Anne Hidalgo Notre-Drame de Paris

Così la profetessa del multiculturalismo più amata dagli Lgbt e dai bobò ha trasformato la capitale francese in un feudo goscista inattaccabile. Un’inchiesta dà voce al dramma dei cittadini.

Quando il presidente americano, Donald Trump, disse, lo scorso febbraio, che «Paris is no longer Paris», evidenziando le conseguenze nefaste dell’immigrazione scriteriata e dell’avanzata dell’islam politico sulla capitale francese, il sindaco socialista, Anne Hidalgo, lo sbeffeggiò su Twitter, fiancheggiata dai suoi pasdaran, che contribuirono alla reductio ad hitlerum di The Donald con gli epiteti abituali del dizionario dei benpensanti: islamofobo, razzista, reazionario. Ma l’inquilino della Casa Bianca aveva soltanto riassunto in una frase il mutamento radicale che ha subito la città da quando la Hidalgo, ex delfina di Bertrand Delanoë, ha preso le redini del comune, da quando la socialista più amata dalla comunità Lgbt francese e dai bobò ha deciso di sacrificare il quieto vivere dei parigini sull’altare delle sue ambizioni sfrenate e delle sue fregole terzomondiste.

Più che un mutamento, è una vera e propria discesa agli inferi quella cui sembra condannata Parigi dalla primavera del 2014. E il recente ottenimento delle Olimpiadi del 2024, presentato dalla giunta come un’opportunità d’oro per rimpinguare le casse del Comune, è in realtà il prologo del nuovo dramma finanziario che vivrà la capitale fra qualche anno. Come raccontato da Erwan Seznec nell’ultimo numero del mensile Causeur, il conto finale dei Giochi Olimpici, negli ultimi anni, è stato in media superiore il 176 per cento rispetto alle stime iniziali. Tokyo aveva previsto di sborsare 5 miliardi in totale per le Olimpiadi del 2020, ma ne ha già spesi 17, e i 6 miliardi annunciati da Londra per i Giochi del 2012, sono diventati 15. Parigi ha previsto un budget di 6,6 miliardi, ma il prezzo reale potrebbe essere almeno il triplo, fatto che costituirebbe un disastro per la capitale francese, già oberata da più di 5 miliardi di euro di debito.

Il j’accuse dei giornalisti
Ma Anne Hidalgo, soprannominata “la comunarda” dai suoi colleghi di partito, non arretra di un millimetro e, non paga, bolla come “reazionari” e “retrogradi” coloro che osano criticare le sue scelte. A provare sulla propria pelle l’isteria settaria del sindaco di Parigi, sono stati due giornalisti coraggiosi, Airy Routier e Nadia Le Brun, che nel silenzio degli altri media, tutti allineati nell’esaltare Anne “Atena” Hidalgo, hanno pubblicato un’inchiesta incandescente sulla gestione personalistica dei dossier della capitale. Il j’accuse, che sta facendo molto rumore in Francia, e che è costato ai due giornalisti le solite accuse di “fascismo”, si chiama Notre-Drame de Paris (Albin Michel), dove il “drame” è la Hidalgo, ma anche il dramma quotidiano vissuto dai parigini, che non riconoscono più la loro città, sequestrata da una profetessa del multiculturalismo che vuole imporre la sostituzione etno-identitaria in tutti i quartieri. Più precisamente, si chiama “mixité sociale” forzata questa grande sostituzione per decreto, perché la sociologia di Parigi è troppo omogenea, secondo la giunta socialista, e allora ecco che l’obiettivo rivendicato è quello di avere il 30 per cento di alloggi sociali all’orizzonte 2030, dove la preferenza allogena è l’unico parametro. Sono «gli alloggi della discordia», scrivono i due giornalisti.

