Matrimoniale al divorzio. Uomo non cedere alle attrattive della separazione e del divorzio, ma impegnati con tutta la sapienza che Dio ti ha dato con il dono dell’evangelo a rendere il tuo matrimonio bello e armonioso.
MATTEO 5: 31-32
Gloucho Marx, uno dei cinque fratelli comici americani, famosi negli anni venti e trenta per le loro gags esilaranti del cinema muto e sonoro, ebbe a dire a proposito del divorzio: “ Il matrimonio è la causa principale del divorzio”, volendo dire che è meglio non sposarsi perché il matrimonio precipita inevitabilmente nel divorzio. Infatti, il giornalista Roberto Gervaso con il suo aforisma è in sintonia con Gloucho Marx: “il matrimonio è il primo passo verso il divorzio”. Il 1° dicembre del 1970 in Italia il divorzio viene introdotto nell’ordinamento giuridico con la legge n.898, la cosiddetta legge Fortuna-Baslini. L’istituto giuridico del divorzio oramai è parte integrante di ogni ordinamento giuridico degli Stati occidentali, registrando un’alta percentuali di separazioni e di divorzi. La pratica del divorzio, purtroppo, investe pure la Chiesa. Molti credenti divorziano senza che la loro fede possa perlomeno essere una rilevante e solida arma spirituale-cristiana che potrebbe fugare e neutralizzare dubbi e cause e dirimere le controversie tra i coniugi. Se da una parte l’istituto del matrimonio (lat. Matrimonium, che è una parola composta da “mater”, “madre” e “munus”, “dovere, compito”, ossia legame che rendeva legittimi i figli nati dall’unione) appartiene alla legge civile attraverso cui viene legalizzata l’unione dei coniugi, godendo di diritti e di doveri, dall’altra il matrimonio è anche nella fede cristiana un ordine divino che dona legittimità e garanzia alla decisione di due persone che vogliono condividere la loro vita per tutta la loro esistenza (cfr. Gen.2:24). Ed è proprio il comandamento divino la base su cui si costruisce il matrimonio tra i cristiani. Premettendo che la norma divina dell’indissolubilità del matrimonio disciplina ogni matrimonio contratto, tuttavia, essa responsabilizza particolarmente i cristiani, perché a loro è rivolto il comando divino di non separarsi dal proprio marito o dalla propria moglie.
La terza antitesi di Gesù è un severo monito rivolto ai cristiani di non ricorrere all’istituto giuridico del divorzio. Esso recita nel seguente modo: “Fu detto: “Chiunque ripudia una moglie le dia l’atto di divorzio” Ma io vi dico: chiunque manda via sua moglie, salvo che per motivo di fornicazione, la fa diventare adultera e chiunque sposa colei che è mandata via commette adulterio” (Mt 5:31-32).
