IL PIACERE, IL DOLORE E L’INGANNO

I tre aspetti del piacere, del dolore e dell’inganno fanno intimamente parte della vita quotidiana. Ma, nonostante questa continua esperienza quotidiana, molti hanno idee particolari, e spesso confuse, su questi aspetti.

Il pensiero comune e maggioritario direbbe (e dice) che il piacere è la cosa che va ricercata al di sopra di ogni altra, poiché la felicità, infondo, consisterebbe nel provare e nel realizzare il piacere.

Ci sono state culture e civiltà che hanno fatto del piacere l’obiettivo primario. E pertanto la loro etica – basata sul piacere – ha preso il nome di ‘edonismo’ (ossia la ricerca del piacere sopra ogni cosa). Per tali civiltà evitare il dispiacere, era fonte di saggezza.

Tali civiltà antiche non sono poi tanto distanti dal modo di pensare comune probabilmente anche di molti contemporanei; in effetti la maggioranza delle persone di oggi non ha un’etica tanto distante dall’”antico” edonismo. Per molti, il piacere ad ogni costo sembra essere quanto di meglio possa esistere.

Se è vero che il piacere è sempre e comunque il meglio da ricercare e realizzare, ecco che il dolore sarebbe qualcosa da evitare, qualcosa da cui cercare di stare lontani.

Questa etica è talmente popolare che sembra rientrare – al tempo di oggi – attraverso la finestra di certe pratiche orientali, come il buddhismo, che predica, appunto, l’idea secondo cui il dolore è qualcosa da evitare. E come eviterebbe il buddhismo il dolore? Meditando e ricercando esperienze mistiche che portino l’individuo al punto da distaccarsi dalla realtà e dal dolore, per raggiungere un “mondo di pace” ed una realtà chiamata ‘Nirvana’, nella quale si verrà “illuminati” dalla percezione che la realtà ed il dolore (che ne è una parte) sono tutta un’illusione. Questa identificazione con il Niente sarebbe la pace promessa dal Buddhismo, la soluzione al dolore presente nel mondo!

E molti, attratti da questa prospettiva (la ricerca del piacere e la separazione dal dolore), sembrano aderire volentieri a sistemi come questi che promettono e prospettano di vivere felici e lontani dal dolore. Questo genere di etica attrae molti.

Già, ma perché? E’ davvero giusta e profonda un’etica del genere? E’ davvero questa una vera etica (quella di cercare primariamente il piacere, ritenendo il dolore come un’esperienza del tutto negativa)? Questo genere di etica è davvero illuminante? E’ davvero originata dalla verità?

Il fatto che qualcosa sembri essere attraente (e piacevole) non per forza coincide sempre con la verità. Ed è a questo aspetto che vorrei guardare attraverso la presente riflessione:

  • ciò che piace è davvero ciò che è meglio(?);
  • ciò che attrae più facilmente è di certo ciò che è meglio(?);
  • il dolore è sempre e comunque qualcosa di negativo da evitare e scartare?

Molte filosofie attraggono per il messaggio piacevole che propongono. E, in effetti, è attraente un’etica e una filosofia che propone il piacere anziché il dolore; che fa belle promesse, consistenti nell’avere tutto ciò che si desidera. Attraente, ma vera?

La domanda (per chi voglia davvero cercare la verità e nutrirsi di questa anziché di una qualsiasi filosofia e/o religione) di fronte ad “offerte di verità” del genere (o, più seriamente, inganni) è questa: tutto ciò (la ricerca ad ogni costo del piacere ed il rigetto del dolore) ha a che fare con la verità?!

Penso ad un verso della Bibbia che dice: “Và nella casa del dolore (cioè lì – in quei posti e in quelle situazioni – dove c’è sofferenza) e il tuo cuore ne uscirà migliorato”.

Perché? Perché la sofferenza fa riflettere, e, riflettendo sulla sofferenza (che spesso è generata e provocata dagli errori dell’uomo), il cuore ne esce migliorato. Dunque il dolore può ammaestrare l’uomo e non è qualcosa da cui dover sempre e per forza fuggire.

In un altro passo, ancora, la Bibbia ci esorta a considerare i vantaggi del dolore:

“ L’uomo è anche ammonito nel suo letto dal dolore” (Giobbe 33: 19).

Che significa? Beh, vuol dire che ci sono delle circostanze in cui un uomo /una donna potrebbero dover essere costretti ad attraversare dei momenti di malattia, magari; ed in quei momenti sono costretti a rimanere fermi e bloccati dalla sofferenza. Ma, lungi dall’essere un’esperienza per forza negativa, la malattia, in certi casi, può rivelarsi un’ occasione per meditare sulla sofferenza, per meditare sulla propria vita: sul dove questa finora abbia condotto chi, a causa della malattia, ora, è costretto a fermarsi e a rivedere tutto ciò che ha fatto quando stava bene; quando andava dove voleva; quando faceva tutto quello che voleva. Ora, invece, bloccato, è costretto a fermarsi. E tali ‘stop’ costringono a riflettere! Già, perché spesso gli uomini sono talmente presi dalle proprie cose che non si fermano mai a riflettere e a pensare se le cose che fanno sono quelle giuste. Allora, come dice il versetto che stiamo considerando, il dolore che costringe a restare fermi in un letto può diventare un ammonimento, un’occasione di ammaestramento: ascoltare il ‘dolore’ significa interrogarsi sul “benessere”, quando siamo portati a fare tutto ciò che vogliamo, tutto ciò che ci piace di più, per vedere se davvero ciò che piace di più sia il vero bene! La malattia, che espone l’uomo dinanzi alla sua possibile fine, lo porta a rivedere cosa egli ha compiuto prima che arrivi la fine.

Dunque? E’ sempre  saggio e vero cercare di allontanare l’esperienza del dolore per ricercare soltanto quella del piacere?

Un ulteriore passo della Scrittura ci fa comprendere come in certe circostanze il dolore sia qualcosa di utile, qualcosa che può portare un frutto (frutto che senza il dolore non verrebbe alla luce): penso a quando il Signore dice alla donna che ella avrebbe dato alla luce i figli con gran dolore. Ma, sempre il Signore le dice che per la gioia che verrà dopo il dolore, ossia per il frutto del suo dolore, ella si dimenticherà del dolore.

Che dunque? È giusta e buona l’etica che propone solo il piacere e scarta il dolore? Affatto! Proviene essa dalla Verità? Affatto! Da quale “illuminazione” dunque essa proviene?!

Attenzione agli inganni, che propongono “belle vie”, ma false. Attenzione all’attrazione e alla seduzione del bello, ma falso.

Attenzione alle facili (e superficiali) filosofie e ideologie, che adescano chi va poco in profondità, chi si accontenta di messaggi idealistici ma non seri e non reali.

Ritornando, quindi, al titolo di questa meditazione (il piacere, il dolore e l’inganno) stiamo attenti a pensare che la verità sia laddove tutto sembra piacevole e non sia, invece, laddove vi possa essere del dolore e della sofferenza. Il dolore, a volte, è il segno di una prova che dobbiamo attraversare, per vedere se siamo disposti a restare fermi nel vero.

Quanto è sottile, da un lato, e profondo, dall’altro, il confine tra il vero e il falso! Chi ci aiuterà a distinguere e a discernere l’uno dall’altro? Siano rese grazie a Dio e al Signore Gesù, che con la Sua parola può davvero illuminarci, per conoscere Colui che è il Vero!

Enzo Maniaci | Notiziecristiane.com

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