Ribelli “moderati” finanziati da Turchia e Qatar decapitano un bambino in Siria

siria-ribelli-bambino-decapitato1Al grido di «Allahu Akbar» ribelli sostenuti in passato anche dagli Stati Uniti hanno tagliato la testa a un ragazzino che, secondo i suoi aguzzini, combatteva per il governo di Bashar al-Assad.

Un gruppo di ribelli “moderati” ha decapitato un ragazzino tra i 10 e i 13 anni in Siria, accusandolo di essere uno dei «cani di Assad». La notizia è uscita martedì mattina, quando sono apparsi su internet due video che mostrano la barbara uccisione, riporta la Bbc.

«SONO I TUOI CANI». Nel primo si vedono cinque combattenti del gruppo Nour al-Din al-Zinki che sorridono alla telecamera, mentre maltrattano un ragazzino. Questo, secondo i ribelli, farebbe parte della brigata palestinese-siriana che combatte per il governo siriano Liwaa al-Quds. Negli ultimi giorni l’esercito di Assad sta cercando di conquistare Handarat, un campo per rifugiati palestinesi a pochi chilometri a nord dal centro di Aleppo. L’attacco fa parte di una più vasta offensiva per interrompere la strada Castello, che collego i territori di Aleppo controllati dai ribelli e il confine turco. «La Brigata Quds non ha più uomini, quindi ci manda i bambini», dice un miliziano. «Questi sono i tuoi cani, Bashar», afferma un altro.

LA DECAPITAZIONE. Nel secondo video, un ribelle barbuto prende il ragazzino per i capelli, lo schiaccia sul fondo del pick-up e gli taglia la testa con un coltello. Poi alza la testa mozzata e la mostra a una folla esultante di miliziani. Il gesto è stato condannato come un «errore individuale» dal comandante della brigata, che ha anche protestato contro il «silenzio della comunità internazionale sui crimini delle forze governative».

APPOGGIATA DAGLI USA. La brigata Nour al-Din al-Zinki ha lavorato con la Cia fino al settembre 2015, come parte di un gruppo di ribelli cosiddetti moderati. Questi jihadisti sono stati anche finanziati da Turchia, Qatar e Arabia Saudita. A inizio mese, anche Amnesty International aveva accusato questi ribelli di rapire e torturare le persone sotto il loro controllo. Questo episodio, se mai ce ne fosse stato bisogno, conferma ancora una volta che in Siria i ribelli “moderati” non esistono, ma sono tanto violenti e brutali quanto il regime (con la differenza che quest’ultimo è laico e non jihadista), e che la strategia degli Stati Uniti di addestramento, finanziamento e armamento dei ribelli è un completo fallimento. L’unica cosa non chiara è perché la stampa mondiale si ostina a definirli con il termine edulcorato “ribelli”.

Leone Grotti | Tempi.it


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