Come già ricordato da queste colonne, il disegno di legge sul cyberbullismo attualmente all’esame in Parlamento ricomprende anche gli atti cosiddetti omofobici. Questo disegno di legge risponde in modo esatto alle indicazioni fornite dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco). Infatti nel maggio di quest’anno l’Unesco ha pubblicato un report dal titolo “Fuori all’aria aperta. Le risposte del settore educazione alla violenza basata sull’orientamento sessuale e sull’identità ed espressione di genere”.
Secondo l’Unesco questo report rappresenta ad oggi la più approfondita indagine a livello mondiale su “omofobia” e “transfobia”, soprattutto in seno alle scuole, che mai sia stata realizzata. Le fonti sono una revisione di articoli scientifici, precedenti indagini territoriali promosse sempre dall’Unesco e interviste agli operatori di settore. C’è da appuntare a tal proposito che alcune indagini demoscopiche sono state realizzate tramite supporti on line e con anonimato dell’intervistato. Insomma in questi casi i dati sono poco verificabili. Inoltre è da tenere in considerazione che denunciare un atto “omofobico” non significa sempre che quell’atto ci sia stato veramente. Ciò a dire che la percezione soggettiva di essere stato vittima di “omofobia” non corrisponde necessariamente all’esistenza di una reale aggressione fisica o psicologica motivata da odio “omofobico”.
Detto ciò, il report dell’Unesco fa sapere che l’ “omofobia” e la “transfobia” sono molto diffuse in tutto il mondo. Ad esempio – per citare una percentuale tra le moltissime fornite dal report – l’85% degli studenti LGBT americani è stato vittima di “omofobia” verbale (p. 14). Ne consegue, continua il documento dell’Unesco, che questi studenti potranno ottenere risultati accademici più scarsi rispetto a tutti gli altri loro coetanei (ib.).
Forse la parte più interessante di questo studio sono le linee di azione suggerite dall’Unesco a tutti i paesi del mondo (pp. 123-128). Infatti il documento si rivolge in prima istanza ai governi. Sono sette gli interventi urgenti da realizzare. Il primo: “il settore dell’istruzione dovrebbe monitorare sistematicamente l’esistenza della violenza basata sull’orientamento sessuale e sull’identità ed espressione di genere nei contesti educativi”. Si chiede quindi di studiare il fenomeno a livello locale.
Il secondo step mira invece a spronare i parlamenti nazionali a legiferare per prevenire l”omofobia” e per tutelare le persone LGBT. Il disegno italiano di legge sul cyberbullismo e quello proposto dall’on. Scalfarotto rispondono perfettamente a questa sollecitazione da parte dell’Unesco. Aspetto da non trascurare: per varare queste leggi – così suggerisce l’Unesco – occorre far partecipi le realtà associative e non legate al mondo LGBT. Già si prevede quindi che gli interventi normativi saranno a senso unico e non certo orientati al pluralismo.
Terzo intervento: “includere la formazione sul tema della discriminazione e sul rispetto per tutti nel programma di studi a tutti i livelli del sistema educativo, a partire dall’età precoce”. A tal fine si consiglia “di rimuovere o di evitare contenuti inesatti e stigmatizzanti”, nonché quelli basati su stereotipi. Tradotto significa che sin dall’asilo ai bambini dovrà essere spiegato ad esempio che puoi nascere maschio ma che puoi lecitamente sentirti femmina e che l’omosessualità è cosa buona e naturale. Affermare il contrario comporta cadere in uno stereotipo stigmatizzante.
Quarta fase: formare docenti e personale non docente. Tra le altre cose si consiglia “un approccio partecipativo alla formazione che consente agli insegnanti di riflettere sui propri valori, atteggiamenti, linguaggio e comportamenti”. Questo significa realmente mettere in piedi un’opera di rieducazione in stile maoista su scala mondiale: se tu insegnante credi che l’omosessualità sia una condizione intrinsecamente disordinata, significa che in te qualcosa non va e che quindi devi rimeditare sul tuo plesso valoriale. Devi perciò renderti conto che stai sbagliando e che l’Unesco è pronto ad accoglierti a braccia aperte se ti pentirai dei tuoi pensieri “omofobici”. Tutto questo percorso di pentimento e conversione riguarda soprattutto ed ovviamente gli autori di gesti “omofobici”.
Quinta tappa: “garantire ambienti scolastici sicuri”. Tra le varie indicazioni troviamo la seguente: “assicurarsi che gli studenti vittime di violenza possano segnalare incidenti relativi alla propria sicurezza personale, senza dover rivelare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere contro la loro volontà e senza sentirsi giudicati”. E’ campo aperto dunque alla delazione anonima: chiunque potrà essere sospettato di “omofobia” e non potrà mai sapere da chi proviene l’accusa ledendo così il suo diritto di difesa.
Il penultimo step riguarda le campagne di sensibilizzazione che dovranno coinvolgere tutti gli attori interessati al tema: dai genitori alle associazioni LGBT, dalle ONG per i diritti civili a quelle che si dedicano “alla salute riproduttiva” espressione che indica aborto, contraccezione e sterilizzazione. Così, nel rispetto del principio dell’economia dei mezzi, mentre si educano le nuove generazioni di tutto il mondo alla teoria del gender quelli dell’Unesco ne approfittano per promuovere l’aborto e i preservativi nelle scuole.
L’ultimo tratto di strada per diffondere il credo gender nelle scuole di tutta la Terra è quello che riguarda una verifica periodica degli obiettivi raggiunti e di quelli ancora da raggiungere.
Questo report made in Unesco ci fa comprendere ancora una volta che le nostre proposte di legge sul bullismo, sull’”omofobia” ed anche la legge sulle unioni civili non sono frutto di decisioni estemporanee di alcuni singoli, bensì rientrano in una lucida e preordinata strategia a livello planetario, strategia a cui nessun Paese al mondo potrà sottrarsi.
di Tommaso Scandroglio | Lanuovabq.it
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