L’autore è il Prof. Leonardo De Chirico della Ifed di Teologia Storica che copre anche i ruoli: di pastore nella Chiesa Evangelica Breccia di Roma, di direttore della rivista Studi di Teologia e del Centro Studi di etica e bioetica della Ifed.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo:
1) Evangelical Theological Perspectives on post-Vatican II Roman Catholicism, Peter Lang 2003;
2) Il papato, una guida evangelica, BE 2015;
3) Il movimento evangelicale, con Pietro Bolognesi, Queriniana 2002;
4) Dizionario di Teologia Evangelica, con Pietro Bolognesi e A. Ferrari, EUN 2007
L’autore dedica questo suo libro ai presidenti di Alleanza Evangelica Italiana, Roberto Mazzeschi e Giacomo Ciccone, con i quali ha lavorato per favorire l’unità evangelica in Italia.
L’immaginario evangelicale considera l’ecumenismo come sinonimo di infedeltà e di allontanamento dalla purezza dell’Evangelo e questo perché gli vengono legittimate tutte le correnti possibili ed immaginabili del cristianesimo assumendo così un forma di pluralismo che influisce negativamente sull’unità che invece biblicamente va perseguita con convinzione. Ciò significa che ogni progetto di unità deve essere vagliato biblicamente per non cadere nel rischio e nell’errore di perseguire un progetto di unità malsano. Nella Bibbia troviamo le basi dell’unità voluta da Dio nel Vangelo di Giovanni cap. 17 dove mette in risalto come basi di unità l’amore, la verità di Cristo e la carità.
Questo libro vuole contribuire ad un discernimento evangelico in un tempo in cui l’unità cristiana viene promossa con enfasi da sempre più soggetti come un programma prioritario su tutto il resto.
L’obbiettivo è di offrire degli strumenti essenziali per un equilibrato orientamento, biblico, nei confronti dell’ecumenismo contemporaneo percorrendo le fasi storiche e teologiche di cui è erede.
Il tentativo è quello di intrecciare due discorsi tra di loro: da un lato il cammino di unità cristiana dei credenti in Gesù Cristo con particolare riferimento al Novecento e dall’altro gli altri percorsi unitari che partono da presupposti teologici diversi e portano a visioni di unità distante da quella voluta e attuata dal nostro Signore.
La speranza è che l’unità biblica venga nutrita e rilanciata attraverso un discernimento teologico nei confronti dei tanti progetti di unità presenti nella cristianità e che esso sia in vista della missione come progetto dell’Iddio uno e trino di sottomettere ogni cosa a sé (1 Corinzi 15:28).
BREVE STORIA DEL “SECOLO ECUMENICO”
Nel linguaggio contemporaneo il termine “ecumenismo” si riferisce al movimento che mira al riavvicinamento delle chiese cristiane e dei credenti, prendendo atto delle divisioni ereditate dalla storia ed a oggi esistenti. La Bibbia attribuisce al termine la totalità della terra amministrata o abitata (Luca 2:1; Atti 11:28).
Nel corso della storia l’aggettivo è stato impiegato per qualificare la chiesa universale come unica realtà, unita e diffusa in tutto il mondo; da qui il sinonimo di “cattolico”.
I concili delle chiese furono definiti “ecumenici” (il primo fu quello di Nicea del 325), in tutto si contano e si riconoscono sette concili di cui il più importante è quello di Niceno-Costantinopoliano del 381.
Nel Medioevo la chiesa di Roma ha continuato a considerare “ecumenici” i suoi concili per mantenere l’idea dell’universalità cattolico-romana, ricordiamo i due concili di Vaticano I e Vaticano II.
Dall’altro lato anche le chiese orientali hanno percorso strade simili chiamando Patriarcato ecumenico (ad esempio, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoliano).
Per molti secoli quindi il termine ecumenico è stato usato in modo improprio e solo verso la metà dell’Ottocento si arriva a una rivisitazione semantica della parola che condurrà agli albori del “secolo ecumenico”, l’inizio del Novecento.
I prodromi e la nascita dell’Alleanza Evangelica
Nel 1846 nasce a Londra l’Alleanza Evangelica dal comune desiderio di un gruppo di fedeli che volevano esprimere la loro unità al di sopra delle rispettive appartenenze a chiese o organizzazioni confessionali. Essi diedero un nuovo senso al termine “ecumenico” basato sull’unità cristiana biblica che fu inteso nel senso di fedele alla Scrittura e contro gli errori del cattolicesimo romano e del protestantesimo liberale.
Con la nascita del movimento missionario protestante vi fu una comprensione condivisa dell’esperienza di salvezza per sola grazia mediante la sola fede in Cristo.
Il quadro teologico della nascita dell’Alleanza Evangelica fu quello dei “risvegli evangelici” di cui i punti cardinali erano l’autorità biblica e il messaggio della salvezza per grazia soltanto con l’accento sulla conversione e l’enfasi su un impegno di vita all’insegna della santificazione. In sintesi si trattava di vivere l’Evangelo nella sua totalità e nella sua pienezza. Dunque l’Alleanza fu un progetto che prese le distanze sia dall’istituzionalismo cattolico e sia dal sentimentalismo liberale.
Dalla Conferenza di Edimburgo alla costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese
Il quadro generale storico agli inizi del Novecento era il seguente: nel mondo evangelico era iniziata l’era del pentacostalismo in seguito ai risvegli del Galles e di Azusa Street (1906), il movimento pentecostale dava voce ad una spiritualità dell’esperienza dello Spirito Santo nella vita del cristiano e si evidenziava nel dono delle lingue e risaltando l’opera dello Spirito Santo. Questo movimento fu subito trasversale alle chiese e quindi non poteva essere contenuto nei contenitori rigidi delle denominazioni evangeliche esistenti.
Sempre all’inizio del Novecento si fa scena anche il movimento fondamentalista che si basava su una rilettura liberale dell’Evangelo, questo scaturì l’aggregazione di diversi settori del protestantesimo conservatore che ribadirono i capisaldi fondamentali della fede cristiana che i liberali mettevano in discussione nella teologia “scientifica”: 1) l’ispirazione e l’inneranza delle Scritture; 2) la divinità di Gesù Cristo; 3) la sua nascita verginale; 4) la sua espiazione vicaria; 5) la sua resurrezione ed il suo ritorno. Questi cinque argomenti furono divulgati attraverso una serie di dodici opuscoli, The Fundamentals, che uscirono tra il 1909 e il 1915.
Contemporaneamente ai movimenti pentecostali e fondamentalista che erano per molti versi intrecciati tra loro, emergeva il movimento ecumenico che nella Conferenza missionaria di Edimburgo (1910) trova una piattaforma significativa sull’unità nel senso della missione comune contro l’accento fatto dal pentecostalismo che aveva posto l’accento sul fatto che l’unità cristiana non poteva essere basata sulla diplomazia dottrinale ma doveva essere basata sul vissuto cristiano che riflettesse la realtà di vite cambiate dalla potenza dello Spirito Santo.
