Dopo l’eutanasia per terminali approvata nel 2002, quella successiva sui bambini e i malati di mente, l’Olanda ammette fra i richiedenti coloro che vivono le condizioni degenerative della vecchiaia. In Parlamento giace anche un ddl che include qualsiasi persona sana dai 75 anni in su, raggiungendo lo scopo della pratica: l’eliminazione degli imperfetti e degli anziani.
Cancellati non solo il dolore e la malattia ma persino il sacrificio della vecchiaia. Che senso ha, infatti, vivere se non si è pienamente produttivi, privi di impedimenti e con condizioni fisiche limitanti e irreversibili? L’Olanda risponde che il loro senso è relativo, stabilendo che da oggi l’eutanasia potrà essere praticata su tutti coloro che non vogliono sopportare le normali condizioni degenerative della vecchiaia. Non più sui soli malati terminali.
Dopo l’eutanasia dei terminali, a cui seguì quella dei bambini e dei malati di mente, le nuove norme (una revisione di quelle stilate nel 2015 e inviate a tutti i medici di base dalla commissione per vagliare le pratiche di eutanasia) affermano che per domandare la morte «non è richiesto soffrire di una malattia mortale. Un insieme di condizioni legate alla vecchiaia – come i problemi alla vista, all’udito, l’osteoporosi, l’artrite, problemi di equilibrio, declino cognitivo – possono causare sofferenze insostenibili senza prospettive di miglioramento», per cui è meglio morire.
Ma non serve nemmeno essere troppo segnati dalla vecchiaia perché basta una, oltre che un insieme di queste difficoltà, ha rendere lecita la richiesta. Nelle linee guida si legge anche di più: queste condizioni devono essere guardate alla luce della «storia medica, biografica, della personalità, dei valori e della soglia di dolore del paziente». Dunque il sentimento soggettivo della vita e la concezione che se ne ha bastano alla richiesta di suicidio e alla leicità dell’omicidio. Tanto che, si sottolinea, «l’elemento primario da tenere in considerazione è l’esperienza del singolo paziente, alla luce della sua storia personale e medica, della sua personalità, dei valori e della forza fisica ed emotiva». Un criterio, quello soggettivo, che non può che essere presente laddove il bene vita non sia più oggettivamente indisponibile.
È interessante poi che la revisione del codice sia stata approvata dopo che il ministero della Giustizia ha aperto un’inchiesta sul caso di una signora di 84 anni che si era vista negare dal medico di base l’eutanasia per problemi legati alla vecchiaia. La donna aveva rifiutato i dispositivi e le cure per i suoi problemi di deambulazione, come se il suo tormento fossero non tanto gli acciacchi ma il fatto di dover dipendere. Il dottore aveva quindi chiamato la clinica olandese Life’s End Clinic, che aveva accettato la richiesta di eutanasia solo un mese dopo aver incontrato la donna per la prima volta. Il medico della clinica della morte è indagato anche per un caso di negligenza nell’accertamento dell’Alzheimer di un paziente che ha ucciso.
Il prossimo passo potrebbe essere ancor più permissivo rendendo medici simili non più imputabili ma veri e propri operatori di carità, dato che in Parlamento giace una legge che renderebbe qualsiasi persona, perfettamente sana, di età pari o superiore a 75 anni eleggibile per l’eutanasia. Se il ddl, sponsorizzato da due su quattro partiti olandesi, fosse approvato si potrebbe finalmente vedere a pieno, dopo oltre 16 anni, il vero fine dell’eutanasia, in un paese che ha cominciato dall’omicidio delle persone in “fin di vita”, per passare a quello dei bambini disabili e dei malati mentali. Infatti, se anche i 75enni sani potranno farsi fuori, si sarà raggiunto chiaramente il vero scopo dell’eutanasia, l’eliminazione degli imperfetti (anche tramite l’aborto) e degli anziani.
È chiaro agli sponsor dell’omicidio di Stato che non si poteva ottenere tutto subito, ma che aperto il foro alla diga, relativizzando la vita e sostenendo che ci sono casi o condizioni in cui non sia più degna, piano piano la mentalità sarebbe arrivata ad accettare anche queste forme di eutanasia che sono solo una conseguenza della legge approvata nel 2002, pur con più “paletti”.
Basti vedere l’impennata dei numeri nell’arco dei primi 10 anni: i casi di eutanasia aumentarono dai 1.900 circa (2002) a 4.829 (2013), con una crescita annua del15% circa. Senza contare che questo non era il totale degli individui che chiedeva l’eutanasia: il 20% riceveva un rifiuto, mentre il rimanente 62% cambiava idea o moriva prima. A fronte di tanto il numero dei suicidi non era diminuito, con il 70% dei medici che dichiarava di aver subito pressioni da parte dei pazienti o delle famiglie. Nel 2017 i morti per eutanasia sono stati 6.585, il 4,4% dei decessi. Bisogna ricordare che i casi riportati ufficialmente non sono tutti i casi di eutanasia realmente effettuati, dato che su quelli non denunciati spesso si chiude un occhio.
Eppure, si sente dire, che l’eutanasia legale è solo per chi la desidera. È chiaro invece quanto possa indurre un malato o un anziano a pensare di essere un peso inutile e quanto possa rappresentare una tentazione (istigazione) per coloro che soffrono.
Benedetta Frigerio | Lanuovabq.it
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