Pakistan: l’esecuzione di un estremista scatena le proteste

ImageHandler (4)L’esecuzione di un estremista islamico, il killer di Taseer, scatena proteste per le strade in Pakistan, che si teme possano sfociare anche in violenze anticristiane come è accaduto in passato.

Il Pakistan è al sesto posto della nostra ultima WWList: è dunque un paese in cui la persecuzione è estrema, con un’altissima incidenza della violenza fisica. Il 2016 si apre sotto il segno della preoccupazione e dell’instabilità sociale. Siamo profondamente preoccupati di quanto sta accadendo in questi giorni in Pakistan.

Forse molti ricorderanno l’assassinio del Governatore del Punjab Salmaan Taseer, politico ucciso perché ha tentato di portare alla luce le discriminazioni e il lato oscuro della legge pakistana contro la blasfemia: ebbene il suo killer, Malik Mumtaz Hussain Qadri, è stato giustiziato lunedì presso una prigione di massima sicurezza della città di Rawalpindi e questa esecuzione ha scatenato manifestazioni e proteste per le strade. Qadri era stato celebrato da folle di persone come un eroe capace di combattere per l’onore dell’islam, quando come guardia del corpo di Taseer invece di proteggerlo, lo aveva freddato il 4 gennaio 2011. Con estrema facilità cataloghiamo come dimostrazioni di estremisti queste proteste, lasciando intendere che sono pochi radicali a spingere per una radicalizzazione dell’islam in Pakistan (e Afghanistan). In realtà semmai ci sia stato, quello stadio è già stato superato da molto: il fondamentalismo islamico ha messo radici nell’idea di stato e di società di una grossa fetta della popolazione musulmana in Pakistan e a pagarne lo scotto sono le minoranze, in testa i cristiani.

Sono stata bloccata nel traffico per ore; c’erano fumo ovunque, ho pregato solo di poter arrivare a casa sana e salva. Mio padre mi aveva detto di non andare al lavoro oggi. Per tutto il viaggio nel bus ho sperato che nessuno mi chiedesse come mi chiamavo o se ero cristiana”, afferma una spaventata cristiana del luogo. Le proteste per le strade contro l’esecuzione di un killer considerato un martire possono in fretta sfociare in violenza anticristiana, come è successo altre volte in questo paese. “Se devo morire, vorrei morire per Gesù, non perché qualcuno nel governo ha deciso di giustiziare un criminale musulmano”, sentenzia un giovane di Peshawar. Tra i cristiani ci sono sentimenti contrastanti: qualcuno manifesta un cenno di sollievo di fronte al fatto che il governo agisca contro gli estremisti come Qadri, mentre altri sono confusi e tristi perché un’altra vita si è andata persa (e probabilmente un’altra anima). In ogni caso, tutti sembrano coscienti del fatto che è assai probabile che ci saranno conseguenze per i cristiani, derivanti da queste proteste. E’ più che mai necessaria la preghiera per i cristiani in Pakistan.

Porte Aperte Italia

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