Mentre il liberalismo vedeva nel movimento ecumenico nato ad Edimburgo, un’accettazione del cristianesimo “nominale” basato su una tradizione della vita cristiana e non sull’esperienza. Quindi con la Conferenza missiologica di Edimburgo nasceva un separatismo dovuto a motivazioni non superficiali che erano interpreti di una visione di unità diversa rispetto a quella della Conferenza del 1910.
L’ecumenismo di Edimburgo si evolse nelle conferenze di Vita e azione e poi di Fede e costituzione sino a costituire il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) ad Amsterdam nel 1948 dove le chiese protestanti “storiche” trovarono una forma federativa con le chiese ortodosse d’Oriente, l’unità veniva fondata sul “battesimo”.
Si intraprese una piattaforma teologica “pluralista” che spaziava dal tradizionalismo sacramentalista orientale alle mode della teologia protestante post-liberale entrambe biblicamente non compatibili.
Per questa ragione, nel 1951, venne fondata l’Alleanza Evangelica Mondiale che si collocava all’idealità dell’Alleanza Evangelica del 1846.
La svolta ecumenica del Vaticano II
Sulla scena ecumenica si era anche affacciata la chiesa di Roma. Il Concilio Vaticano II (1962-1965) si stava organizzando dopo le due guerre mondiali e portò una svolta con il “ritorno all’ovile” dei cristiani non cattolici e si impegnò nella stagione dei dialoghi teologici bilaterali, diventando presto il soggetto più attivo sullo scenario ecumenico. Sul progetto unitario si deve confrontare con tre poli di diversi progetti di unità. Il cattolicesimo manteneva la sua visione ecumenica basata sul papato.
Una succinta cronologia
1846 Nasce l’Alleanza Evangelica a Londra
1906 Azusa Street e nascita del movimento pentecostale
1909-1912 The Fundamentals
1910 Conferenza missionaria di Edinburgo
1925 Conferenza di Stoccolma di Vita e azione
1927 Conferenza di Losanna di Fede e costituzione
1928 Enciclica Mortalium animos di Pio XI
1947 Nasce il Segretariato attività ecumeniche SAE
1948 Fondazione del CEC ad Amsterdam
1951 Riprende le attività la WEF
1954 CEC – assemblea di Evanston
1959 Nasce la Conferenza delle chiese europee KEK
1960 Segretariato per l’unità dei cristiani
1961 CEC – assemblea di New Delhi
1962-1965 Concilio Vaticano II
1965 Gruppo misto di lavoro CEC – chiesa cattolica
1966 Congresso missionario di Berlino
1966 Appello di Lloyd-Jones all’unità
1968 CEC – assemblea di Uppsala
1968 Teologi cattolici partecipano a Fede e costituzione
1969 Paolo VI in visita al CEC
1973 Nasce la Comunione ecclesiale di Leuenberg
1974 Congresso missionario di Losanna
1975 CEC – assemblea di Nairobi
1975 Pubblicazione della TOB
1978 Prima riunione KEK-CCEE
1982 Redatto il testo BEM 1983 CEC – assemblea di Vancouver
1984 Giovanni Paolo II in visita al CEC 1986 WEF – Documento di Singapore: Prospettiva evangelica sul cattolicesimo
1989 Assemblea di Basilea (KEK e CCEE)
1991 CEC – Assemblea di Canberra
1989 Congresso missionario di Manila (Losanna II)
1995 Enciclica Ut unum sint di Giovanni Paolo II
1997 Assemblea di Graz (KEK e CCEE)
1998 CEC – Assemblea di Harare
2000 Congresso di Amsterdam sull’evangelizzazione
2006 CEC – Assemblea di Porto Alegre
2007 Assemblea di Sibiu (KEK e CCEE)
2010 Congresso missionario di Città del Capo (Losanna III)
2013 CEC – Assemblea di Busan.
I principali soggetti istituzionali
Il movimento ecumenico è di natura pluralista perché è composto da numerosi protagonisti con orientamenti e interpretazioni differenti tra loro.
AMBITO MONDIALE
CEC -Consiglio Ecumenico delle Chiese
Fondato ad Amsterdam il 22 agosto del 1948 è oggi formato da 349 chiese membro in oltre 100 paesi del mondo e rappresenta circa 400 milioni di credenti. Ne fanno parte la maggior parte delle chiese ortodosse, numerose chiese protestanti storiche (anglicane, battiste, luterane, metodiste, riformate).
Nel 1910 durante la Conferenza missionaria di Edimburgo sottolinearono la necessità di intraprendere un cammino comune per l’unità, eliminare ogni divisione e promuovere la missione nel mondo di cui il pioniere promotore fu John Mott (1865-1955). A seguito della Conferenza di Edimburgo fu formato il Consiglio missionario internazionale (IMC – International Missionary Council). Alla fine degli anni ’30 i due movimenti “Vita e azione” e “Fede e costituzione” si unificarono in un unico organismo.
Alla prima Assemblea di Amsterdam parteciparono 147 chiese ortodosse, anglicane e protestanti. Seguirono, ad Amsterdam, ecco l’elenco:
1) 1948 Amsterdam. Tema: ” Il disordine dell’uomo e il piano di Dio “.
2) 1954 Evanston. Tema: “Gesù Cristo, speranza del mondo”.
3) 1961 New Delhi. Tema: “Gesù Cristo, luce del mondo”.
4) 1968 Uppsala. Tema: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.
5) 1975 Nairobi. Tema: “Gesù Cristo libera e unisce”.
6) 1983 Vancouver. Tema: “Gesù Cristo, vita del mondo”.
7) 1991 Canberra. Tema: “Vieni, Spirito Santo, rinnova l’intero creato.
8) 1998 Harare. Tema: “Volgiti a Dio, gioite in speranza.
9) 2006 Porto Alegre. Tema: “Dio, nella tua grazia, trasforma il mondo.
10) 2013 Busan (Corea del Sud). Tema: “Dio della vita guidaci alla giustizia e alla pace”.
Circa 200 persone lavorano per il CEC a Ginevra che dal punto di vista teologico è stato lo specchio delle dinamiche della teologia contemporanea e di cui l’attuale segretario è il pastore luterano norvegese Olav Fykse Tveit. Il sogno del CEC è di essere l’ambito per convocare un concilio universale. Il suo movimento ecumenico è imponente e varieggiato, ha un’estensione mondiale ed è rappresentato da molte entità.
La premessa dell’unità promossa dal CEC è mal posta
La sua visione di unità è articolata nel documento “Battesimo, eucaristia, ministero (BEM)” del 1982. Questa visione biblica è sbagliata per due ragioni principali: primo è una visione multitudinista della chiesa e secondo la visione ecumenica riconosce valido qualsiasi battesimo nel nome della Trinità.
La confessione di fede del CEC è materialmente lacunosa e formalmente secondaria
Dal 1961 la confessione di fede del CEC è basata sulla confessione del Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture e sulla Trinità. Pur sembrando che fa riferimento alle Scritture solleva due interrogativi di fondo dal punto di vista evangelico: il primo riguarda ciò che essa omette su fondamentali aspetti della confessione di fede cristiana dell’Evangelo che non vengono contemplati ad esempio in riferimento ai nostri peccati e all’opera che Cristo ha compiuto per salvarci da essi (1 Cor. 15:3) e il secondo riguarda la funzione regolativa e disciplinare della confessione perché confessa alcune cose e ne rigetta altre non dichiarando l’Evangelo nella sua completezza e totalità.
