“…Iscritti sulla polvere…” Che cosa significa?

Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. (Giovanni 8:6-8) Prima di cercare la spiegazione del passo negli usi e costumi orientali, dovremmo considerare meglio il contesto nel libro di Geremia.

Il capitolo comincia con la constatazione: “Il peccato di Giuda è scritto con uno stile di ferro, con una punta di diamante; è scolpito sulla tavola del loro cuore e sui corni dei vostri altari”
(Geremia 17:1).

Come al versetto 13 di Geremia 17, si parla di qualcosa di scritto, tutt’altro che fugace, bensì duraturo, incancellabile. E’ evidente che il peccato è inseparabile dalla natura umana, che è, appunto, peccaminosa. La conseguenza inesorabile e inevitabile è la perdita dell’eredità e l’ira eterna di Dio. Il versetto di Geremia 17:9 conferma questo concetto utilizzando altre parole: “Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno”. Come al versetto di Geremia 17:1, dunque, si parla della natura peccaminosa del cuore dell’uomo. Osserviamo come Geremia espone i suoi pensieri, strutturandoli in uno schema alternato (A-B-A-B):

A: Il peccato di Giuda (Geremia 17:1-3)
B: La giusta punizione di Dio (Geremia 17:4)
A: La maledizione dell’uomo e le conseguenze (Geremia 17:5-6)
B: La benedizione dell’uomo e le conseguenze (Geremia 17:8)
A: IL cuore ingannevole (Geremia 17:9)
B: Il giusto giudizio e la giusta punizione di Dio (Geremia 17:10)
A. Le azioni ingiuste (Geremia 17:11)
B: La giusta punizione (Geremia 17:11)

A questo punto, il profeta trae le conclusioni: il Signore è l’Altissimo (Geremia 17:12), il giudice incorruttibile, quindi l’unico su cui si può fondare la speranza e in grado di salvare. Perciò, tutti quelli che lo abbandonano saranno confusi (Geremia 17:13). Dio stesso lo conferma con la Sua risposta. Egli si riallaccia all’affermazione di Geremia “tutti quelli che ti abbandonano” e dice: “tutti quelli che ti abbandonano saranno confusi; quelli che si allontanano da te saranno iscritti sulla polvere,
perché hanno abbandonato il SIGNORE, la sorgente delle acque vive” (Geremia 1713).
L’espressione essere “iscritti sulla polvere”, quindi, equivale a essere confusi o perire. La sequenza logica del ragionamento è la seguente: il peccato è incancellabile iscritto nel cuore (v.1) – il cuore è ingannevole (v.9) – perciò l’uomo è come iscritto sulla polvere (v.13). Esiste soltanto una via di salvezza da questa sorte: non confidare nelle proprie qualità (v.5), ma soltanto nel Signore (v.7) e rivolgersi a Lui per sperimentare la purificazione, la guarigione e la salvezza delle quali parla il versetto 14 di Geremia 17. Per quanto riguarda lo scrivere sulla polvere: una società caratterizzata da un grado elevato di alfabetizzazione si servirà ovviamente dei mezzi più diversi per redigere dei messaggi scritti. Gli articoli di cancelleria erano però piuttosto costosi (per esempio la pergamena), oppure lo scrivere stesso comportava un certo dispendio di tempo e di fatica (per esempio iscrizioni su pietra). Perciò gli Israeliti rincorrevano a del materiale più a buon mercato quando si trattava di messaggi di attualità immediata, ma breve: utilizzavano cocci di terracotta, su cui scrivevano con inchiostro e penna. In un certo qual modo, i cocci erano il loro blocco per gli appunti, veloci, ma pur sempre comprensibili e trasmissibili (come per esempio i rapporti dal fronte scritti su cocci di terracotta da ufficiali ebrei nel corso della guerra giudaico-babilonese degli anni 5888/87 a.C., riportati alla luce dagli scavi di Lachis).

Il modo più semplice, meno costoso, ma che non consentiva di conservare il messaggio, era quello di scriverlo lì per lì sulla sabbia o sulla ghiaia del suolo. Così come esso veniva cancellato in breve tempo, anche l’uomo che non ripone la sua fiducia unicamente nel suo Dio, verrà cancellato. Questo, e quello a cui deve aver pensato Geremia nel fare il paragone. Per quelli, invece, che si affidano per fede al Figlio di Dio, valgono le Parole di Gesù Cristo: “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Luca 10:20) e: “io non cancellerò il suo nome dal libro della vita” (Apocalisse 3:5).

Infine, nel passo in cui si china due volte, si dice espressamente che “si mise a scrivere con il dito per terra” Geremia 17:6). Perché per Giovanni è importante sottolineare che Gesù scrisse con il dito? Ciò dovrebbe ricordarci un’altra occasione in cui il Signore scrisse “con il dito”, vale a dire quando diede i Dieci Comandamenti (Esodo 31:18). Mi sembra quindi che Gesù, chinandosi e scrivendo due volte voglia rimandare prima al patto della legge e poi a quello della grazia.

Sotto la legge, non ci sarebbe davvero stata grazia per l’adultera, né per nessun altro, neppure per delle persone super religiose come i Farisei, che in quel momento l’accusavano. Questo vuol dire Gesù con le parole: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei” (Giovanni 8:7). Nel secondo “scritto” del Signore, cioè il patto della grazia, che non è scritto su tavole di pietra, ma nei nostri cuori
(2° Corinzi 3:3), il peccatore trova grazia e perdono, certamente soltanto perché riconosce il suo peccato come tale, confessandolo, e lo abbandona. Gesù lo dimostra condannando inequivocabilmente l’adulterio come peccato, ma perdonando l’adultera ed esortandola a non peccare più.

Benedit Peters

Francesco La Manna | notiziecristiane.com
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