È morto il 16 maggio all’età di 91 anni. Aveva cominciato la sua battaglia a favore degli emarginati oltre cinquant’anni fa.
(Paolo Tognina) Il pastore zurighese Ernst Sieber era noto in particolare per il suo impegno a favore dei senzatetto. La fondazione da lui creata e che porta il suo nome – Stiftung Sozialwerke Pfarrer Sieber – presta aiuto a quasi 5’000 persone che si trovano nel bisogno. Lo scorso novembre Ernst Sieber era stato insignito di uno speciale riconoscimento, il “Prix Courage Lifetime Award”, assegnato per la prima volta dalla rivista “Beobachter”, che ha deciso di premiare il pastore per “l’impegno di una vita in favore dei diseredati”.
Fondazione pastore Ernst Sieber
L’inverno più gelido
Sono passati più di cinquant’anni da quando Ernst Sieber ha iniziato la sua battaglia a favore degli emarginati che popolano Zurigo. Fu nell’inverno 1963/64, un inverno freddissimo, in cui l’intera superficie del lago di Zurigo ghiacciò (fu chiamata, in dialetto zurighese, la “See-Gfrörni”), che Sieber diede vita alla prima azione per i senzatetto. Con la moglie Sonia Vassalli, originaria di Riva San Vitale, il pastore, allora responsabile della parrocchia di Zurigo-Altstetten, cominciò a perlustrare i giardini pubblici e gli orti cittadini alla ricerca dei barboni che rischiavano di morire assiderati. Alla fine raccolse oltre cento uomini, e li portò nei locali della protezione civile all’Helvetiaplatz. Il municipio appoggiò l’iniziativa e nacque così il primo ricovero per senzatetto di Zurigo. In quel rifugio trovarono alloggio, prima della sua chiusura, a metà degli anni Settanta, oltre duemila senzatetto e sbandati.
Sonia Vassalli ed Ernst Sieber
Dall’Helvetiaplatz all’estate 1968
Nella seconda metà degli anni Sessanta Zurigo si trovò confrontata con nuovi problemi, legati soprattutto al fenomeno del disagio giovanile e del sorgere di sacche di povertà. Nell’estate del 1968 i giovani chiesero un centro autogestito e scesero in piazza. Durante un tentativo di occupazione dei grandi magazzini Globus, scoppiarono gravi incidenti tra manifestanti e polizia. Sieber, a sorpresa, lanciò l’idea di creare un centro in cui affrontare la questione del disagio giovanile. “Io credo”, disse, “che il nostro compito non sia quello di far entrare tutti nella chiesa, ma possiamo fare in modo che la chiesa si apra a tutti. Non dimentichiamo che il mondo di Dio non si trova solo nella chiesa, è il mondo la chiesa di Dio”. Sorse così, nello scantinato della chiesa di Altstetten, un primo alloggio per giovani drogati e alcolizzati.
Sieber, il viaggio continua (Segni dei Tempi RSI La1)
Un futuro per i giovani
Gli anni Ottanta riproposero il tema della creazione di un centro autogestito giovanile. Ma mentre la città concesse un credito di 60 milioni di franchi per la ristrutturazione dell’Opera, ignorò le richieste della piazza. I giovani ripresero a sfilare per le strade, e il pastore Sieber si unì a loro: sempre in testa ai cortei, accompagnato da un asinello, simbolo biblico di umiltà e testardaggine.
Negli agitati primi anni Ottanta, a Zurigo soffiò un incoraggiante vento ecumenico che permise alle chiese di lavorare insieme. Protestanti e cattolici si unirono nella condanna degli episodi di violenza della polizia come dei manifestanti, denunciarono i problemi sociali irrisolti e si impegnarono nelle trattative con le autorità che sfociarono nella creazione del centro autogestito della “Rote Fabrik”.
“Le agitazioni di quel periodo non sorgevano dal nulla, ma erano legate alla difficile situazione politica e sociale di quegli anni. Tra i giovani circolava lo slogan “no future”, avevano l’impressione che non ci fosse più nessun futuro davanti a loro”, ricordò Sieber.