L’obbiettivo del CEC confonde l’unità cristiana con l’universalismo religioso
Un’altra problematica è sul modo in cui si è sviluppato negli ultimi decenni sulla questione del dialogo con le religioni e sulla comprensione dell’unità cristiana pluralista, non crede nell’esclusività del Vangelo e l’evangelizzazione non mira alla conversione dell’altro. L’atteggiamento è di voler imparare dalle altre religioni e di camminare insieme nella ricerca che deve essere sempre aperta e in divenire. L’idea di fondo è l’universalismo della salvezza, cioè che tutti gli uomini saranno salvati dalla grazia di Dio (disegno ecumenico dell’universalismo).
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani
Con Giovanni XXIII iniziano i cambiamenti più significativi, l’ecumenismo non deve essere più subito ma la chiesa cattolica deve diventarne il promotore principale riacquistando la centralità dell’iniziativa. Dopo il concilio Vaticano II inizia la stagione del dialogo. L’ecumenismo è diventato, anche per la chiesa cattolica, l’orizzonte imprescindibile e una strada senza ritorno; un cammino ecumenico “irreversibile”. Il quadro della teologia dell’unità cattolica romana è diversa dai vari modelli di unità che il movimento ecumenico ha elaborato, è una teologia dell’unità “sacramentale e istituzionale” con centralità del sistema cattolico-romano e con modello di unità strettamente legata a quella del papato di cui il paradosso è che esso è “principio e fondamento” ma anche “requisito essenziale”. La rigidità cattolica e l’elasticità protestante non sono conciliabili. Nel corso dei secoli la sede di Roma ha avuto un ruolo primario nell’ambito della cristianità in cui esprime la posizione preminente del papa che possiede la prima parola sulle dichiarazioni della fede.
WEA – Alleanza Evangelica Mondiale e il Movimento di Losanna
L’Alleanza Evangelica Mondiale (WEA: World Evangelical Alliance) è l’organo più rappresentativo del firmamento evangelicale. Ne fanno parte 110 alleanze nazionali che rappresentano più di 600 milioni di credenti evangelici. A livello esecutivo è amministrata da un Direttore internazionale cui fanno capo le diverse Commissioni e i vari Dipartimenti. Si collega storicamente con l’Alleanza Evangelica fondata nel 1846 a Londra e il suo scopo è “proclamare l’unità che la chiesa di Gesù Cristo già possiede come suo Corpo”, con il desiderio di mantenere una continuità sulla visione dell’evangelizzazione, della comunione, della preghiera e della cooperazione. Un evento simbolico che ha promosso questa visione è il Congresso di Losanna per l’evangelizzazione nel mondo (1974) e che si è sviluppato e proseguito in due successivi Congressi: quello di Manila (1989) e quello di Città del Capo (2010). Evoca uno spirito contrassegnato da una visione della missione olistica e collaborativa è anche uno specchio delle prospettive geo-ecclesiali dell’evangelicalismo contemporaneo che valorizza i contesti culturali diversi di elaborazione missiologica. Le sue figure centrali sono state Billy Graham e John Stott (pp. 50). Losanna contribuì anche a rafforzare il senso di appartenenza evangelicale ad un movimento variegato nella fenomenologia e convergente nella teologia di fondo.
Il Direttore generale di Alleanza, Jun Vencer, ha diffuso una nota critica alla dichiarazione nordamericana Evangelici e cattolici insieme (1994) in cui sottolinea l’ambiguità di certe formulazioni presenti in questo documento americano e l’impossibilità di parlare di unità tra evangelici e cattolici date le persistenti differenze su questioni fondamentali della fede cristiana.
Malgrado i vari incontri e contatti dell’ultimo mezzo secolo tra evangelici e cattolici i rapporti rimangono incompatibili tra loro (pp. 56), perchè l’attenzione evangelicale è concentrata sulla missiologia invece il cattolicesimo ha altri interessi.
AMBITO EUROPEO
KEK – Conferenza delle Chiese Europee
Il KEK (Konferenz Europaischer Kirchen) fu costituito nel 1959 per superare la “guerra fredda” tra le chiese, raggruppa 126 chiese ortodosse, luterane, riformate, anglicane, metodiste, battiste, vecchio-cattoliche presenti in 26 paesi europei. E’ associata al CEC ma ha un’autonomia operativa. E’ promotrice della “Charta Ecumenica”, un documento pubblicato nel 2001, per l’evangelizzazione che comporti la chiamata ad uscire dalle chiese spurie, miste e nominali.
CCEE – Consiglio delle Conferenze episcopali europee
Il Consiglio Conferentiarum Episcoporum Europae (CCEE) è L’ORGANISMO CHE RIUNISCE LE VARIE Conferenze episcopali europee nato nel 1964 ha contatti con la KEK, ha promosso la “Charta Oecumenica” del 2001. Un’apposita Commissione (COMECE) delegata dal CCEE intrattiene i rapporti con le istituzioni europee e rappresenta la chiesa cattolica a Bruxelles e Strasburgo.
Comunione ecclesiale di Leuenberg
E’ stata fondata nel 1973 da alcune chiese luterane, riformate, unite e hussite che firmarono la Concordia di Leuenberg. Nel testo si dichiarava che le differenze sulla santa cena, sulle espressioni di culto e della spiritualità non erano più un ostacolo alla piena comunione.
AEE – Alleanza Evangelica Europea
L’Alleanza Evangelica Europea (AEE) è stata fondata negli anni Cinquanta ed è l’organismo regionale della WEA, di cui condivide storia e visioni. Rappresenta dieci milioni di credenti evangelici provenienti da 33 paesi europei. Tramite la Commissione società e affari pubblici è un interlocutore delle istituzioni europee a Bruxelles e Strasburgo.
AMBITO ITALIANO
CEI – Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo/Commissioni ecumeniche diocesane
Nella Conferenza episcopale italiana il Segretariato per l’ecumenismo e il dialogo promuove l’ecumenismo cattolico e a livello diocesano operano sul territorio le Commissioni ecumeniche diocesane cattoliche.
SAE – Segretariato Attività Ecumeniche
Il SAE è un movimento di laici di diverse confessioni cristiane impegnate nell’ecumenismo.
Nasce a Venezia nel 1947 da Maria Vingiani che ne diviene presidente e nel 1959 si trasferisce a Roma e si trasforma in Movimento nazionale, interconfessionale e laico.
Nel 1966 si costituisce in Associazione nazionale di laici e dal 1983 ha promosso la Settimana Ecumenica per la Pace.
Nel 1996 viene eletta nuova presidente nazionale Elena Milazzo Covini che trasferisce la sede centrale a Milano, le succede nel 2004 Mario (Meo) Gnocchi fino al 2012 che gli succede Marianita Montresor.
Nel 2014 è stata costituita L’Associazione Italiana Docenti di Ecumenismo e il SAE ne condivide la visione ecumenica di fondo.
Consigli locali di chiese
Negli ultimi anni si sono formate in alcune città e regioni italiane dei consigli di chiese che promuovono la sensibilità ecumenica e la collaborazione tra le chiese aderenti.
