(ve/vatiradio) La decisione arriva dal Consiglio Superiore degli Ulema, massima autorità religiosa del Paese, che ha ribaltato una sentenza di contenuto opposto decretata nel 2012. Il commento di Paolo Branca, docente di Islamistica e di Storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano.
È legittimo parlare di una “svolta storica”?
Sì, perché per la prima volta questa cosa viene riconosciuta come principio. In pratica, già la pena di morte per apostasia non veniva applicata nella maggior parte dei casi, con soluzioni – diciamo così – di comodo…
Paolo Branca, islamista
La decisione del Consiglio Superiore degli Ulema è subito operativa?
Io credo di sì, perché il Marocco sta facendo tanti passi avanti, nel senso che il Codice civile già anni fa ha introdotto importanti diritti per le donne, compresa la possibilità di separarsi dal marito, cosa che la legge islamica tradizionale prevede soltanto per il maschio, che può ripudiare la donna; invece, questo Codice equipara i due coniugi. E poi c’è stato anche l’importante documento di Marrakesh di circa un anno fa, dove le minoranze religiose venivano dichiarate da rispettare, in base al principio di cittadinanza, quindi riconoscendo un principio universale.
Questa decisione arriva a pochi giorni dal rientro del Marocco nell’Unione Africana, si dice per volontà del re Mohammed VI, che sarebbe interessato a riportare il suo Paese nel pieno della scena internazionale. Potrebbe esserci quindi un collegamento?
Credo di sì. Penso che non soltanto il Marocco, ma anche noi – i Paesi dell’Europa, soprattutto l’Europa mediterranea – dovremmo essere interessati al futuro dell’Africa che nei prossimi 30 anni raddoppierà la propria popolazione mentre quella europea rimarrà stabile, grazie alle immigrazioni. Quindi uno sviluppo nel senso giusto soprattutto dei Paesi rivieraschi, ma poi anche del resto dell’Africa, è lungimirante nell’interesse di tutti.
Venendo all’aspetto religioso, in verità il Corano non prescrive la pena di morte per chi abbandona l’Islam …
No, affatto. Ma neanche la lapidazione per l’adulterio: sono tutte cose che sono state attribuite al Profeta nella sua tradizione detta “Sunna” e che vanno contestualizzate, ovviamente. Quando la comunità islamica era molto piccola, quando a compiere la famosa migrazione dalla Mecca a Medina erano circa 70-80 persone, la defezione poteva essere un alto tradimento, che metteva a rischio la sopravvivenza della comunità. Oggi i musulmani sono un miliardo e 600 milioni: penso che se uno abbandona la fede, non mette a rischio la sopravvivenza di nessuna comunità religiosa, ovviamente.
Può essere, il Marocco, l’avanguardia di una nuova sensibilità che è maturata nel mondo musulmano?
Lo spero, anche perché il Marocco tutto sommato è un Paese abbastanza stabile, non è stato sconvolto dalle primavere arabe come altri, che sono finiti in situazioni piuttosto difficili, anche di mancanza di sicurezza; può essere un Paese-leader – diciamo così – non solo del Maghreb, ma di tutta l’area nordafricana e mediorientale, insieme ad altre monarchie illuminate come per esempio la Giordania.
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