Il cambiamento come preludio di vita

Quando ci si sente insoddisfatti di se e della propria vita si sente la necessità di cambiare poiché l’insoddisfazione, clinicamente, alla lunga provoca effetti sintomatici ed esistenziali: ansia, depressione psicogena, irrequietezza, carenza di valori ecc. ecc.

Sono molte le persone che nei momenti critici affermano di volere cambiare, eppure trovano difficoltà a farlo; Quante volte ci siamo detti, perché faccio sempre gli stessi errori? perché? Perché spesso il NUOVO non è migliore del VECCHIO già collaudato. Una delle difficoltà di attuare un cambiamento risiede nel fatto di non percepire realmente il senso e il significato di una nuova prospettiva di vita, di un nuovo atteggiamento o modo di pensare. Per potere attuare un cambiamento, quindi è necessario percepire la differenza tra il nuovo e il vecchio, tra il passato e il presente perché “Nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: il vecchio è buono!” constata Gesù (Lc 5,39; cfr Mc 2,22). Con questa affermazione, Gesù intende far riflettere come ogni desiderato cambiamento deve trovare delle risposte inquadrabili nella consapevolezza tra il vecchio e il nuovo e, soprattutto, nella consapevolezza di un presente vissuto passivamente e che richiama una certa nostalgia del passato; “i bei tempi di una volta”. Questa nostalgia si nota nelle persone che vivono un presente frustrante e disadattivo per cui compensano con i ricordi del “bel tempo di una volta”. E’ così che, inconsciamente, viviamo nella involuzione di noi stessi cercando di conservare i ricordi e cristallizzare le esperienze del passato chiudendoci al nuovo che avanza. Va da se che ci comportiamo da conservatori, ed è per questo che Gesù ci dice: di non mettere il vino nuovo negli otri vecchi e così perde l’uno e l’altro (Mc 2,18-22). Il nuovo per essere accolto deve avere un contenitore nuovo che rappresenta, psicologicamente, la capacità di recuperare il gusto della vita come bambini quando giocano con il nuovo giocattolo. Nel loghion 2, del vangelo apocrifo di Tommaso, Gesù disse: “Coloro che cercano cerchino finché troveranno. Quando troveranno, resteranno commossi. Quando saranno turbati si meraviglieranno, e regneranno su tutto.” La lettura psico-educativa a riguardo è il cercare, il rinnovarsi, il meravigliarsi paragonabile a quella caratteristica che ha il bambino che facendo scoperta di un nuova esperienza allarga i propri schemi mentali.

Meravigliarsi è la cosa più bella del mondo eppure, una statistica dimostra che non meravigliandosi più di fronte alle gioie della vita, la vita diventa noiosa. Lo stupore verso le piccole cose non deve essere smarrito, perché migliora la vita, fa sentire meglio le persone e rappresenta la ricetta ideale per ridurre lo stress. Secondo una recente ricerca italiana il 54,4% con il passare del tempo ha perso il dono dello stupore, contagiati da quella che la rivista statunitense Forbes ha definito “Drift Syndrome”, ovvero l’incapacità di apprezzare ciò che ci circonda. Eppure il dono è godibile è a costo zero, attraverso piccole gioie quotidiane, come un progresso del proprio figlio a scuola, una carezza elargita e accolta dal proprio caro, il gusto di una pausa di relax, un sorriso, una stretta di mano, un osservare un fiore, un considerare la pioggia come il tramonto, di fronte ad uno spettacolo della natura come una nuova stagione, la fioritura o la vista del mare.

Purtroppo si è diventati bulimici di informazioni, di immagini, di risultati immediati, e ciò compromette la possibilità di soffermarsi a meravigliarsi, di provare stupore, passione ed estasi di fronte alle piccole gioie della vita. Da un punto di vista neurobiologico, il “cervello felice” produce sostanze, come neurotrasmettitori e ormoni, che hanno l’effetto di un rinforzo positivo sull’umore, oltre che sulla salute fisica. Se riusciamo ad apprezzare ciò che abbiamo, avremo sicuramente una percezione più piena, fortunata e ricca della nostra vita presente, senza nostalgia del passato. Siamo concentrati sempre altrove. Un detto della filosofia Orientale afferma: “quando mangio, mangio, quando bevo, bevo, quando dormo, dormo. L’uomo di oggi è altrove ed è a questo punto che Gesù afferma: il regno di Dio è ora in mezzo a voi e dentro di voi (Lc 17,20-21).

I motivi per i quali bisogna recuperare il piacere di vivere questi momenti sono molto chiari: aiuta migliorare la propria vita.

Cosa fare allora per cambiare? Scoprire il dono della gratuità, Incontrare l’altro, il diverso e meravigliarsi del fatto che tutti hanno qualcosa da insegnare. Rinunciare alla convinzione che riempirsi di accessori materiali e psicologici come l’orgoglio di se, il potere e l’immagine non danno valore alla vita più di un tramonto. Ricordarsi che ogni istante è unico irripetibile e per questo va gustato nel dare sempre il meglio di se. Non precludersi nulla: ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo può essere l’occasione giusta per vivere un nuovo momento prezioso. Quando niente ci meraviglia, niente ci emoziona e ci dà un nuovo senso del vivere il rischio è di cedere alla tentazione di procurarsi piaceri artificiali (patologie delle dipendenze più varie; gambiling, sostanze, sport estremi, dipendenza sessuale, da internet dai social) che “simulano” la felicità mentre è solo un soddisfacimento passeggero e illusorio.

Ogni generazione si lamenta del presente e il messaggio del vangelo è un continuo invito ad aprirsi al nuovo, un “ricondurre i cuori dei padri verso i figli” (Lc 1,17), e non quello dei figli verso i padri: è il vecchio che deve aprirsi ed accogliere il nuovo non il contrario. L’apertura al nuovo è indispensabile per non restare ancorati al passato nostalgico e passivo del non cambiamento. “Non ricordate più le cose passate! non pensate più alle cose antiche”, ammonisce il profeta Isaia (Is 43,18). Se non si cambia c’è il rischio della morte interiore, senza regno perché “Dio non è il Dio dei morti ma dei vivi” afferma con forza Gesù (Mc 12,17). Solo chi è capace di rinnovarsi, cambiare, trasformarsi può rimanere in sintonia con il regno di Dio. Chi non lo fa non è altro che un morto che seppellisce altri morti! (Mt 8,23).

Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com

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