Non accontentarti di una grazia momentanea

bolle-di-saponeUna donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni – e molto aveva sofferto da molti medici, e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata – avendo udito parlare di Gesú, venne dietro tra la folla e gli toccò la veste, perché diceva: “Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva”. In quell’istante la sua emorragia rista-gnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia. Subito Gesú, conscio della potenza che era emanata da lui, voltatosi indietro verso quella folla, disse: ‘Chi mi ha toccato le vesti?’” (Vangelo di Marco 5:25-30)
La vita di Gesù è piena di episodi in cui delle persone ammalate, sofferenti e disagiate sono andate a Lui per ricevere soccorso.
Il Signore dimostra ad ognuno un interesse individuale, un amore speciale e una cura particolare. Il Vangelo di Marco racconta la storia di una donna, ormai alla fine delle sue forze fisiche e delle risorse economiche, che trova in Gesù guarigione e pace. La virtù e la potenza di Cristo efficace per altri, sono state sufficienti per intervenire nella sua malattia; il Signore ha potuto, in un istante, fare ciò che medici non hanno potuto fare in dodici anni. Questa donna ha scoperto che in Gesù non si rimane delusi. Lei è stata toccata personalmente dalla virtù di Cristo e ha scoperto la gloria e la potenza di Gesù. In seguito alla guarigione elargita, il Signore fa una domanda che chiama in causa questa donna: “Chi mi ha toccato le vesti”?
A Gesù non basta un incontro superficiale
La domanda di Gesù offre spunti per qualche riflessione. Indica quanto sia importante per Dio stabilire un rapporto personale e individuale con l’uomo. Gesù con la Sua domanda, esprimeva il desiderio di conoscere da vicino, di poter dialogare, stabilire un rapporto ed avere un incontro diretto con la donna che ha toccato le Sue vesti. Per la donna, le vesti di Gesù erano sufficienti, la guarigione era già abbastanza, ma il Signore aveva altro per lei. È come se il Signore volesse dire: “L’incontro che hai avuto con me non dev’essere qualcosa di superficiale o avere soltanto un effetto fisico sulla tua vita; vorrei che tu mi guardassi nel viso, vorrei che tu ottenessi da me la salvezza dell’anima tua e il dono della vita eterna”. Essere cristiani è molto di più di un’esperienza epidermica, un contatto casuale con Dio, un momento mistico, intenso però passeggero. Significa invece conoscere Dio come un Padre, riconoscere nelle parole di Gesù la nostra guida di vita, avvertire la viva presenza dello Spirito Santo nel cuore che offre a testimonianza del fatto che si è figli di Dio.
A Gesù non basta dare una grazia momentanea
Viviamo in una società religiosa dove l’interessamento delle persone alle cose di Dio è limitato al raggiungimento di “qualche grazia” momentanea. Vi sono tanti che vivono solo per il “pane che perisce” convinti che le cose che si vedono dureranno per sempre. Ci si limita a delle osservanze liturgiche, all’adempimento di cerimonie, alla partecipazione a delle festività. Non c’è dubbio che Gesù sia venuto per guarire, prendere cura delle nostre necessità materiali, ma principalmente Egli è venuto per rivelarci il Padre, affinché l’uomo che è senza Dio e senza speranza potesse, mediante l’opera compiuta sul Calvario, riavvicinarsi al suo Creatore. La vera pace, la vera vita è nel conoscere il Figlio di Dio, come Signore e Salvatore. Gesù desiderava sentire dalla fede. In altre parole doveva riconoscere pubblicamente Gesù e l’opera compiuta da Lui in lei. È importante che non rimaniamo in una situazione ambigua con le cose di Dio, occorre che ci sia una netta conversione all’Evangelo, un reale avvicinamento a Dio senza timore né vergogna. Gesù stesso dice: “Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli. Ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io rinnegherò lui davanti al Padre mio che è nei cieli” (Vangelo di Matteo 10:32-33). E l’apostolo Paolo aggiunge “…Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati” (Lettera di Paolo ai Romani 10:9-10).
Gesù vuole darti una vita nuova
Avvicinarsi a Dio tramite Gesù include un sincero ravvedimento da parte dell’uomo, ecco perché Lui chiama le Sue creature al ravvedimento. Il motivo di questo ravvedimento è perché ha fissato un giorno di giudizio. Il ravvedimento non è un semplice gesto esteriore o un atto di dolore ma è una condizione interiore; è l’avere un cuore rotto e uno spirito contrito; significa cambiare direzione, effettuare un’inversione di marcia. Chi si ravvede cerca una vita nuova, ha un nuovo Signore, ha dei gusti nuovi, vive per nuovi obiettivi. Gesù con la Sua domanda chiede alla donna di uscire dal suo silenzio per rendere pubblica la sua fede in Gesù. La conversione coinvolge l’intera persona, ogni parte di noi. Intellettualmente si crede a delle verità alle quali prima non si dava alcuna importanza. Moralmente si ha un concetto diverso di ciò che è buono fare e di ciò che non lo è. Emotivamente si ama adesso ciò che prima si odiava o ignorava, si considera dannoso ciò che prima si considerava piacevole. Esteticamente si considerano belle quelle cose che prima erano prive di valore, e vanità ciò che prima era una continua attrazione. Spiritualmente si è sensibili e aperti a Dio. Sembra difficile esporsi per il Signore, alcuni lo considerano un atto di cui vergognarsi, ma quanto è bello invece sapere che Gesù sta dalla parte di chi Lo accetta, e Lo accetta con tutto il cuore. Quella donna, nel rispondere alla domanda di Gesù, potè tornare a casa con pace e certezza nel proprio cuore. Anche tu, non accontentarti di qualche sollievo temporaneo o di un momento spirituale piacevole! L’invito dell’Evangelo è di gustare da vicino la bontà e la grazia di Dio, che dona pace. Perché accontentarti delle “vesti di Gesù” quando puoi invitare la Sua persona nella tua vita? La grazia più grande di cui abbiamo bisogno non è una guarigione, la soluzione di qualche problema economico, la riposta a un desiderio sentimentale. È, invece, il perdono dei propri peccati, che si trova in Gesù, che ha dato all’umanità non le Sue vesti ma la Sua vita, e che vuole non solo il tuo tocco ma tutto il tuo cuore.
Tratto da Cristiani Oggi, numero di Marzo 2011, autore Guerino Perugini

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