Le prime parole dell’antitesi richiamano in mente il testo biblico di Deut. 24:1 -4. In questo testo è evidenziato in maniera velata l’indissolubilità del matrimonio. Se esso è stato accordato è per l’insensibilità del giudeo(cfr. Mt 19: 8). L’istituto giuridico della legge mosaica sul divorzio è una concezione divina, non una approvazione di Dio. E’ doveroso anche aggiungere che l’istituto del divorzio contemplato nell’antico ordinamento giuridico mosaico è estremamente diverso da quello appartenente all’ordinamento giuridico degli stani moderni. Infatti , quest’ultimo disciplina la decisione unilaterale di uno dei coniugi o consenziente di entrambi i coniugi di annullare il loro matrimonio, legalmente approvato, mentre quello mosaico concedeva solo all’uomo ebreo , e non alla donna, il diritto di ripudiare la propria moglie per mezzo di una unilaterale dichiarazione scritta contro la quale no vi era alcuno appello. Al tempo di Gesù esistevano due scuole di pensiero che cercavano di interpretare la legge mosaica sul divorzio, ossia quella di Shammai e quella di Hillel. La prima evidenziava una interpretazione rigorosa della legge sul divorzio, interpretando “qualcosa di indecente” di Deuteronomio 24:1 con l’impudicizia sessuale dell’adulterio sulla base di testimonianze certe e , forse, per la scoperta di un reato sessuale consumato prima del matrimonio. La scuola di pensiero di Hillel, che era quella che i farisei adottavano, definiva reato passibile di divorzio qualsiasi lagnanza del marito( si ripudiava la moglie perfino se essa era una cuoca mediocre). Il divorzio ai tempi di Gesù era visto quasi come un comandamento. Contro una tale macchinosa, irriverente, dissacrante concezione del matrimonio nutrente il pensiero farisaico, che facilmente e irresponsabilmente sfociava nel divorzio, si alza il forte, accorato grido di disapprovazione di Gesù con il suo “ma io vi dico”. A questo punto può esserci utile il passo parallelo di Matteo 19:3-9 per comprendere meglio il pensiero radicale di Gesù contro il divorzio. In questo passo Gesù risponde a una domanda-tranello dei Farisei circa la liceità del divorzio: “E’ lecito mandare via la moglie per qualsiasi colpa?” (gr.Ei exestin antropo apolusai ten gunaika autu katà pasan aitian?), chiesero i Farisei a Gesù. Secondo l’aspettativa dei Farisei, una risposta radicale di Gesù contro il divorzio, che era liberamente praticato dai suoi contemporanei, avrebbe potuto causare un calo di popolarità tra la gente. Ma la risposta di Gesù inchioda il partito dei Farisei nella loro infedeltà ai comandamenti divini. Gesù rimanda i Farisei alla lettura dell’opera creazionale di Dio dell’uomo e della donna e della inviolabilità dell’istituzione divina del matrimonio (Gen.1:27, 2:24), aggiungendo autorevolmente che “quello che Dio ha unito l’uomo non lo separi”, perché esso è un unico corpo. Inoltre, incalzato ancora dalle domande cavillose dei Farisei, appellandosi alla legge mosaica(probabilmente perché essi, essendo stati smascherati dalla loro ipocrita interpretazione della Scrittura, volevano autogiustificarsi) Gesù pronuncia autorevolmente una sentenza senza appello contro il divorzio, ripetendo le stesse parole che noi leggiamo nella terza antitesi: “Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivi di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Mt19:9). Gesù riporta alle origini l’istituzione divina del matrimonio come una esclusiva e duratura unione, una unione che è opera di Dio e che l’uomo non deve rompere. L’uomo, separandosi da sua moglie e sposando un’altra donna, si rende colpevole di adulterio, e rende adultera anche la moglie nel caso in cui essa sposa un altro uomo.
Tuttavia, ascoltando o leggendo le parole di Gesù contro il divorzio, possiamo arguire che una eccezione è ammessa. Gesù dice: “… eccetto in caso di fornicazione (gr. porneia) …” Egli ammette che l’uomo può separarsi da sua moglie solo e soltanto in caso di infedeltà coniugale.
E doveroso dire che alcuni esegeti espungono questo detto di Gesù come una glossa, ossia una frase non autentica di Gesù, aggiunta da Matteo , perché è assente sia in Marco che in Luca. Noi accettiamo l’autenticità del detto di Gesù, non solo come una parte genuina dell’evangelo di Matteo, in quanto che nessuno manoscritto lo omette, ma anche come una parola autentica di Gesù. Il fatto che sia Marco (Mc 10:11) che Luca (16:18) non lo riportano nel loro evangelo sta a significare che il suo significato è implicito nel discorso complessivo di Gesù. Matteo, lo riporta perché, essendo i suoi lettori cristiani provenienti dall’ebraismo ed essendo imbevuti di catechesi farisaica, era necessario sottolineare l’unica eccezione ammessa che infrange e annulla di fatto il matrimonio, ossia l’infedeltà coniugale, o, per dirla con un linguaggio più colorito a noi molto familiare, andare a letto con un altro/a, o far sesso con un altro/a.
