Un tribunale arbitrale della Banca mondiale ha dato ragione all’Uruguay su tutti i punti del braccio di ferro che l’opponeva a Philip Morris.
(ve/comm.) Il suspense è finito: l’8 luglio, dopo sei anni, il Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti (ICSID), un tribunale arbitrale della Banca mondiale, ha dato ragione all’Uruguay. Philip Morris è stato condannato anche a pagare le spese legali dell’Uruguay per più di 7 milioni USD, più tutte le spese processuali dell’ICSID.
Misure anti-tabacco troppo restrittive?
Nel 2010, Philip Morris aveva fatto causa contro Montevideo per misure anti-tabacco considerate troppo restrittive. La multinazionale svizzera si basava sull’accordo di protezione degli investimenti fra Berna e Montevideo. Reclamava 25 milioni USD di danni all’Uruguay, un paese che persegue una politica anti-fumo conforme alla Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della salute (OMS) per la lotta contro il tabacco. Ma Philip Morris criticava l’obbligo di devolvere 80% della superficie del pacchetto all’allerta contro il pericolo del fumo e il divieto di vendere più di un tipo di sigaretta per marca (una sola Marlboro e non Marlboro Light, blu, verde) come espropriazione della sua proprietà intellettuale. Eppure, dall’adozione di queste misure nel 2005, 443’000 Uruguayani hanno smesso di fumare e la percentuale di fumatori è diminuita da 35% a 22% della popolazione.
L’Uruguay messo sotto pressione
Alliance Sud e l’ONG Amici della Terra Uruguay, che seguono questo caso dall’inizio, si rallegrano di questa sentenza con il popolo uruguayana, ma sono d’avviso che questa causa non avrebbe mai dovuto esistere. Senza un forte impeto politico del presidente Vasques in seno al suo partito e l’appoggio finanziario di una fondazione straniera per coprire le spese legali iniziali, avrebbe potuto lasciare perdere già nel 2010. Il paese ha tardato ad applicare altre misure annunciate di lotta contro il fumo, come il divieto del pacchetto neutro e quello di esibire le sigarette nei punti vendita. Seguendo l’esempio di Philip Morris, altri investitori stranieri hanno minacciato di fare causa contro l’Uruguay. Il governo uruguayano non ha mai pubblicato i documenti della sua difesa, come aveva promesso.
Accordi di protezione discutibili?
Gli accordi di protezione degli investimenti – a cominciare dagli accordi svizzeri – sono squilibrati perché permettono alle imprese straniere di fare causa contro lo Stato ospite, ma non il contrario. Come minimo, bisogna escludere da questi accordi il processo di regolamento delle controversie investitori – Stati. All’ora in cui gli Stati intendono inserire questo meccanismo nel trattato transatlantico TTIP e l’hanno appena inserito nel trattato trans-pacifico TPP e nell’accordo UE – Canada (CETA), la sentenza di oggi ricorda che il diritto di regolare nell’interesse pubblico deve avere la priorità sugli interessi commerciali privati.
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