La disabilità riguarda anche i bambini. Dietro questa affermazione, all’apparenza scontata e banale, si trova un mondo della comunicazione che spesso se ne dimentica, parlando di questo tema come se si trattasse di un dialogo tra adulti, per adulti e con strumenti che di conseguenza sono inadatti ai più piccoli.
Per provare a dare una risposta a questa mancanza, è in uscita in questi giorni un nuovo progetto editoriale, ideato da Cbm Italia Onlus, il ramo italiano di Christian Blind Mission International. Si tratta di Occhiolino, un giornalino dedicato ai bambini per raccontare loro la disabilità attraverso i loro linguaggi.
La storia di Cbm comincia nel 1908, quando il pastore protestante Ernst Jakob Christoffel decise di lasciare la Renania e di recarsi a Malatya, nel cuore della Turchia, dove fondò una casa di assistenza dedicata ai ciechi e ai bambini disabili e orfani. Oltre cent’anni dopo, quello che era un piccolo progetto, portato avanti dal pastore Christoffel insieme a pochi collaboratori, è una Ong presente in 12 Paesi concentrata prevalentemente sulla cura della cecità. Come spiega il direttore di Cbm Italia, Massimo Maggio, «sono circa 700 progetti i progetti attivi in circa 70 diversi Paesi e raggiungiamo ogni anno più o meno 32-35 milioni di persone. Il nostro lavoro principale è quello di venire incontro a quella che noi chiamiamo “disabilità evitabile”».
Cosa significa “disabilità evitabile”?
«Per spiegarlo è utile un esempio concreto: spesso nei Paesi più poveri del mondo i bambini nascono con la cataratta bilaterale, quella che nei Paesi più ricchi riguarda in particolare le persone più anziane. Ecco, secondo le statistiche un bambino su due muore entro il primo anno in cui gli viene diagnosticata questa patologia. Ebbene, si può intervenire per ridare la vista, e poi ridare la vita, e quindi restituire un futuro a questo bambino. L’operazione è uguale a quella che si fa qui in Italia, quindi è molto semplice, e con pochi euro e pochissimo tempo, 15-20 minuti, si restituisce la vista a un bambino che nell’arco di 24 ore torna a vedere e finalmente può andare incontro al mondo».
Esiste ancora un tabù della disabilità?
«Sì, in parte esiste ancora, anche se devo dire che sono stati fatti tanti passi in avanti. Come Cbm, sia a livello di famiglia internazionale che di ramo italiano, il nostro sforzo è quello di far capire che la disabilità è una parte di noi. Ognuno di noi, in fondo, ha le proprie mancanze e disabilità. Quello che noi cerchiamo di fare soprattutto qui in Italia è quello di unire quello che è bellissimo con quello che apparentemente sembra bruttissimo, quindi l’arte e la disabilità. Faccio un esempio: abbiamo organizzato alcune volte un concerto al buio dove un pianista famosissimo in tutto il mondo suona per noi nel buio totale, per far capire come vivono le persone che non ci vedono. Questa fusione tra arte e disabilità permette di rompere lo stereotipo secondo cui l’arte è bella e la disabilità è brutta. Allo stesso modo lo vogliamo raccontare ai bambini, e lo raccontiamo con la loro modalità, con la loro freschezza, con le loro immagini, con disegni e storie, con modalità che sono proprie dei bambini e proprio per questo non stridono affatto con la disabilità, che è parte della vita di tutti e che viaggia insieme a tutti noi».
Da quali considerazioni nasce Occhiolino?
«L’idea è frutto di un esperimento che avevamo iniziato lo scorso anno, quando ci siamo detti di voler provare a raccontare ai bambini, che sono gli adulti di domani e verso cui abbiamo una responsabilità, i valori universali della solidarietà e dell’inclusione, anche per considerare in un certo modo la disabilità. Il primo passo è stato quello di andare nelle scuole d’Italia, dove abbiamo trovato un’accoglienza straordinaria da parte degli insegnanti, dei genitori e anche dei bambini. Tutti hanno capito il senso del progetto, e da qui abbiamo capito che poteva esserci l’occasione di ampliare ulteriormente il discorso. Per quanto riguarda il nome, invece, la scelta è caduta su Occhiolino per sottolineare quanto siamo orientati verso la disabilità evitabile visiva».
È stato complesso passare dall’idea alla realizzazione?
«Sì, ma non così tanto. C’è stato sin da subito un grandissimo entusiasmo, che unito alla professionalità che ci deriva da anni di esperienza ha aiutato. Non dimentichiamo poi che assieme a noi ci sono tante persone che ci sono vicine, tra cui anche Maria Vago e Franca Trabacchi, due nomi fondamentali dell’editoria per ragazzi. Anche questa volta il nostro motto, “insieme per fare di più”, si rivela come vero. Ci siamo uniti e nell’arco di poche settimane abbiamo realizzato questo strumento che sta per arrivare».
Come verrà distribuito?
«Lo distribuiremo a una parte dei nostri donatori e lo distribuiremo nelle scuole e nelle classi che lo richiederanno, e poi a tutti coloro che vorranno richiederlo, e lo potranno fare sul nostro sito, www.cbmitalia.org, oppure attraverso i social network. Insomma, i modi di entrare in contatto non mancano».
Immagine: via flickr.com
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