La parola greca usata da Matteo è “porneia”, che deriva da “pornè”, ossia prostituta. Essa è usata nella Septuaginta per l’infedeltà di Israele , la sposa di Yahveh, come noi leggiamo in Osea 1:2-3. Questa parola include il significato di fornicazione, di adulterio o di qualsiasi vizio immorale: “porneia” significa immoralità sessuale. Che cosa Gesù vuole intendere con l’affermare che solo in caso di fornicazione l’uomo può lasciare sua moglie, divorziando da lei? L’unione sessuale implica l’unione di due persone, formando una sola carne. Di conseguenza, quando uno dei due coniugi si diletta nel tradimento extraconiugale, egli ha rotto l’unione coniugale, annulla il matrimonio, poiché crea al suo posto una nuova unione sessuale. La relazione adulterina era punibile nell’Antico Testamento con la pena capitale (Deut.22:20-22). L’unione sessuale determina una unione permanente(cfr. 1^Cor.6:15ss.). La separazione dal coniuge era il naturale risultato della violazione della fedeltà coniugale a causa di una creazione di una nuova unione, decretando di fatto la fine del matrimonio. Ma il divorzio in sé, ossia la rottura di un matrimonio ancora intatto è rigorosamente proibito da Gesù.
Certamente, l’insegnamento radicale di Gesù mal si coniuga con il costume sociale e morale di oggi. Nella società occidentale si ricorre facilmente al divorzio. Questa pratica, purtroppo investe anche la chiesa come già precedentemente avevo accennato. L’applicazione radicale dell’insegnamento gesuano causa seri problemi pastorali. Senz’altro è richiesto dai pastori una grande sensibilità nell’affrontare seri problemi matrimoniali. La coppia oggi è seriamente minata da problemi diversificati, che oscillano dall’incompatibilità caratteriali alle incomprensioni culturali, causando una irreversibile rottura tra i coniugi e, quindi, la morte del matrimonio. Senz’altro, l’incomprensione tra i coniugi sfocia quasi sempre nell’instaurare una relazione extraconiugale, determinando di fatto l’annullamento del matrimonio secondo la concezione cristiana. Io credo che la coppia cristiana abbia una grande arma di difesa dalla tentazione di ricorrere alla separazione e al divorzio: è la fede in Cristo. La coppia cristiana minacciata seriamente dal fantasma del divorzio ha la libertà-responsabilità di applicare l’insegnamento evangelico della riconciliazione nella loro vita conflittuale anche se essa sia stata avvilita dalla consumazione dell’adulterio. L’insegnamento complessivo di Gesù è quello di salvaguardare la durevolezza del matrimonio fino a che la morte non sopraggiunga, come abitualmente si ascolta nella celebrazione dei matrimoni cristiani. Dio stesso ci insegna che la riconciliazione è l’unica strada da battere, mostrando egli stesso di tendere la mano a Israele, sua moglie infedele. L’intervento pastorale deve evitare di discutere intorno a quello che legittimamente determina il divorzio, perché facendo così rischia di entrare nella spirale di una antipatica condotta farisaica che Gesù stesso condanna. L’enfasi di Gesù sul matrimonio assume un carattere rigorosamente propositivo, considerando l’istituzione del matrimonio come una esclusiva e duratura relazione ed esortando i coniugi, che sono alla sequela di Gesù, di amarsi e perdonarsi l’un l’altro e ad essere costruttori di pace in ogni situazione conflittuale, fosse anche l’adulterio la causa scatenante il conflitto. Ha ragione Giovanni Crisostomo (344/54-407 d.C.), uno dei più autorevoli padri della Chiesa,quando afferma, commentando il passo: “…Poiché egli che è mansueto, e costruttore di pace e povero in ispirito e misericordioso, come può rifiutare sua moglie?”
E’ un tragico decadere dalla grazia se una coppia cristiana declina dalla vita.
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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