Ma la Hidalgo fa finta di non sentire le doléances dei suoi concittadini, e anzi è più determinata che mai a mostrare che tutta la Francia profonda è brutta, sporca, cattiva e conservatrice, mentre Parigi è aperta, solare, progressista, insomma un’oasi della diversità. Per questo, ogni anno, conta di spendere 180 milioni di euro, al fine di comprare immobili anche nei quartieri borghesi, per trasformarli in alloggi sociali e, testuali parole, «correggere l’eredità storica» di quelle zone. In altri termini: dentro le popolazioni immigrate, il nuovo elettorato, e via le classi medie e popolari, per trasformare Parigi in un feudo goscista inattaccabile.

Due ratti per ogni abitante
L’altro dossier che fa urlare i parigini, oltre alla proliferazione di campi migranti improvvisati anche nelle zone centrali della capitale (a Porte de la Chapelle, a poche centinaia di metri da Montmartre, c’è una “giungla” come a Calais), riguarda la sporcizia, simboleggiata dall’invasione dei ratti, che sono il doppio degli abitanti, e corrono in tutta tranquillità in ogni angolo di Parigi anche di giorno. «Le piazzette e i giardini municipali invasi vengono chiusi uno dopo l’altro per essere derattizzati, con dei prodotti chimici aggressivi e inquinanti accanto ai quali il diossido d’azoto e le particelle fini sono pericolosi quanto l’acqua di Colonia», spiegano gli autori di Notre-Drame de Paris. “Paris, ville sale”, ossia Parigi, città sporca, è anche il titolo di un’inchiesta del quotidiano economico Les Echos, che si inquieta per lo stato deplorevole delle strade della capitale sotto la gestione Hidalgo. «Alle sei di mattina, Parigi è un immondezzaio. Tutto è permesso. Negli anni Sessanta, le portinaie ricevevano un’ammenda se davanti alla porta dei loro immobili non era pulito», racconta a Les Echos un professore in pensione.

Donne occidentali in estinzione
Ma la capitale francese, oggi, è tristemente famosa anche per la quantità di quartieri in cui le donne occidentali non sono più bene accette. Non sono più soltanto le “banlieue halalizzate”, come le definì l’islamologo Gilles Kepel, a essere diventate infrequentabili per le parigine laiche, ma anche zone che fino a qualche anno fa erano il cuore della Parigi operaia e popolare, e che ora si sono trasformate in veri e propri ghetti dove la popolazione dominante è arabo-africana. Attorno a Gare du Nord, la più grande stazione d’Europa, spacciatori e delinquenti di ogni genere dettano legge, e le donne sono costantemente vittime di aggressioni. Nel quartiere di La Chapelle-Pujol, nel Diciottesimo arrondissement, la situazione è talmente grave che è stata lanciata una petizione intitolata “Le donne, una specie in via d’estinzione nel cuore di Parigi” all’indirizzo del primo cittadino, per segnalarle il dramma vissuto quotidianamente da molte donne della capitale. Ma dal Comune, nessuna risposta concreta.

Perché Anne è più brava a dare lezioni di morale e di vivre-ensemble, a definire i migranti «una fortuna per la Francia» e ad aprire le porte dell’Hôtel de Ville per festeggiare il ramadan in barba alla laicità, insomma a boldrineggiare e ad ergersi a paladina della città più multiculti e gay-friendly del mondo. La dimensione verde, pardon écolo, è anch’essa fondamentale per il sindaco socialista. Laureata nel 2016 “Green diplomate of the year”, passa il suo tempo a lanciare moniti allarmanti sul global warming e a demonizzare gli automobilisti, che a loro volta l’hanno ribattezzata la “regina degli imbottigliamenti”, perché da quando ha deciso di riorganizzare il traffico, chiudendo una parte dei lungosenna della rive droite, ha trasformato Parigi in una città ancor più caotica e inquinata.

«Le Olimpiadi sono belle, ma nessuna città ha trovato la quadra sul piano finanziario», diceva la Hidalgo nel febbraio del 2015. Ma ora Anne ha dimenticato tutto. Perché Parigi è il miglior trampolino per salire ai piani alti della République. Dei parigini, se ne infischia.

Foto Ansa

Mauro Zanon | Tempi.it


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