Drogati ed emarginati
Alla mancanza di prospettive per il futuro si aggiunse, in modo drammatico, il problema della tossicodipendenza. Gli anni Ottanta, a Zurigo, furono segnati dal sorgere delle famigerate “scene aperte”, il Platzspitz e il Letten. E scoppiò l’emergenza AIDS. Sieber reagì creando alcuni centri di contatto, un’azienda agricola dove dare lavoro agli ex-tossicodipendenti, una clinica per malati di AIDS e più tardi un piccolo villaggio di baracche – lo “Hügeldörfli” – dove alloggiare diseredati e persone in difficoltà. Quelle azioni incrementarono fortemente la popolarità del pastore Sieber, in tutta la Svizzera. “Noi creiamo delle barriere, ci facciamo delle immagini, immagini dei barboni, degli emarginati, degli asociali, dei malati di mente, dei tossicodipendenti, dei nomadi; ci facciamo immagini dei senzatetto, degli alcolizzati, delle prostitute, e tutte quelle persone le rinchiudiamo dentro quelle immagini, quei limiti, quelle gabbie”, affermò. “Il nostro compito”, ripeté, “consiste nel rompere quegli schemi, e smettere di creare quelle barriere”.
Consigliere nazionale in crisi finanziaria
Nel 1991 il pastore di Altstetten venne eletto in Consiglio nazionale, come indipendente sulle liste del Partito evangelico. La sua elezione fu accompagnata da alcune polemiche legate alla sua professione, ritenuta inizialmente incompatibile con il suo mandato politico. Superate le perplessità, a Berna il pastore Sieber si batté soprattutto per la creazione di un insediamento abitativo per ex-tossicodipendenti.
Nella prima metà degli anni Novanta la fondazione Sieber attraversò una grave crisi. Il responsabile amministrativo, Rainer Gillmann, genero del pastore, diede via libera alla costruzione di alcune case destinate ad accogliere una comunità di tossicodipendenti – senza avere i necessari permessi. Il danno finanziario fu consistente, venne aperta un’inchiesta per verificare la regolarità dell’amministrazione. Sieber si difese, ribadì la propria buona fede e l’inchiesta non registrò particolari irregolarità, ma l’immagine della Fondazione ne risentì. “Il cammino del cristiano non è condizionato né dal successo né dall’insuccesso”, reagì Sieber, “bisogna camminare, andare avanti, senza pretendere di andare incontro solo a successi e senza avere paura delle possibili sconfitte. L’unica cosa che conta, in definitiva, è cercare di essere autentici”.
Un lungo cammino
Passata la bufera dello scandalo, Sieber rilanciò il progetto di creazione di un villaggio per ex-tossicodipendenti. Individuata una località adatta, la fondazione diede vita a Ramsen, presso Sciaffusa, a un nuovo centro di recupero.
Negli anni successivi, e fino alla soglia della morte, il pastore dei diseredati continuò nella sua attività a favore degli ultimi. Tra le iniziative più note, quella dello “Pfuusbus“, un ricovero temporaneo per senzatetto, aperto durante l’inverno a Zurigo.
Ernst Sieber 1927-2018
Un uomo instancabile, Ernst Sieber. Sostenuto da una profonda spiritualità evangelica, un forte senso della giustizia e un pizzico di saggezza contadina, legata agli anni della sua giovinezza, in cui era stato anche bracciante. Al termine di una lunga intervista che mi concesse una dozzina d’anni fa, nella sua casa di Zurigo, ricordando il mondo contadino citò innanzitutto una poesia: “C’è un aratro, nella luce della sera, laggiù in fondo all’ultimo solco; l’ultimo raggio di sole lo fa risplendere come fosse d’argento: fendendo le zolle e passando tra i sassi si è ripulito da tutta la ruggine”. E concluse: “Anche noi dobbiamo passare attraverso molte lotte, nella vita, per poter dire forte quello che pensiamo”.