“O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo dardo?”
(1 Corinzi 15:5)
Se il Signore non torna prima, ognuno di noi dovrà lasciare questo corpo così debole e affrontare la morte: non è di certo un personaggio simpatico. Dobbiamo tuttavia renderci conto che la nostra vita come la nostra morte appartengono a Dio: Egli ne è il Padrone ed Egli stabilisce quando spezzare la corda che ci lega alla vita. Per Gesù, tuttavia, morire non era necessario, se non in funzione della salvezza dell’umanità. Un uomo può giustamente sacrificare la sua vita per la patria o per il bene di altre persone, ma non fa altro che anticipare il debito che ha con la natura umana; Gesù invece depose volontariamente la Sua vita per voi e per me: nessuno avrebbe potuto strappargliela. Risulta interessante notare il fatto che alcuni Evangelisti non dissero che Gesù morì, ma che “rese lo spirito”. Io e voi moriremo indipendentemente dalla nostra volontà, ma Gesù rese lo spirito volontariamente e lo affidò nelle mani del Padre. Nel Suo caso, dunque, la morte fu un atto volontario, non una conseguenza inevitabile.
Vi consiglio di riflettere maggiormente e con più calma sul giorno nel quale incontreremo il Signore, perché è una tappa obbligata. Non è saggio da parte nostra restare nell’ignoranza riguardo a questo argomento, né desiderare che quel giorno venga per noi il più tardi possibile, quasi fosse qualcosa da evitare. Un simpatico credente constatando di essere in età molto avanzata, era solito affermare: Sicuramente lassù mi hanno dimenticato”. Quando qualche altro fratello stava per morire, gli sussurrava con rammarico: “Quando sarai lassù dì a tutti coloro che amo che desidero tanto essere al più presto col mio Signore e con tutti loro”. Da quella richiesta trapelava il desiderio di essere nelle mani del Padre per sempre, desiderando di andare col Signore al più presto piuttosto che rimanere ancora un po’ su questa terra. Qualcuno un giorno chiese ad una sorella molto anziana se avesse paura di morire. “Oh, no” – rispose lei – “Non c’è nulla da temere; già diverse volte ho bagnato i miei piedi nel fiume della morte e non ho mai avuto paura”. Quella stessa notte ella si addormentò nel Signore, ma non prima di avere scritto su un quaderno queste parole: “Con gioia deporrò il mio involucro d’argilla”. Non dobbiamo essere spaventati dal giorno del trapasso. Quando mi accorgo che alcuni credenti non gradiscono parlarne della morte, mi preoccupo seriamente per loro. Lo ripeto: è saggio considerare il nostro destino eterno, poiché appartiene al nostro Padre Celeste!
Non voglio fare da giudice per qualcosa che non sto all’altezza, mentre invece Dio solo è il giusto Giudice, ed Egli giudicherà con equità tutta la Terra. Però nella mia vita ho assistito a persone che hanno veramente sofferto prima di morire. Sofferenze e paure atroci, tanto da pensare che forse non avevano dentro di loro lo Spirito di Dio. Sono deceduti senza alcuna pace, senza alcuna gioia di poter incontrare il Salvatore Gesù. Mia nonna, la madre di mio padre, passò gli ultimi anni della sua vita in un totale inferno. Di giorno più o meno era tranquilla, ma la notte la passava sveglia gridando e agitandosi con paura, attacchi di panico, vedeva strane cose e gridava, gridava forte: “Aiuto! Aiutatemi! Vi prego!”- sbiancando in volto e tremando. Questo succedeva ogni notte e per tutta la durata della notte. Mio zio e la moglie stavano letteralmente impazzendo.
In ospedale, una volta, al fianco al mio letto c’era un uomo che oramai non c’era più niente da fare per lui, aveva i polmoni pieni di cancro. Aveva solo poche ore di vita. Aveva l’ossigeno ma nonostante ciò non respirava bene. I dottori gli diedero solo 12 ore di vita e gli tolsero tutto, cibo e medicine, gli lasciarono solo l’ossigeno per farlo perlomeno respirare, per quel che poteva. Ma le 12 ore diventarono una settimana, e il pover’uomo soffriva tremendamente. Non poteva stare sdraiato, né seduto, né in piedi. Dai suoi occhi trapelava tutta la sofferenza di quell’uomo. Provammo sia io che mia moglie a parlarci del Signore, ma tutta la famiglia era atea e non vollero saperne che pregassimo per l’uomo. Un qualcosa di veramente terribile è morire senza Dio. Per quell’uomo fu un vero e proprio stillicidio. Andammo via che era ancora lì, con gli occhi spalancati e desiderando la morte.
Credo che la vita di ogni persona possa essere paragonata al giorno. Nasce all’aurora e muore al tramonto. Così è della vita umana, nasce, cresce e poi muore. Quando il giorno si avvicina al tramonto, cioè alla sua fine, lo si vede perfettamente a occhio nudo; piano piano va spegnendosi completamente. Credo anche che quelli che muoiono di vecchia o di malattia, nei momenti ultimi della loro vita terrena, incominciano a sentire e vedere qualcosa del mondo spirituale, sia quelli che appartengono a Dio, sia quelli che non gli appartengono. Ci sono testimonianze di persone che si sono spente nella gioia, udivano cantici percettibili solo a loro, ed erano illuminati sul volto, rendendo fino all’ultimo testimonianza di Cristo Gesù che li ha aveva salvati dalla morte, dalla morte del peccato.
Quelli che muoiono senza Dio credo che anche loro vedano e sentano qualcosa, a volte dicono di vedere dei parenti, ma è il diavolo è la “scimmia” di Dio. Come i santi odono e vedono la Gerusalemme Celeste, il suono degli angeli, la Luce di Cristo che li viene a prelevare. Il diavolo vuole imitarlo, illudendo per lo più gli astanti del defunto e sconcerta chi non ha fede come colui che sta morendo. I morti sono morti e non hanno questo potere, ma il diavolo può prendere sembianze umane e mostrare al morente facce di persone a lui care: il tutto è una grande bugia, una vera menzogna. In Ecclesiaste capitolo 9 versetti 5 e 6, è scritto:
“Infatti, i viventi sanno che moriranno; ma i morti non sanno nulla, e per essi non c’è più salario; poiché la loro memoria è dimenticata. Il loro amore come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più né avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole”. L’Ecclesiaste non dice che sono annichiliti, annullati o distrutti per sempre, ma che non hanno “parte alcuna” a quello che succede sotto il sole. Sono coscienti e aspettano il giudizio di Dio.
Purtroppo per il peccatore impenitente, una volta che si trova di fronte alla porta dell’inferno, non avrà altra scelta che quella di vivere lontano da Dio, rimpiangendo per sempre il suo terribile rifiuto del Salvatore. Per questo vi invito a rivedere e a esaminare ognuno la propria posizione davanti a Dio, se siamo o meno salvati, se apparteniamo o no a Cristo Gesù. Se siamo nati a nuova vita, rigenerati e se possiamo dire “Abba Padre”. Ancora l’Ecclesiaste ci invita ad esaminarci per un eterno futuro migliore con Dio e nella piena gioia e felicità vera.
“È meglio andare in una casa in lutto, che andare in una casa in festa; poiché là è la fine di ogni uomo, e colui che vive vi porrà mente. La tristezza vale più del riso; poiché quando il viso è afflitto, il cuore diventa migliore. Il cuore del saggio è nella casa del pianto; ma il cuore degli stolti è nella casa della gioia. Vale più udire la riprensione del saggio, che udire la canzone degli stolti” (Ecclesiaste 7:2-5).
Le ultime parole di credenti che hanno amato Dio e che da Dio sono stati amati:
Matthew Henry: “Il peccato produce amarezza. Benedico Dio perché mi sostiene interiormente”.
Martin Lutero: “Il nostro Dio è il Dio da cui proviene la salvezza: Dio è il Signore grazie al quale sfuggiamo alla morte”.
John Knox: “Vivi in Cristo, vivi in Cristo e la carne non avrà da temere la morte”.
John Wesley: “La cosa più bella è che Dio è con noi. Addio! Addio!”.
Richard Baxter: “Provo dolore, ma sono nella pace. Sono nella pace”.
August Toplady, l’autore de “Roccia eterna”, era gioioso e trionfante il giorno in cui morì all’età di 38 anni. “La mia anima comincia già a godere il cielo” – dichiarò – “Le mie preghiere sono tutte trasformate in lode”.
Quando Joseph Everett stava per morire, dichiarò: “Gloria! Gloria! Gloria!” e continuò a ripetere la stessa parola per più di 25 minuti.
William Carey, il missionario: “Quando me ne sarò andato, parlate poco di me, e parlate soprattutto del mio Salvatore”.
Billy Graham racconta: “Durante la mia vita ho avuto il privilegio di sentire le parole di alcuni credenti prima che andassero in cielo. Mia nonna si mise seduta nel letto, sorrise e disse: “Vedo Gesù con le mani tese verso di me. E vedo Ben con due occhi e due gambe” (Ben mio nonno, aveva perso una gamba e un occhio durante la guerra). Mio padre andò ad assistere un vecchio negoziante che abita vicino a noi e che era in punto di morte. Egli disse: “Frank, la senti questa musica? Non ho mai sentito una musica così in tutta la mia vita. Le orchestre, i cori, gli angeli che cantano”, e poi spirò”.
Il grande Evangelista Dwight L. Moody affermò sul letto di morte: “Se domani comprate il giornale e leggerete che sono morto, non gli credete, io sarò più vivo di oggi. Questo è il mio trionfo; questo è il giorno della mia incoronazione! E’ un giorno di gloria!”.
Per finire, Victor Hugo ha detto: “Quando andrò nella tomba, potrò dire di avere finito il mio giorno di lavoro, ma non di avere finito la vita. La mattina dopo inizierà un altro giorno di lavoro. La morte non è un vicolo cieco ma una strada pubblica. Essa termina al tramonto per ricominciare all’alba”.
Quando i nostri occhi si saranno chiusi, ci sarà gran festa e miriadi di angeli verranno a prenderci per portarci nella Patria Celeste, non attraverseremo da soli il fiume, né ci sarà buio nel tunnel della morte, ma cammineremo avanti con gli onori che spettano ai figli di Dio, perché quel giorno saremo perfetti, Dio ci vedrà come se non avessimo MAI peccato.
A Dio sia la gloria. Amen
Ferrentino Francesco La Manna | Notiziecristiane.com
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