Il 20 dicembre 1993 è sorto a Venezia il Consiglio tra la chiesa valdo-metodista, anglicana, battista, cattolica, luterana e ortodossa. Ha come base teologica l’articolo 1 dello Statuto del Consiglio ecumenico delle chiese che ha sede a Ginevra.
Nel 1998 nasce a Milano il Consiglio delle chiese cristiane con la partecipazione delle Chiese: anglicana, cattolica ambrosiana, copta ortodossa d’Egitto, copta ortodossa d’Eritrea, cristiana protestante (luterana e riformata), esercito della salvezza, evangeliche battiste, evangelica metodista, evangelica valdese, ortodossa etiope, ortodossa romena, ortodossa russa (Patriarcato di Mosca), serbo-ortodossa, svedese e vetero-cattolica. Il Consiglio si è dotato di uno statuto in 10 articoli.
Nel 2004 è stato ufficializzato a Parma il Consiglio in vigore dello statuto, simili iniziative sono nate anche a Verona, Modena e Reggio Calabria.
Nel 2010 è stato costituito il Consiglio regionale delle chiese in Campania seguito nel 2011 da quello delle Marche.
FCEI – Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
La Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI)riunisce quasi tutte le denominazioni “storiche” del protestantesimo italiano e alcune chiese dell’area pentecostale-carismatica. Abbraccia una popolazione di circa 65.000 persone che corrisponde al 15% dell’intera popolazione evangelica italiana. Fu costituita ufficialmente a Milano il 5 novembre 1967.
AEI – Alleanza Evangelica Italiana
Fu promossa a Firenze durante la Conferenza internazionale organizzata da Paolo Geymonat nel 1891 dove parteciparono circa 600 delegati d’Europa e d’America dei quali 176 erano italiani. L’ideale dell’Alleanza riprese nel 1974 a seguito del Congresso europeo sull’evangelizzazione di Amsterdam del 1971.
Il 14 novembre 1974 nasceva a Firenze Alleanza Evangelica Italiana da un gruppo di evangelici con la comune volontà “per testimoniare di essere uniti in Cristo”, venne allora a colmare un vuoto che si era evidenziato nel contesto immediatamente precedente. Essa riprese i vecchi ideali ottocenteschi riguardanti la visione “risvegliata” della fede evangelica.
Modelli ecumenici di unità cristiana
Dopo aver tratteggiato il contesto storico generale e aver presentato i principali attori dell’azione ecumenica nel mondo contemporaneo è necessario soffermarsi sui progetti di unità che si sono confrontati nel “secolo ecumenico” e che si confrontano ancora oggi. L’unità che si desidera è sempre definita all’interno di una determinata ecclesiologia. Una breve rassegna critica sui principali modelli di unità della chiesa può aiutare ad inquadrare un aspetto fondamentale della questione ecumenica.
Il Quadrilatero di Lambeth (1888)
Il Quadrilatero di Lambeth è un movimento sull’unità del 1888 della chiesa episcopaliana degli Stati Uniti e consiste nei seguenti fondamenti dell’unità:
1) La Sacra Scrittura come Parola di Dio;
2) I simboli primitivi come regola di fede;
3) I due sacramenti istituiti da Cristo (battesimo e cena);
4) L’episcopato come espressione dell’unità di governo della chiesa
L’idea centrale è quella di un’unità organica che si esprime a tutti i livelli (confessionale, sacramentale, giurisdizionale) a differenza di Alleanza Evangelica che privilegiava l’unità dei credenti sulla base della comune professione di fede in Gesù Cristo all’interno di un vissuto cristiano. Il Quadrilatero incardina l’unità dentro un’ecclesiologia moltitudinista cioè caratterizzata dalla visibilità ordinamentale più che dalla fede personale.
Tra “unità organica” e “federazione di chiese” (1927-1937)
Il contrasto con l’ecclesiologia congregazionalista si manifesta subito durante la prima Conferenza mondiale di Fede e costituzione (FC) tenutasi a Losanna nel 1927, sulla espressione istituzionale (dall’unità cristiana all’unità ecclesiale) secondo il modello dell’unità organica mentre loro promuovevano la comune confessione di fede dei credenti.
La “neutralità ecclesiologica” (1950)
Il metodo plurale non definisce la natura degli organismi ecumenici che la rappresentano. Tuttavia si riscontra una certa tensione tra la dichiarata neutralità ecclesiologica del CEC e le sue affermazioni sulla chiesa, anche i suoi obiettivi rendono problematica la neutralità. Il CEC tiene tre Conferenze, durante la terza tenutasi a Lund nel 1952, prende coscienza dei limiti dell’ecclesiologia comparativa e della necessità del suo superamento. La novità di Lund consiste nel radicare di nuovo l’ecclesiologia nell’insieme del mistero trinitario e in particolare nel suo centro cristologico.
La “comunione pienamente impegnata” (1961)
La riflessione sui modelli di unità prosegue, quello di New Delhi del 1961 è la seguente: “Noi crediamo che l’unità è sia la volontà di Dio che un suo dono alla chiesa nei confronti di tutti coloro che sono battezzati in Gesù Cristo e lo confessano come Signore e Salvatore e sono riuniti dallo Spirito Santo in una comunione pienamente impegnata che professa l’unica fede apostolica, predica l’unico Vangelo, si riunisce nella preghiera comune e ha una vita comunitaria a servizio di tutti. Sono uniti in tutti i luoghi e in tutte le età per i compiti ai quali Dio li ha chiamati come suo popolo”. Lund sta affermando che la chiesa è l’insieme di persone che sono radunati dallo Spirito e confessano la loro fede in Cristo. Sono impegnati nell’ascolto della Parola e nella missione. L’assemblea di New Delhi compie un passo avanti sulla neutralità con il loro impegno su un ecumenismo che valorizzi la tradizione storica della chiesa, questo legittima un cristianesimo “nominale” che considera cristiani tutti coloro che si sono battezzati anche se non sono professanti.
La “comunione conciliare” (1967)
L’assemblea di New Delhi aveva incoraggiato lo studio del “fenomeno conciliare nei primi secoli della chiesa”, se il movimento ecumenico era partito con un inquadramento episcoliano l’ingresso delle chiese ortodosse nel CEC porta a una rivista sulla “conciliarità”. Sotto il comune riferimento alla conciliarità covavano spinte e tensioni irrisolte che evoca un periodo teologico e storico ingenuo. Nel 1854 la chiesa di Roma ha aggiunto il dogma mariano e nel 1870 quello papale. La chiesa ha sempre dovuto far fronte alla differenza, alla divisione e alla separazione
La “koinonia-communio” (1991)
Nell’elaborazione ecumenica irrompe negli anni Novanta il tema della comunione, un modello legato all’assemblea di Canberra (1991), il modello dice che l’unità della chiesa alla quale siamo stati chiamati è una koinonia che è data e si esprime: nella comune confessione della fede apostolica, in una vita sacramentale comune inaugurata dall’unico battesimo e celebrata insieme nell’unica comunione eucaristica, in una vita comune nella quale membri e ministri sono reciprocamente riconosciuti e riconciliati e in una comune missione che testimonia il vangelo della grazia di Dio e che serve l’intera creazione. Nella comunione le diversità sono condotte a formare un insieme armonico come doni dello Spirito Santo che contribuiscono alla ricchezza e alla pienezza della chiesa di Dio.
