Senza pregiudizio per il bene comune

Pensiamo di vedere le cose così come sono e pensiamo di reagire ad esse come le percepiamo. Non sempre questo pensiero corrisponde alla verità e di fatto la costatazione è nella sensazione che si prova allorquando manifestiamo una serie di disagi nei nostri comportamenti e modi di pensare. Non ci sentiamo liberi.

Condizione questa espressa nella saggezza Biblica della verità che rende liberi: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Con queste parole, Gesù intercetta, in profondità il cuore dell’uomo, il suo essere e il suo agire non libero (Riccardi P., Psicoterapia del cuore e Beatitudini ed Cittadella assisi 2018). Non libero da e per che cosa? Da quei pregiudizi che sono stati, per lui stesso, causa di odio e menzogna (1 Pietro 2:21-23). E’ allo psichiatra Eric Berne, (1910 –1970) il merito di aver affrontato, in termini clinici, il concetto di realtà, verità e pregiudizi. Il pregiudizio per Berne diventa causa di molti dilemmi esistenziali e solo una visione con gli occhi di un “Marziano”, ci regala un punto di vista nuovo perché, come ci ricorda lo psichiatra Berne, il Marziano vede le cose così come sono (Berne E., Analisi transazionale e psicoterapia. Un sistema di psichiatria sociale e individuale ed Astrolabio 1978 e Ciao e Poi? Ed Bompiani 1997). Nella realtà delle cose si scopre il significato delle parole, degli avvenimenti dei comportamenti. Si scopre il senso delle cose. Purtroppo non accade sempre così perché l’individuo, senza esserne consapevole, investe la sua energia in un aspetto della personalità, comportandosi o eccessivamente autoritario, ipercritico, severo oppure un ribelle e polemico, oppure come un eterno bambino dipendente e lagnoso ecc… . (Per un approfondimento vedi Eric Berne, nel concetto di Stato dell’Io, in ibidem). Tali comportamenti e atteggiamenti non depongono per un individuo che “sano” che vede le cose e le affronta per così come si presentano nella realtà, ma contaminato dai suoi stessi pregiudizi cognitivi ed emotivi. Si può essere contaminati ogni qual volta una persona scambia i pregiudizi e le credenze proprie e personali per vere come per esempio pensare: “non fidarsi mai di chi ti non ti guarda mai negli occhi è un traditore”; potrebbe essere eccessivamente in imbarazzo. Oppure: “non ci riuscirò mai….”; potrebbe essere soltanto una stanchezza momentanea. Sta di fatto che queste antiche e improprie credenze rappresentano pregiudizi che ostacolano l’andamento della propria vita, facendoci mettere le mani avanti per difesa. Il pregiudizio non facilita il cambiamento, che presuppone adattamento al nuovo contesto. Il pregiudizio è dannoso. Il prefisso “pre” anticipa ogni nostra azione di valutazione facendoci saltare subito a delle conclusioni affrettate. ll pregiudizio è un’etichetta che quando applicata alle persone le “crocifigge” in ruoli e qualità dei quali non ci si libera facilmente. Come le autorità religiose dell’epoca invidiavano e giudicavano Gesù a tal punto da farlo crocifiggerlo (Marco 15:9, 10; Giovanni 9:16, 22; 11:45-53).

Il pregiudizio divide e obiettivo dell’essere umano è l’unione perché le cose, o le persone, di per sé non sono né belle né brutte, né buone né cattive sono e basta. Impariamo, quindi a sospendere il pre-giudizio come i bambini che hanno molto da insegnarci per la loro genuinità (Mt 18, 2-5). Senza pregiudizio l’altro ci appare per quello che è, ogni incontro umano diventa rispettoso perché ci si sente riconosciuti in uno spazio comune. E anche un semplice “ciao come stai?” acquista un valore di umanità relazionale: “salutare correttamente significa vedere l’altra persona, diventarne coscienti come fenomeno, esistere per lei ed essere pronti al suo esistere per noi” (Berne, Ciao e poi? ed Bompiani 1997 pag. 11). Siamo pronti all’altro o chiusi ancora nel recinto del pre-giudizio?

Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com


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