parole dette da Gesù, è anche il meno obbedito. Alcuni dicono che esso è un ideale di vita utopico, irrealizzabile nella vita intraterrena, ma che rimanda a quella ultraterrena. Una simile concezione porta a un pericoloso lassismo morale del discepolo. Al contrario, le esigenze etiche di Gesù lo impegnano qui ed ora, pur nella sua imperfezione, sperimentando quel rinnovamento della mente, che lo allontanano gradualmente dallo stato naturale di un modo di vivere alieno a Dio, e lo avvicinano alla eterna Società di Dio (La Città di Dio), in cui l’uomo è amico di Dio e servo dell’uomo (cfr. Giov.13:34-35).
Le beatitudini evangeliche rivelano la personalità del discepolo di Gesù, potremmo dire la sua “Carta di identità”.Esse sono le qualità dello stesso gruppo,cioè poveri, miti, misericordiosi, affamati e assetati di giustizia, portatori di pace e perseguitati. Essi non sono un gruppo elitario, che si differenzia dagli altri cristiani, ma sono proprio ciò che l’intera totalità di cristiani deve essere.
Se noi potessimo viaggiare nel tempo, usufruendo della macchina del tempo degli “scienziati” disneyani Zapotec e Martin,che solitamente mandano a passeggiare nelle ere passate il saggio Topolino e l’ingenuo Pippo, potremmo essere catapultati in una collina della Galilea,forse in prossimità della città di Capernaum, dove Gesù aveva la sua sede, e cogliere uno dei momenti più suggestivi della predicazione di Gesù nell’atteggiamento di un Rabbi, che, seduto, ammaestra solennemente i suoi discepoli di fronte a una folla che lo segue, avendo visto o sentito che è un uomo di grande carisma taumaturgico e abile e incisivo divulgatore del Regno dei Cieli che si è notevolmente approssimato. Gesù vede la folla che aspetta di ricevere parole di speranza rinnovatrice, ma vede anche i suoi discepoli a cui rivolgerà quelle parole di vita che tanta presa avranno negli anni a venire …, quei discepoli che hanno rinunciato a tutto, in virtù della sua chiamata, soffrendo privazioni:
“… Sono i più poveri tra i poveri, i più tentati tra gli esposti alla tentazione, i più affamati tra gli affamati. Hanno solo lui. E, con lui, nel mondo non hanno nulla, proprio nulla … Egli ha trovato una piccola comunità, e ne cerca una grande quando guarda il popolo. Discepoli e popolo formano un tutt’uno; i discepoli saranno i suoi messaggeri, essi troveranno pure degli uditori e dei credenti. Eppure, tra loro e il popolo regnerà inimicizia fino alla fine. Tutta l’ira contro Dio e la sua Parola ricadrà sui suoi discepoli ed essi saranno respinti assieme a Lui. La croce è in vista. Cristo,i discepoli, il popolo: ecco tutto il quadro della passione di Gesù e della sua comunità”. (1)
Ecco che Gesù delinea il carattere straordinario di coloro che entrano nella Città di Dio, enfatizzato dalla parola “beato” (gr.makarios).
Le otto beatitudini esaltano l’azione salvifica definitiva di Dio nella persona di Gesù e lo stile di vita che i suoi discepoli devono assumere nella sequela. Sono divisi in due grandi blocchi o strofe: la prima (vv.3-6) è incentrata sul tema della povertà e della sofferenza; la seconda (vv.7-10) riguarda l’atteggiamento del discepolo di Gesù nei confronti del prossimo). Tali beatitudini sono armoniosamente incastonate grazie alla ripetizione della frase “perché di loro è il Regno dei Cieli” (vv.3,10). E’ un modo di essere e di vivere, che stravolge il naturale e convenzionale ordine sociale.
In genere, si guarda con invidia chi ha potere, ricchezza,prestigio,non importa come siano stati acquisiti. Ma le beatitudini di Gesù mettono sottosopra il mondo sociale e concettuale della convivenza civile e religiosa. Beati non sono, come ironicamente metteva in risalto, la ballata di Rino Gaetano, i ricchi che hanno il mondo in mano, i potenti, i re, i bulli di quartiere, i parlamentari ladri e i signori della guerra, ma i poveri, gli afflitti, gli affamati di giustizia, i miti, i costruttori di pace, i perseguitati a causa della giustizia … Costoro saranno il sale della terra e la luce del mondo … Gesù sta creando un nuovo ordine sociale, che convivrà con quello tradizionale e lo stravolgerà, a patto che i cristiani saranno poveri, affamati, afflitti, perseguitati. Se i cristiani vengono risucchiati dal mondo secolare essi si priveranno della beatitudine evangelica e godranno invece di quella secolare, che “passa presto e vola via” (salmo 90).
Ma chi è veramente il povero, l’afflitto, l’affamato e il perseguitato per Gesù? E perché necessariamente deve avere queste qualità che nessuno invidia? Analizzando una per una le beatitudini possiamo scoprire un mondo concettuale e uno stile di vita, che può essere veramente interessante.
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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