A Canberra si riconosce il significato positivo della diversità e della pluralità nel contesto della comunione basato sul fondamento apostolico.
“L’unità nella diversità riconciliata” (1974)
Nel modello dell’unità organica era implicita la convinzione secondo la quale l’unità potesse essere realizzata mediante fusione tra le diverse entità confessionali esistenti. All’esterno del CEC si sviluppa una riflessione che mette in discussione l’incompatibilità tra identità confessionali e impegno ecumenico. A Bossey nel 1974 viene formulata l’espressione “diversità riconciliata” quale idea guida per il cammino ecumenico. Nel 1978 la formula viene sostituita con “unità nella diversità riconciliata”, il dialogo non deve mirare ad un consenso che elimini la diversità in sé e per sé in quanto diversità riconciliata deve essere considerata la forma stessa dell’unità plurale della chiesa. Nel modello dell’unità della diversità riconciliata da un lato c’è la concezione favorita dai protestanti ecumenici imperniata sull’idea di unità come processo che salvaguardi la pluralità; dall’altra la concezione cattolica e ortodossa che propugna la restaurazione dell’unità mediante l’integrazione delle diverse confessioni in un’unità sacramentale ed istituzionale già esistente. Il movimento ecumenico vive in questo campo di tensione che, nonostante la plasticità dei modelli via via elaborati, non è stata risolta.
Il servizio al mondo come luogo di unità (1968)
Alla fine degli anni Sessanta si registra un mutamento di paradigma (K. Kaiser) nella comprensione dell’impegno ecumenico. Il paradigma classico è caratterizzato da un fondamento cristocentrico, una concezione sulla chiesa e un orientamento alla testimonianza cristiana. Ad Uppsala, si passa da un cristocentrismo esclusivo ad un cristocentrismo inclusivo che favorisce la relazione di unità della chiesa con l’unità del genere umano. Nell’impegno ecumenico vengono fatte convergere le dimensioni sociali, politiche ed ecclesiali relative all’unità della casa della vita. L’ecumenismo include nel dialogo le altre religioni; il suo fine è contribuire a rendere abitabile la terra, a questo proposito si parla di “ecumenismo allargato” o “macro ecumenismo”.
La koinonia implica una proposta rivolta a tutti gli esseri umani impegnati in uno sforzo morale e bisognosi di strutture e prospettive. Secondo questa visione il problema è stabilire una relazione tra l’impegno etico nel mondo e la vita ecclesiale imperniata sulla confessione e sui sacramenti, visione che contraddice con l’ecclesiologia presente nel CEC.
Unità piena ed imperfetta
Fino a qui abbiamo esaminato i modelli di unità elaborati e promossi nell’ambito del movimento ecumenico esterno la chiesa di Roma. L’influenza cattolica si è avvertita nelle elaborazioni di Fede e costituzione con le proposte di Rahner e Fries. Il cattolicesimo è stato attivo nell’elaborazione ecclesiologica del CEC e di altri organismi ecumenici. Vaticano II ha dato un impulso decisivo alla partecipazione cattolica all’interno del movimento ecumenico infatti un intero decreto del Concilio tratta il tema ecumenico dal punto di vista romano che distingue un tipo di unità “piena” e una “imperfetta”. L’unità piena esiste nella condizione in cui vi sia la medesima professione della fede, l’amministrazione degli stessi sacramenti da parte di un clero ordinato nella linea della successione sacramentale, la sottomissione alla stessa autorità episcopale di cui il ministero papale è il vertice ecclesiastico. Questi elementi si fondano nella pienezza della “comunione”. Vaticano II ha rilanciato una visione gradualista dell’unità dove l’alternativa sono graduati livelli di unità. Essendo il battesimo considerato l’atto sacramentale che incorpora a Cristo togliendo il peccato originale e operando la rigenerazione unisce in un certo modo tutti i cristiani che lo hanno ricevuto anche al di fuori della chiesa di Roma.
La visione gradualista dell’unità ha permesso al cattolicesimo post-conciliare di mantenere le sue prerogative romano-centriche e l’auto-comprensione ecclesiale in senso sacramentale e gerarchico. L’ecumenismo cattolico contemporaneo vive la tensione verso il raggiungimento della pienezza dell’unità.
L’unità differenziata nella professione di fede (1983)
Questo modello di unità è legato ai nomi di Karl Rahner e Hans Fries che hanno elaborato una proposta ecumenica che si articola in 8 tesi, con l’intento di aprire una via praticabile verso l’unità e sul principio della “gerarchia delle verità” del Vaticano II (UR 11). La concezione di verità si basa sull’accettazione delle fondamentali verità enunciate nella Scrittura, dei Simboli apostolico e niceno-costantinopolitano (tesi 1). Ciò vuol dire che nessuna chiesa può rifiutare un dogma (tesi 2). A motivo delle chiese che dissentano da questa visione e sono quindi inconciliabili per le rispettive diversità, si stabilisce un accordo differenziato nella professione di fede che tollera le differenze delle rispettive confessioni e le chiese diventerebbero chiesi particolari dell’unica chiesa (tesi 3) che accetta il ministero petrino come guida della cristianità (tesi 4), riconosce i diversi ministeri (tesi 5 e 7), rende possibile la comunione di ambone e di altare (tesi 8) e permette una piena comunione fraterna (tesi 6).
L’ecumenismo del sangue
Il cristianesimo perseguitato pone una nuova serie di interrogativi alla riflessione sull’unità dei cristiani. L’ecumenismo dei martiri è diventato l’ecumenismo del sangue essi sono perseguitati solo perché sono cristiani, questo testimonia la realtà di un’unità nella fede in Cristo e non nel battesimo. Sono cristiani in quanto professanti la fede in Gesù e sono uniti alla chiesa non perché sono battezzati ma perché sono credenti. La chiesa perseguitata decostruisce tutta l’impalcatura sacramentale dell’unità concepita in senso cattolico ed ecumenico e la basa sull’autorefenzialità.
L’ecumenismo del poliedro
Oltre all’ecumenismo del sangue, papa Francesco è anche promotore dell’ecumenismo basato sulla figura geometrica del poliedro. In geometria, il poliedro è un solido delimitato da un numero finito da facce piane poligonali che ammette difformità, differenze e variabilità, pur rimanendo una figura unitaria. Il poliedro ha una forma simile alla sfera ma è composta da molte facce, il papa ha applicato l’immagine del poliedro anche all’unità cristiana. Esso dà l’idea di un’unità a geometrie variabili basata sul rispetto dei soggetti coinvolti.
L’ecumenismo “spirituale”
Nei vari modelli di unità ecumenica del Novecento si è fatto strada anche quello “spirituale” di cui il simbolo è diventata la “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani” organizzata annualmente e congiuntamente dalla chiesa cattolica e dal CEC.
