L’embrione e la madre, dialogo che non si vuole vedere

img-_innerArtFb-_ovuloBandiera-755x491Due recenti ricerche scientifiche pubblicate su Nature e Cell Biology sono balzate agli onori della cronaca perché per la prima volta è stato riprodotto in vitro l’annidamento dell’embrione in utero riuscendo a coltivarlo per 13 giorni. “Nessuno – ha riportato il Corriere – era riuscito a coltivare degli embrioni per più di nove giorni. Ora, due studi, uno americano e uno inglese, hanno dimostrato che è possibile spingersi fino al tredicesimo giorno e probabilmente anche oltre, fornendo agli embrioni il giusto ambiente chimico e una matrice adatta a cui attaccarsi”.

Il riferimento a quell’ “oltre” è al limite di 14 giorni imposto dalla Comunità Scientifica per le sperimentazioni sugli embrioni (che in Italia sono vietate). L’articolo ha così “virato” sulla portata “rivoluzionaria” dello studio fino a mettere in discussione il limite invalicabile dei 14 giorni, spingendosi dunque oltre nell’attività di sperimentazione. A sostegno di questa necessità lo studio dimostrerebbe che all’interno di questi 13 giorni in cui è avvenuta l’osservazione “gli embrioni sono capaci di autorganizzarsi seguendo un piano di sviluppo ordinato in assenza di segnali esterni e che quindi il dialogo con il corpo materno non è ancora necessario”.

Una conclusione che apre il campo a congetture e strumentalizzazioni circa lo status dell’embrione, che, secondo questi studi non avrebbero bisogno dunque del dialogo con la madre per svilupparsi. Un tema esplosivo. Ma è davvero così? Davvero l’embrione non dialoga con la madre nei primissimi giorni di vita? La Nuova Bq l’ha chiesto al ginecologo e professore universitario Giuseppe Noia.

Professore, che cosa pensa della tesi secondo cui nei 13 giorni iniziali l’embrione non dialoga con il corpo della madre?

E’ una tesi sbagliata e antiscientifica. Ma prima mi permetta di fare una premessa.

Prego.

L’essere umano non può essere mai utilizzato come cavia, neppure in funzione di un eventuale aumento di conoscenza. Dico questo confortato dal fatto che la scienza è arrivata a dimostrare in maniera non invasiva ciò che la sperimentazione si prefiggeva.

Ad esempio?

Per studiare la motricità degli embrioni e per capire quali muscoli venissero organizzati dal sistema centrale, 50 anni fa si facevano esperimenti sugli embrioni, ma dopo 15 anni per avere quelle stesse conoscenze, ma in maniera incruenta, si arrivò all’ecografia. Dunque la sperimentazione oltre ad essere eticamente inaccettabile non serve dal punto di vista scientifico.

E per quanto riguarda l’assenza di dialogo con la madre?

Nel 2002 Hellen Pearson pubblicò su Nature un importante lavoro chiamato: your destiny from day one (il tuo destino dal primo giorno ndr). In questo studio si dimostra maniera inoppugnabile che già dal primo giorno c’è un protagonismo non solo dell’embrione il quale ancor prima di impiantarsi colloquia in maniera biochimica, ormonale e immunologica con la madre.

E questo può essere ritenuto in dialogo?

Sì perché vengono mandati alla madre dei segnali di diversi ordini. Per esempio l’EPF (Early Pregnancy Factor) viene prodotto dall’embrione e viene mandato verso la madre già dal primo giorno. Ad una osservazione anche empirica è altresì evidente che l’embrione, che solo per il 50% è composto dalla madre, non viene rigettato. Noi non siamo rigettati, pur essendo diversi da nostra madre per un 50%. Lo stesso impianto è un fattore di dialogo.

Che cosa vorrebbe dunque dimostrare questa tesi?

Sembra voler riportare in auge il concetto del pre-embrione che è andato avanti negli anni ‘80 col gruppo della professoressa McLaren, la quale disse che l’embrione fino a 14 giorni non ha una sua dignità in quanto non ci sono caratteristiche pienamente umane non riconosciute. Si cerca di ritornare a quell’idea perché sdoganando i 14 giorni si possono scongelare tutti gli embrioni per darli alla ricerca. Ma l’idea di sacrificare degli esseri umani per la ricerca è un’idea nazista.

Quali sono gli altri fattori che dimostrano il dialogo immediato con la madre?

L’attecchimento in utero avviene dopo 7 giorni dal concepimento, noi veniamo concepiti nella tuba e non bisogna dimenticare che lo spermatozoo riesce ad entrare grazie all’aiuto che gli dà l’ovocita, che produce progesterone e proteina zp3.

Però lo studio sembra affermare che l’embrione sia protagonista…

Affermano una cosa che noi diciamo da sempre: l’embrione è un protagonista però fanno confusione sul cosiddetto contatto di tipo anatomico. L’embrione infatti, non essendo attaccato anatomicamente alla parete della tuba non riceve ossigeno, ciononostante riesce a specializzarsi e moltiplicarsi pur non avendo l’energia che gli viene dalle fonti ossigenative. Ma lo studio fa confusione tra il dialogo di tipo anatomico e quello di tipo biochimico. Ora: nessuna realtà biologica riesce a sopravvivere e moltiplicarsi senza avere una capacità ossigenativa.

Ma l’embrione come fa allora?

La trova comunque. E lo sa dove la trova questa capacità ossigenativa?

Dove?

La trova nei liquidi zuccherini che sono nella tuba e nei gameti femminili. Quindi l’embrione è protagonista, ma ha bisogno di un dialogo biochimico immediato con la madre. Pena la sua sopravvivenza.

di Andrea Zambrano | Lanuovabq.it

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook