Il potere oggi è donna. E non c’è da stare allegri…

img-_innerArtFb-_mar2_16«Se il mondo fosse governato dalle donne le cose andrebbero meglio», dichiarò qualche anno fa Alessandro Gassman). «Quando il mondo sarà governato dalle donne», gli fece eco il ministro Dario Franceschini, «sarà più pacifico e giusto». È passato qualche anno, e il tempo li ha accontentati: ora il mondo è governato dalle donne.

L’ultima donna a sedere su uno scranno è il primo ministro del  Regno Unito Theresa May, succeduta a Cameron dopo il Brexit: toccherà a lei governare il Paese nel quale regna un’altra donna, Elisabetta II. Il primo ministro britannico non è sola, anzi: è in buona compagnia. Una delle donne più potenti del mondo è la candidata presidente degli Usa Hillary Clinton, che ha finanziato Al Quaeda in Libia e Siria (clicca qui). Statunitense è pure la donna responsabile della guerra in Ucraina, Victoria Nuland (clicca qui).

Anche ai vertici della finanza mondiale c’è una donna, la francese Christine Lagarde, che guida l‘istituzione usuraria che ha ridotto alla fame la Grecia (clicca qui). È una donna la personalità più influente e potente d’Europa, Angela Merkel, il cancelliere tedesco che guida lo zollverein continentale (clicca qui).

Tralasciamo l’Italia, e chiediamoci: il mondo è più pacifico e giusto? Le cose vanno davvero meglio? Ma non solo le poltrone più importanti del mondo sono femminili: l’intero pensiero che guida l’Occidente è femminile. Cos’altro è il politicamente corretto, infatti, se non il pensiero femminile applicato su scala globale? L’attenzione ai sentimenti più che al raggiungimento dell’obiettivo, la proibizione del conflitto, l’accudimento protettivo di chi si professa maltrattato; non sono forse queste caratteristiche femminili? Non sono forse queste le stesse regole che le mamme vorrebbero applicate in ogni famiglia, estese ora a tutta la famiglia globale?

Non c’è nulla di male in queste regole, di per sé sono buone. Diventano però oppressive, asfittiche, dittatoriali se non sono controbilanciate da regole maschili (ok i sentimenti, ma c’è del lavoro da fare; ok avere pazienza, ma fino ad un certo punto; ok lamentarsi, ma intanto rimboccati le maniche…). Il problema del politicamente corretto femminile non sta nei suoi principi, ma nella mancanza di un contrappeso maschile. E nella nostra società manca (non siamo i primi a dirlo) il maschile.

Di questo, del bisogno di temperare il femminile con il maschile, se ne accorsero per primi i greci. Questo è, infatti, il tema della parte finale dell‘Orestea di Eschilo. Oreste vendica il padre uccidendo i suoi assassini, la madre Clitennestra e l’amante Egisto. Per questo viene perseguitato dalle terribili Erinni (Furie), che lo inseguono tormentandolo per indurlo alla follia. In tal modo, infatti, le Erinni punivano chi si macchiava di reati contro i legami di sangue. Interviene però Apollo, il dio della misura, della ragione e dell’equilibrio (prefigurazione di Cristo, che i Greci non conoscevano) e frena l’ira delle furie: Oreste sarà sottoposto a processo; l’antica legge della vendetta sostituita dalla giustizia. Il giudizio, grazie al voto di Atena («[…] il costume virile approvò») è favorevole al giovane.

Accettando “il costume virile” le Erinni (le Furie, le terribili guardiane dei legami di sangue) diventano Eumenidi, le “benevole” custodi della famiglia, gli angeli del focolare. Forse, come la saggezza greca ci insegna, è per questo che il mondo, pur governato dalle donne, non è più pacifico e giusto: mancando il “costume virile” – la virilità – a fare da contrappeso, le “benevole” si sono trasformate in Furie.

di Roberto Marchesini | Lanuovabq.it


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