Approcci evangelici alla questione ecumenica contemporanea
Questo capitolo focalizza l’attenzione sul movimento evangelicale e sulla sua azione unitaria, sulla pluralità di posizioni sull’unità esistenti oggi in ambienti evangelici. Sarebbe necessario ampliare la riflessione ai contesti regionali o a situazioni storico-ambientali particolari. Due orientamenti generali che si possono riscontrare all’interno del movimento evangelicale sono: Martyn Lloyd-Jones e John Stott.
Martyn Lloyd-Jones tra l’esigenza della separazione e l’urgenza di una ecumenicità evangelica
Martyn Lloyd-Jones (1899-1981), la questione ecumenica ha avuto un ruolo di primissimo piano negli ambiti privilegiati gallesi dove Lloyd-Jones ha combattuto in prima persona.
Lloyd-John e la questione ecumenica
Lloyd-Jones ha affrontato le premesse e gli sviluppi dell’ecumenismo che per lui costituivano un tradimento della fede biblica e dell’eredità del protestantesimo, partecipò ad alcuni incontri promossi dal British Council of Churches tra il 1954 e il 1961. Secondo Lloyd-Jones il progetto ecumenico consisteva nel criterio dottrinale dell’unità sulla comunione e la cooperazione tra i sedicenti cristiani.
La base dell’unità cristiana: Il pensiero di Lloyd-Jones
Sul modello dell’unità ecumenico è riassunto in due sermoni predicato nel 1962 e con basi bibliche sul Vangelo di Giovanni cap. 17 e su Efesini cap. 4. L’unità è prodotta dallo Spirito Santo e riguarda le persone rigenerate; è opera di Dio ed è estesa a coloro che “sono stati dati” a Cristo dal Padre (Gv. 17:6; 9:11), a quelli che sono stati “chiamati a una sola speranza” (Ef. 4:4). Su queste basi l’unità non deve essere creata ma preservata e promossa fino al giorno del compimento dei tempi del Signore.
L’appello all’unità del 1966
Lloyd-Jones si è impegnato a fondo a favore di una “ecumenicità evangelica”. Il suo ministero lo ha impegnato con passione per l’unità evangelica. L’appello del 1966 è rivolto alle numerose interpretazioni, in seguito al susseguersi dei fatti avvenuti in questo tempo storici, Lloyd-Jones, prese le distanze dall’Allalleanza Evangelica Britannica e aderì al British Evangelical Council (BEC), un organismo nato negli anni Cinquanta che promuoveva l’unità tra i veri credenti a partire da una chiara presa di posizione contro il movimento ecumenico.
John Stott tra la necessità della permanenza nelle chiese miste e la promozione del dialogo
John Stott (1921-2011) è una figura di assoluto rilievo nel tentativo di delineare gli approcci evangelici alla questione ecumenica, rappresenta un evangelismo teologicamente ben definito ma ecclesialmente integrato in denominazioni miste.
L’identità anglicana di Stott
Stott è un esponente di primo piano dell’ala evangelica della chiesa d’Inghilterra che gli dà numerose occasioni di prendere parte alle varie iniziative di dialogo interconfessionale.
I criteri dell’unità
I convincimenti di Stott sulla natura dell’unità cristiana fanno riferimento a Gv. 17:20,23, appunto al modello di unità per la quale Gesù ha pregato” unità con gli apostoli, con il Padre e con il Figlio”. L’unità sarà gradita a Dio solo se è l’espressione visibile dell’unità nella verità e nella vita. Stott, di appartenenza alla chiesa anglicana, esclude l’unità di culto e di testimonianza con i cattolici (unità nella verità) ma collabora con cristiani professanti altre visioni in tema di culto e di testimonianza ma con i quali dissente in modo radicale sulla “verità scritturale”.
L’impegno per il dialogo
Stott è un evangelico che ha riflettuto a fondo sul dialogo, lo ha praticato intensamente e lo ha incoraggiato continuamente. Per lui il dialogo è una forma costruttiva della testimonianza cristiana dia nell’evangelizzazione sia nei rapporti con tutti coloro che si definiscono cristiani. Alla assemblea di Keele (1967) viene votato un documento che contiene una definizione di dialogo “è una conversazione durante la quale ognuno con serietà affronta l’argomento con l’altra persona e desidera ascoltare e imparare tanto quanto desidera parlare e istruire”.
Stott oltre all’influenza che ha negli ambienti anglicani ha anche un ruolo di rilievo al Congresso mondiale sull’evangelizzazione di Losanna (1974). La questione sul dialogo viene approfondita sul Congresso di Losanna II(1989), il Patto di Manila registra una diversità di posizioni sul movimento ecumenico pur in presenza di un comune impegno verso l’unità evangelica.
Per un ecumenismo evangelico: questioni e prospettive
Ogni forma di unità evangelica deve fare i conti con la peculiarità che caratterizzano il movimento evangelicale e va configurata in un assetto storico-istituzionale.
L’eredità del denominazionalismo
La parola “denominazione” appartiene al lessico evangelico così come la visione denominazionalista della chiesa. Il senso di appartenenza di molti evangelici sembra essere più legato all’affiliazione denominazionale che non all’identità evangelica in senso lato. Negli Stati Uniti si contano quasi 2000 denominazioni e 385.000 congregazioni locali.
Precisazioni terminologiche
La chiesa può legittimamente “denominarsi”, essa è pensata come un’entità che contiene le denominazioni. Il termine ha una valenza sia teologica e sia sociologica. Il fenomeno del denominazionalismo deve essere distinto da quello del “settarismo” in quanto la “setta” attribuisce a se stessa i caratteri di unicità ed esclusività in relazione alle prerogative della chiesa, negando quindi il riconoscimento di ecclesialità ad altri organismi che lo rivendicano. Mentre la denominazione si ritiene parte della chiesa, la setta si pensa come la chiesa.
Cenni storici sul denominazionalismo
Il primo denominazionalista è nel movimento di secessione dalla tribù di Giuda. Nelle chiese del Nuovo Testamento era presente in modo embrionale (1Cor. 1:2). Anche la chiesa dei primi secoli ha dovuto affrontare questo problema. La Riforma protestante vede la proliferazione del numero delle chiese che si separano secondo le proprie confessioni de fede comunque legate a Cristo. Il periodo dei risvegli evangelici è associato a Wesley e Whitefield. Nel Novecento si espande il movimento carismatico.
Criteri di formazione e fattori di coesione delle denominazioni
La genesi denominazionale è favorita da molteplici fattori, la fenomenologia storica è legata ai criteri dell’omogeneità linguistica, culturale ed etnica dei raggruppamenti ecclesiali. Oltre alle questioni dottrinali hanno avuto un ruolo di grande importanza nella nascita delle denominazioni l’apostasia, le dispute dottrinali e la conseguente nascita di realtà ecclesiali, le questioni d’ordine disciplinare i cui soggetti interessati hanno creato intorno a loro nuove strutture ecclesiali su questo filone è innescata l’influenza carismatica. Le ragioni legate alle diverse concezioni e pratiche dell’ordinamento della chiesa non sono da trascurare perché i criteri di formazione delle denominazioni hanno rispecchiato quelli che presiedono la dinamica sociale più generale.
