Indipendenza in Nuova Caledonia, in campo la Chiesa protestante

Fra un anno il referendum che potrebbe sancire il distacco dalla Francia dell’arcipelago del Pacifico. I delicati equilibri sociali da mantenere e il business del Nichel.

E’ cominciato il conto alla rovescia che si concluderà fra un anno esatto quando i cittadini della Nuova Caledonia, l’arcipelago dell’oceano Pacifico che fa parte delle collettività d’oltremare della Repubblica di Francia, si esprimeranno per l’autodeterminazione o per lasciare la situazione così come è oggi.

La Nuova Caledonia è dotata di uno status speciale ed è amministrata da un Alto Commissario. Il Governo viene esercitato da un Congresso formato dai componenti delle assemblee provinciali, per un totale di 54 membri. Nel Parlamento francese la Nuova Caledonia, che conta poco più di 250 mila abitanti, viene rappresentata da un senatore e due deputati.

Di fronte al rischio di tensioni all’approssimarsi del momento referendario, scende in campo anche la Chiesa protestante Kanaky della Nuova Caledonia (Epknc), membro della Cevaa, che conta circa 30 mila fedeli e 90 chiese sulle isole. I suoi rappresentanti hanno pubblicato un documento che vuole essere un messaggio di pacificazione e un incoraggiamento ad ascoltare ogni opinione, sottolineando l’aspetto multiculturale delle popolazione della Nuova Caledonia. L’arcipelago è infatti un crogiuolo di etnie e culture, formato da una maggioranza di nativi, e da una forte minoranza (oltre il 30%) di popolazione di origine europea, formata soprattutto da discendenti dei coloni francesi che si trasferirono quaggiù ai tempi della colonizzazione e da ex detenuti liberati (l’isola era una colonia penale francese). Nel testo si legge l’appello per istituire una settimana di preghiera per la pace nel Paese da svolgersi nel corso del prossimo anno, ispirati dalle parole di Efesini 2,19:  “Concittadini di un Paese nuovo”.

Venti indipendentisti soffiano oramai da oltre 30 anni, e sono stati gli anni ’80 del secolo scorso il momento di maggior tensione fra chi è favorevole ad un distacco da Parigi e chi no. Dopo scontri prolungati si giunse nel 1988 agli accordi di Matignon, che hanno garantito una maggiore autonomia amministrativa e hanno tracciato la rotta per giungere all’attuale referendum.

«L’anno 2018 – si legge nell’appello dell’Epknc – sarà per la Nuova Caledonia un anno decisivo. Il Paese entrerà in una nuova era della sua storia. E’ il tempo delle scelte importanti e delle decisioni politiche, sia che prevalga la volontà indipendentista che il suo contrario. La Chiesa sente la responsabilità di accompagnare i cittadini in questo percorso. Ha fiducia nei leader politici che hanno il pesante compito di portare i dibattiti fin in seno alla nostra società, promuovendo una democrazia di condivisione quanto mai necessaria». Segue un excursus storico delle posizioni assunte dalla chiesa protestante negli anni, con particolare riferimento alla denuncia, nel 1979, dei misfatti della colonizzazione, soprattutto a danno della popolazione kanaka.«La visione di un destino comune impegna tutte le comunità cristiane del nostro Paese: un processo che mira a formare un’identità matura in grado di superare crisi e perturbazioni, e che vuole contribuire alla capacità di apertura verso gli altri dei cittadini, tutti insieme per la costruzione di un destino comune».

Intanto il Primo ministro transalpino Édouard Philippe ha annunciato una visita sull’isola dal 2 al 5 dicembre. Un quarto delle riserve mondiali di Nichel si trovano qui. Elemento fondamentale per la fabbricazione dell’acciaio inox, il Nichel ha un’enorme valore industriale e il business è ovviamente in mani francesi, fra le proteste per l’inquinamento correlato alla presenza di aziende metallurgiche, accusate di danneggiare la delicata e preziosa barriera corallina e in generale l’equilibrio flora-faunistico dell’area. Le grandi manovre politiche hanno inizio.

di Claudio Geymonat | Riforma.it

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