Giusto ieri abbiamo dato notizia che i giudici già nell’aprile del 2015 avevano legittimato il “matrimonio” omosessuale. Ora veniamo a sapere che anche l’utero in affitto è pratica ammessa dai tribunali. E non è la prima volta che accade.
I fatti. Una coppia di coniugi che vive vicino a Lucca si reca in Ucraina per avere un bambino tramite la maternità surrogata. Nascono due gemellini, un maschio e una femmina, figli biologici del marito e della donna che ha prestato l’utero. La moglie quindi non è madre dei piccoli. A fine 2014 rientrano in Italia e gli agenti di dogana di Fiumicino si insospettiscono dato che la coppia esibisce loro solo il certificato di nascita. Mancano però altri documenti quali l’indicazione della ginecologa che li ha seguiti e altra documentazione clinica.
L’incartamento finisce inizialmente alla procura di Roma che dispone l’adottabilità dei gemelli e poi, dato che la coppia è lucchese, al Tribunale dei Minori di Firenze. Si procede all’esame del dna dei minori, esame il quale certifica che i bambini sono figli del marito e dunque i gemelli non sono adottabili, anche perché non versano in stato di abbandono. La moglie però non può figurare come madre perché non ha espletato le pratiche per adottare i gemelli. E poi pende sul loro capo una denuncia penale per alterazione di stato civile.
Come decide allora il Tribunale fiorentino? La decisione è arrivata un paio di giorni fa: «In adesione alle evoluzioni giurisprudenziali europee figlie di una visione pluralista della famiglia», scrive il presidente del Tribunale Laura Laera, «l’uomo risulta padre biologico dei minori mentre la moglie va considerata “madre sociale” degli stessi, il che va ad ulteriormente confermare l’assenza di stato di abbandono morale e materiale dei minori, seppure nati da un progetto genitoriale parzialmente svincolato dal paradigma naturalistico». E dunque «non hanno rilievo né gli esiti di un eventuale procedimento civile per il disconoscimento della maternità, né il procedimento penale per il reato di alterazione di stato civile». Quindi allo stato attuale in Italia abbiamo i genitori biologici, quelli legittimi e adottivi, a breve gli omogenitori e infine i genitori sociali.
La madre sociale – figura giuridica inesistente nel nostro ordinamento – sta a significare che la donnanon è madre naturale, né legittima, ma ricopre un ruolo di fatto sociale e quindi i gemellini la possono considerare mamma a tutti gli effetti. In breve, i piccoli possono rimanere nel nucleo familiare della coppia perché hanno un vero padre legale e una simulazione di madre che è sempre meglio di niente. E per il reato di alterazione di stato civile? Non è di competenza del Tribunale dei Minori tiene a precisare la Laera: «in altri casi, i giudici penali hanno prosciolto» gli imputati, «noi comunque dobbiamo avere una visione diversa ed è sempre il bene del bambino. In questo caso non c’erano dubbi».
Quindi poco importa se la donna verrà condannata – improbabile visto i pronunciamenti su casi simili emanati ad esempio dal Tribunale di Milano – la decisione in merito a dove i bambini dovranno crescere è svincolata da questo procedimento giudiziale. E poi quasi sicuramente la madre provvederà a fare richiesta di adozione dei gemelli. É la famigerata stepchild adoption, ma realizzata all’interno di coppia etero. C’è chi ha tentato di opporsi alla decisione del Tribunale di Firenze ricordando che la maternità surrogata, seppur legittima in Ucraina, non lo è da noi e che tale filiazione è contraria all’ordine pubblico e dunque non recepibile da noi. Ma il Tribunale, ricordando una sentenza della Cedu, dichiara che «l’esigenza di tutelare l’ordine pubblico non può essere utilizzata in modo automatico, senza prendere in considerazione il miglior interesse del minore e la relazione genitoriale, sia essa biologica o no».
In sintesi, abbiamo due coniugi che hanno avuto una coppia di gemelli con la pratica dell’utero in affitto e la moglie probabilmente sceglierà di diventare madre adottiva di questi bambini. La morale giuridica è perciò la seguente: i giudici hanno se non legittimato di certo tollerato l’utero in affitto – pratica vietata dalla legge 40 – e aperto la strada per i gay alla stepchild adoption connessa a questa pratica. Infatti, se a posto della donna mettete ad esempio un partner maschio di una coppia gay, nulla cambia. Tutto questo prima del varo della Cirinnà e con buona pace del «paradigma naturalistico».
di Tommaso Scandroglio | Lanuovabq.it
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