Denominazionalismo e unità evangelica
La visione denominazionalista della chiesa ha inciso profondamente sul modo in cui l’ecumenismo evangelico è stato concepito e vissuto causando una serie di conseguenze negative sulla vita della chiesa e sulla causa dell’unità della chiesa. A tutte queste conseguenze se ne potrebbero aggiungere altre.
Il ruolo delle agenzie paraecclesiali
Nel contesto contemporaneo, l’ecumenismo evangelico, ha un basso profilo ecclesiale e un alto profilo paraecclesiale.
Un’unità fuori dalle chiese
L’unità è stata promossa nella maggior parte da movimenti paraecclesiali. Sul piano internazionale uno di questi movimenti è l’Alleanza Evangelica Mondiale con il Movimento di Losanna, i Gruppi biblici universitari, agenzie missionarie quali Operazione Mobilitazione, Congressi quali Missione 80-99 poi trasformatosi in Mission-Net, ecc. Storicamente la nascita delle agenzie paraecclesiali si può ricondurre al Settecento e la sua crescita ha introdotto un cambiamento nella configurazione dell’evangelismo. Nel corso del tempo l’attivismo paraecclesiale è cresciuto in modo inversamente propozionale all’impegno ecumenico delle chiese. C’è da sottolineare che “Dio non ha autorizzato le denominazioni. Esse non sono contemplate per il governo della chiesa del Nuovo Testamento. Le denominazioni sono il risultato del peccato. Non è sbagliato usarle per avvicinarsi in qualche modo al tipo di governo ordinato dalla Scrittura, ma esse non hanno il diritto esclusivo di governare il ministero del popolo di Dio”.
L’enfasi attivista
Nel corso della storia il movimento ecumenico associato al CEC ha articolato la propria iniziativa ecumenica in tre direzioni principali: 1) la missione; 2) l’azione sociale; 3) la riflessione teologica. Questa triplice enfasi è considerata un elemento irrinunciabile del progetto ecumenico complessivo del CEC. Dal canto suo, l’Alleanza Evangelica Mondiale, attraverso il lavoro delle sue commissioni ha perseguito un’azione ecumenica imperniata sempre sul triplice filone della missione, dell’impegno a favore della giustizia sociale e sull’approfondimento teologico.
Un bilancio provvisorio
Queste riflessioni inducono a svolgere qualche riflessione sulla portata complessiva dell’ecumenismo evangelico per quanto attiene al metodo ecumenico, ai soggetti ecumenici ed ai contenuti ecumenici.
Un triplice consuntivo
In primo luogo l’ecumenismo è stato costruito su una visione mistica dell’unità più che sulla base di una vera fondazione teologica della stessa.
In secondo luogo l’unità ha visti impegnati soggetti istituzionali che non la hanno favorita.
In terzo luogo l’unità è stata vissuta su contenuti che non esauriscono l’ampiezza, la ricchezza e la profondità delle motivazioni dell’ecumenismo evangelico.
In definitiva l’ecumenismo contemporaneo è acerbo in quanto radicamento teologico, improprio rispetto ai protagonisti che lo hanno promosso e parziale per quanto riguarda i fuochi d’interessi perseguiti.
Quale ecumenismo evangelico?
Alla luce di quanto osservato a proposito dell’eredità del denominazionalismo è necessario problematizzare la visione denominazionale della chiesa senza assuefarsi alla sua ineluttabilità e non rassegnarsi alla sua intangibilità. Il superamento delle denominazioni può apparire demagogico ed utopistico, per favorire il processo di ripensamento dei modelli ecclesiali urge un maggiore e progressivo assorbimento della coscienza dell’identità evangelica unita al senso di appartenenza al popolo di Dio. Un altro aspetto che merita di essere rivisto è la distinzione tra “unità spirituale” dei credenti e “unità strutturale” o “istituzionale” tra le chiese.
Il mondo ecumenico contemporaneo vive tre progetti di unità: quello cattolico, quello delle varie correnti neo-liberali ed infine quello del cammino evangelico. Resta da vedere quale dei tre progetti menzionati sarà in grado di reggere le pressioni dell’età contemporanea e meglio rappresentare il disegno biblico dell’unità voluta dal Signore.
Il battesimo e l’unità dei cristiani. Una prospettiva evangelica
Questo saggio è stato pubblicato con il titolo “Il battesimo e l’unità dei cristiani. Confronto con la prospettiva evangelica protestante”, in Parola e Tempo XI/11 (2012) pp. 183-187.
Nella storia delle varie correnti del protestantesimo, il battesimo è stato oggetto di dibattito teologico ed ecclesiale più che un pacifico e scontato segno d’unità. La Riforma ha riconosciuto nel battesimo uno snodo dell’iniziazione della fede cristiana. Il ritorno alla Scrittura (ad fontes) ha comportato la rivisitazione critica della teologia e della prassi del battesimo ed ha spronato la chiesa a sviluppare la fedele creatività rispetto alla Parola di Dio. Il battesimo è una specie di case-study dell’impatto riformatore che il protestantesimo ha avuto e continua ad avere per spronare la chiesa a una maggiore aderenza e fedeltà al Signore che si è rivelato tramite la Sua Parola. Il battesimo in merito alla relazione di unità tra cristiani ha delle ripercussioni.
Battesimo e unità del corpus christianum
La Riforma ha dato al battesimo diversi significati esterni. La teoria del corpus christianum aveva portato alla coincidenza tra la comunità della chiesa della chiesa e quella dello stato. Una persona era cristiana in quanto cittadino e cittadino in quanto cristiano. Il battesimo era allora diventato un rito di passaggio. Anche la Riforma magisteriale fu condizionata da questa teoria mentre la Riforma radicale (l’anabattismo) ha spezzato questo uso improprio. La battaglia dell’anabattismo fu motivata dalla giusta necessità di distinguere le due comunità: quella spirituale della chiesa cristiana e quella pubblica della comunità civile. L’anabattismo ha valorizzato il profilo cristiano del battesimo, liberandolo dalle sovrastrutture civili che lo hanno reso un altro ordinamento.
Battesimo e unità dei professanti
Nel Nuovo Testamento il battesimo segue la dichiarazione pubblica della fede del battezzando ed è amministrato in chiesa dopo la predicazione del Vangelo. E’ un segno della fede professata da parte del battezzando in virtù di una testimonianza di fede ricevuta viene battezzato in quanto credente in Cristo Gesù. Il battesimo come segno di unità riguarda i credenti professanti che sono stati battezzati dalla chiesa. Il criterio di unità risulta rovesciato, non è il battesimo che unisce ma la fede ricevuta soltanto tramite la grazia di Dio, che unisce tutti i credenti “convertiti” e “battezzati” come i “nati di nuovo” (coloro naturalmente che credono in Cristo).
Battesimo e domande aperte sull’unità dei cristiani
Questa visione del battesimo è molto distante dall’accezione cattolico-romana ed anche da quella ecumenica elaborata nel documento di Lima: Battesimo, Eucaristia, Ministero (BEM).
L’unità cristiana è fondata su Gesù Cristo ed è praticata dai credenti in Lui. La teologia evangelica si pone molti interrogativi, in proposito: a) se il battesimo sia portatore di un’efficacia sacramentale o se non abbia un ruolo testimoniale successivo alla conversione; b) se il battesimo sia l’evento-soglia d’ingresso nel popolo di Dio o se non sia la risposta alla grazia ricevuta ad introdurre nel popolo di Dio; c) se il battesimo sia il segno d’unità isolando dalle altre qualificazioni dell’unità (secondo Ef. 4:4,6 ad esempio) o se non sia un elemento necessario ma non sufficiente di per sé all’unità. Si tratta di interrogativi densi che disegnano un orientamento diverso alla traiettoria teologica. Nella visione evangelica, l’unità cristiana, non si fonda su nessun ordinamento che non sia la grazia di Dio. L’unità è figlia del primato di Dio più che un atto sacramentale della chiesa. L’iniziativa alla fede è compiuta dalla grazia di Dio ed è testimoniata dal battesimo. L’unità è reale ed è già data tra tutti i discepoli di Gesù Cristo la cui vita è stata salvata dall’incontro con lui.
Prospettive bibliche sull’unità cristiana
Meditazione biblica su Efesini 4:1,16 tenuta all’Assemblea del Distretto Centro-Nord dell’Alleanza Evangelica Italiana (Bologna, 19 gennaio 2002).
L’AEI esiste su una scommessa: quella dell’unità. La sua ragione e motivazione di essere è l’unità.
Si tratta di un’unità qualificata, anzi autoqualificata ed è un’unità dello Spirito, fuori dal quale (per gli evangelici) non può esistere unità. Lo Spirito evoca l’azione di Dio trinitario: Padre, Figlio e Spirito. L’unità evangelica è teologicamente qualificata, la confessione di fede dell’Alleanza è ben precisa sulla dimensione trinitaria:
1) Noi crediamo nelle Sacre Scritture date originalmente da Dio, divinamente ispirate, infallibili, completamente affidabili e suprema autorità in tutte le materie di fede e condotta;
2) In Dio, eternamente esistente in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo;
3) Nel nostro Signore Gesù Cristo, Dio manifestato in carne, nella sua nascita verginale, nella sua vita senza peccato, nei suoi miracoli divini, nella sua morte vicaria ed espiatrice, nella sua resurrezione corporale, nella sua ascensione, nella sua opera mediatoriale e nel suo ritorno personale in potenza e in gloria;
4) Nella salvezza degli uomini perduti e peccatori attraverso il sangue versato del Signore Gesù Cristo mediante la fede senza le opere e nella rigenerazione per mezzo dello Spirito Santo;
5) Nello Spirito Santo che, dimorando nel credente, lo mette in grado di vivere una vita santa, di testimoniare e di operare per il Signore Gesù Cristo;
6) Nell’unità dello Spirito di tutti i veri credenti, nella Chiesa, il Corpo di Cristo;
7) Nella resurrezione sia dei salvati e sia dei perduti; coloro che sono salvati in resurrezione di vita, coloro che sono perduti in resurrezione di dannazione.
Molti credenti perseguono un’unità diversa che non dipende dallo Spirito ma l’Alleanza è rigorosa sul solco dell’unità fondata sullo Spirito.
L’unità dello Spirito è un’unità già data da Dio e quindi non è da perseguire ma bensì da mantenere. La base dell’unità quindi non è creata dall’Alleanza ma è semplicemente conservata da essa.
L’unità dello Spirito è data da Dio, troviamo le sue basi in Efesini capitolo 4 che ci ricorda che dobbiamo mantenerla, conservarla e salvaguardarla. L’unità è data ma si è sgretolata e disgregata a motivo del peccato. L’Alleanza è uno strumento a servizio della conservazione dell’unità, essa è uno strumento di Dio a servizio della conservazione dell’unità.
Testo di una predicazione su Giovanni 17:23 tenuta in occasione della Settimana Mondiale di Preghiera dell’Alleanza Evangelica Europea (Roma, 16 gennaio 2011)
Il 2011 è stato un anno importante per l’Italia, si sono celebrati i 150 anni da quando nel 1861 fu proclamato il Regno d’Italia unito che comprendeva il Nord e il Sud e di cui Roma diventa capitale della Nazione italiana nel 1870.
L’unità d’Italia. In che senso l’Italia è unita? Da sempre si discute su che cosa rende unita l’Italia e in occasione della celebrazione (come Nazione) dei suoi 150 anni, l’Alleanza Evangelica ricorda il senso dell’unità cristiana e sottolinea la difficoltà nel comprendere cosa rende unita l’Italia. La predicazione, in quell’occasione, sottolinea che la chiesa è unita perché ha un unico mediatore: Gesù Cristo, che definisce chi sono i suoi, chi appartiene alla chiesa, chi gli è stato donato dal Padre, chi è custodito dal Figlio e chi ha riconosciuto Gesù come il Figlio di Dio inviato dal Padre per la salvezza del mondo. Appartengono alla chiesa i credenti in Gesù Cristo, coloro che sono nati di nuovo, coloro che professano la fede cristiana. Gesù non prega per l’unità di tutti gli uomini, né per un’unità generica e sentimentale. Gesù prega per un’unità tra credenti dei figli di Dio. Questa è l’unità su cui si fonda la Scrittura ed è stata celebrata, nel 2011, in occasione della Settimana di preghiera.
Uniti….perché Dio è uno! La ragione dell’unità cristiana è che Dio è uno e trino allo stesso tempo. Essere uniti a Dio è la base dell’essere uniti tra noi, solo chi è unito con Dio può essere unito con gli altri credenti.
L’unità d’Italia è fragile, l’unità delle Nazioni Unite è più sulla carta che sulla realtà, l’unità dell’Unione europea è debole, persino l’unità della famiglia e degli amici più intimi è soggetta a crolli e rotture. Contrariamente, l’unità cristiana dura da sempre perché la trinità di Dio dura per sempre ed è un’unità vincente, indistruttibile perché è l’estensione dell’unità di Dio. L’unità cristiana è basata nella trinità di Dio ed è per questo che è sicura, solida e vincente. La chiesa Breccia di Roma vuole essere un luogo in cui si contempla l’unità di Dio, si gode la comunione con lui, si impara a vivere servendo l’unità cristiana, si sperimenta l’unità nella diversità, si valorizza la riconciliazione che crea l’unione. La chiesa può essere unita solo nella misura in cui è unita a Dio. Si può essere uniti a Dio solo attraverso la fede in Gesù Cristo perché il peccato ci ha separati dal Padre mentre Cristo (attraverso la fede in lui) ci riconcilia.
Essere uniti a Dio significa anche prendere parte alla sua missione nel mondo e per il mondo, non è solo da declamare o da contemplare. Come il Padre ha mandato il Figlio, così il Figlio manda i suoi. Essere uniti a lui vuol dire partecipare con la propria vita ad un grandioso progetto: mostrare al mondo che il Padre ha mandato il Figlio e chiunque crede in lui può essere salvato. L’unità è lo strumento più potente che testimonia la grandezza di Dio e invita il mondo a credere in lui. Questa è la nostra missione. Continuiamo a viverla oggi e per tutta la vita che Dio ci darà per glorificare Dio e gioire in lui per sempre.
Marco Lanzarotta | Notiziecristiane.com
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