La scienza ci mette spesso nelle condizioni di contemplare più da vicino la bellezza delle cose. Ma non può rispondere al perché abbiamo un desiderio di bellezza e, più in generale, al senso della vita. Il biologo James Holden lo ha ben chiaro: «Il fatto è che la scienza non mi ha mai dato spiegazioni soddisfacenti riguardo il senso e lo scopo della vita, né mi ha detto nulla sulle ragioni per apprezzare la bellezza o la carità».
Potrebbe benissimo essere una risposta all’entomologo naturalista E.O. Wilson, secondo cui «la scienza non è semplicemente un’altra impresa come la medicina, l’ingegneria o la teologia. È la fonte di tutto il sapere che abbiamo del mondo reale che può essere accertato e uniformato al sapere preesistente» (E.O. Wilson, La conquista sociale della Terra, Cortina 2013, p. 327). Al contrario, spiega Holden, docente di Microbiologia presso la prestigiosa Università del Massachusetts, già ai tempi del dottorato «non mi sentivo soddisfatto: i risultati raggiunti non mi appagavano, mancava qualcosa. Così, terminato il dottorato, iniziai a cercare una filosofia di vita alternativa. Ho esplorato i fondamenti di molte tradizioni religiose».
Ha così recuperato la fede cristiana abbandonata in gioventù: «ho capito che quella cristiana fosse la fede che aveva qualcosa in più da dirmi, soprattutto l’idea di grazia, di amore, di sacrificio e il fatto che quanto facevo era ispirato da una divinità incarnata, che io credo essere Gesù di Nazareth». Da quel momento, «ho avuto più pace e gioia nella mia vita, imparando a guardare le necessità degli altri anziché volgere lo sguardo solo su me stesso, sulle mie priorità. E’ chiaro che qualcuno senza fede può essere una persona migliore rispetto a me, ma ritengo che la fede aiuti a essere individui più positivi rispetto a quello che saremmo senza credere in qualcosa».
Holden è un biologo e per molti tale professione è la meno conciliante con una fede personale, l’evoluzione darwiniana è infatti un’arma spesso usata da ateisti e antiteisti come prova scientifica contro Dio. Eppure, «in realtà, la mia esperienza religiosa convive benissimo con la mia routine quotidiana. Il motivo? Semplice, penso che Dio voglia che io faccia quel che faccio abitualmente. Il mio lavoro, poi, mi aiuta ad apprezzare ancor di più Dio e ciò che lui ha fatto nella storia e nella mia vita d’ogni giorno».
Cadere nell’illusione del positivismo è frequente nel suo campo, ed infatti Holden lo riconosce: «Ho colleghi che crederanno sempre solo in ciò che è empirico e quindi verificabile. E’ il loro modo di conoscere la verità. Io però trovo questa filosofia limitante, dal momento che alcune evidenze che abbiamo nella vita, come l’amore, la bellezza, l’altruismo e il sacrificio non possono essere verificati empiricamente. Eppure, nessuno di noi dubita della loro esistenza».
Fede e scienza, dunque, ancora una volta un testimone mostra la piena conciliabilità. Uno scienziato, cioè colui che il progresso identifica -molto discutibilmente- come emblema della conoscenza e dell’intelligenza. Il quale, tuttavia, ci tiene a ricordare: «Credere in Dio può essere ragionevole e razionale. Come persona di fede, vedo segni di Dio ovunque attorno a me. Quando io faccio una scoperta scientifica o imparo qualcosa di nuovo riguardante la natura, dico sempre “Oh, allora è così che l’ha fatto Dio”».
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