Omicidi, suicidi, guerre: in Medio oriente una “generazione perduta” di bambini e giovani

Una ricerca, su dati del 2015, mostra un tasso di suicidi e omicidi “dieci volte maggiore” rispetto alle vittime dei conflitti. Per morte violenta sono decedute 1,4 milioni di persone, nelle guerre circa 144mila. In “forte aumento” i casi di malattie mentali. Ma nella regione mancano esperti in grado di curarle.

Beirut – Le violenze in Medio oriente, non solo guerre, ma pure omicidi e suicidi, hanno creato una “generazione perduta” di bambini e giovani, privi di risorse nel presente e di speranza per il futuro. È quanto emerge da un rapporto pubblicato in questi giorni da alcuni ricercatori sul prestigioso International Journal of Public Health, che ha preso in esame le vicende di 22 nazioni della regione Mediterranea orientale, fra cui Afghanistan, Iran, Somalia, Sudan, Siria, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Secondo dati riferiti al 2015 nella regione oggetto dello studio, al cui interno vivono fino a 600 milioni di persone, il tasso di suicidi e omicidi è stato di dieci volte maggiore rispetto alle vittime delle varie guerre in corso. E i maschi risultano maggiormente coinvolti rispetto alle femmine.

Prendendo in esame i dati, le morti violente hanno causato fino a 1,4 milioni di vittime. A queste si affiancano i 144mila morti nel contesto dei conflitti che infiammano il Medio oriente e le nazioni delle aree adiacenti.

Già in passato studiosi ed esperti avevano lanciato l’allarme per il futuro delle giovani generazioni della regione. Nel 2015 uno studio di un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite aveva mostrato che le guerre e violenze avevano privato 13 milioni di bambini del diritto all’istruzione e della possibilità di frequentare la scuola, spesso demolita o danneggiata. In gioco non vi è solo la questione del danno fisico provocato alle scuole, ma vi è anche la “disperazione” avvertita da una intera generazione di alunni i quali vedono le loro speranza e il loro futuro “andare in frantumi”.

Ali Mokdad, direttore del Dipartimento mediorientale all’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) dell’università di Washington, fra i principali curatori della ricerca, sottolinea che una violenza “endemica e ingestibile” ha creato una “generazione perduta” di bambini e giovani. Il futuro del Medio oriente, aggiunge lo studioso, si presenta con tinte “fosche” se non si troverà un modo per garantire “stabilità” alla regione.

I ricercatori evidenziano inoltre un “forte aumento” di casi di malattie mentali e problematiche affini, fra cui depressione, ansia, disturbi bipolari e schizofrenia nell’area del Mediterraneo orientale. “Nel 2015 – spiega il rapporto – circa 30mila persone nella regione si sono suicidate e altre 35mila sono morte per violenze interpersonali, con una crescita del 100% e del 152% rispettivamente, rispetto agli ultimi 25 anni”.

In altre parti del mondo, nello stesso periodo il numero di morti per suicidio è cresciuto del 19% e i casi di violenza interpersonale sono aumentati del 12%. Un dato ben inferiore rispetto all’area oggetto dello studio e che è fonte di preoccupazione per gli esperti del settore; a questo si aggiunge inoltre la mancanza cronica di psichiatri e psicologi rispetto al bisogno effettivo, un elemento che contribuisce a peggiorare la situazione. In nazioni come Libia, Sudan e Yemen vi sono solo 0,5 psichiatri su 100mila persone. Nelle nazioni europee il dato è di 40 su 100mila.

Vi è infine un forte aumento (pari a 10 volte tante) nel numero di morti per Aids/Hiv nel periodo 1990-2015. La maggior parte dei casi si sono verificati in Somalia e Sudan, oltre che nel Gibuti, a dimostrazione che la patologia non viene affrontata in maniera tempestiva e i malati non ricevono cure adeguate.

Da: asianews.it

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