Pakistan: condannato a morte per blasfemia su “WA”

Un cristiano pakistano è stato condannato a morte perché avrebbe inviato tramite WhatsApp alcuni messaggi ritenuti blasfemi. Le indagini effettuate dalla polizia tuttavia mostrano notevoli lacune.

Nadeem Masih, un cristiano pakistano di 24 anni, della provincia del Punjab, è stato accusato di aver inviato ad un suo amico musulmano tramite WhatsApp quattro messaggi in cui avrebbe diffamato il profeta Maometto. Il 14 settembre scorso è stato multato (circa 3000 dollari) e condannato a morte.

Alcuni giorni dopo la condanna l’avvocato difensore, Riaz Anjum, ha affermato che non vi sono prove sufficienti contro il suo cliente e che la polizia non ha svolto le indagini necessarie per chiarire il caso. Secondo la documentazione fornita dalla polizia alla corte, il primo messaggio blasfemo sarebbe stato inviato il 23 giugno 2016, ma “Dopo che i messaggi sono stati inviati ci sono voluti 17 giorni per presentare la prima denuncia alla polizia“, ha detto Anjum a World Watch Monitor. “Se davvero si fosse trattato di parole offensive Yasir Bashir (l’accusatore) si sarebbe rivolto alla polizia molto prima.”

Anjum ha anche accusato la polizia di non aver indagato se i messaggi fossero stati effettivamente inviati da Nadeem Masih o se qualcun’altro li avesse inviati dal suo telefono. “Nessuno ha visto Masih inviare messaggi, si tratta quindi di una supposizione che non può fungere da prova di colpevolezza“, ha detto.

Un altro fattore che è stato trascurato dalla polizia è che Masih, Bashir e un altro ragazzo hanno gestito per qualche tempo un’attività insieme, ma, pochi giorni prima della denuncia, i due ex-soci hanno iniziato a fare affari separatamente, diventando concorrenti del ragazzo cristiano.

Dopo la denuncia la famiglia di Masih è dovuta fuggire dalla propria casa per paura delle ripercussioni da parte dei musulmani locali. “La situazione è rimasta tesa dopo la denuncia, quindi la polizia ha deciso di svolgere l’intero processo all’interno prigione“, ha detto Anjum a World Watch Monitor.

Numerosi sono i casi di accuse di blasfemia contro i cristiani avvenute nello stesso periodo in Pakistan.

Sono trascorsi più di 30 anni da quando Muhammad Zia-ul-Haq (allora Presidente del Pakistan) decise che la pena di morte fosse la punizione appropriata per coloro che parlano in modo offensivo dell’islam sunnita. Oggi il Pakistan rimane il più severo stato anti-blasfemia del mondo. I cristiani costituiscono il 4% della popolazione, ma circa la metà delle accuse di blasfemia vengono rivolte a loro.

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