Felipe Anderson: quando le cose non vanno bene, Dio ha sempre il controllo

felipe-Anderson-rischia-la-panchina-nel-match-contro-lUdineseUn giorno con lui vale mille altri giorni altrove. Se stai cercando qualcosa per consolare il tuo cuore, non c’è nient’altro che potrà riempire il vuoto che senti o soddisfarti come Dio ti soddisfa.

Felipe Anderson, raccontaci chi sei in una frase.

Dico sempre che sono un ragazzo con grandi sogni, è Dio che ha seminato questi sogni nel mio cuore. Sono un ragazzo sempre felice e allegro, perché Dio mi vuole così. E sono un lavoratore, perché se vogliamo raggiungere dei sogni, dobbiamo lavorare.

Raccontaci un po’ la tua infanzia. Da dove nasce il tuo amore per il calcio?

La mia gioventù è stata molto bella. Abitavamo in un paesino molto piccolo, si chiama Santa Maria, nell’hinterland di Brasilia. Ci conoscevamo tutti, tra noi ragazzi eravamo tutti amici, e giocavamo sempre a pallone per le strada. Mia mamma mi dice sempre che atre, quattro anni avevo già “fame” di calcio. Ero sempre con un pallone tra i piedi. A dodici anni sono entrato in una scuola calcio e da lì non mi sono mai fermato. A 13 anni ho lasciato Brasilia e sono partito alla ricerca del sogno di diventare professionista. In tutto questo, ringrazio la la mia famiglia, che mi è sempre stata vicina. Siamo cinque fratelli, tre sorelle e due fratelli. Più una “sesta” sorella, che abbiamo adottato.

Dal Santos alla Lazio. Com’è avvenuto il tuo arrivo in Italia?

Mentre giocavo a Brasilia, fui notato da un osservatore, che alla fine del 2006 mi portò a fare un provino a Curitiba. Quattro mesi più tardi fui ingaggiato dal Santos e lì, grazie aDio, ho ricevuto tante benedizioni. Sono successe tante cose meravigliose. Nel 2010 sono diventato professionista sempre con il Santos, e ho vinto il campionato. Poi, nel 2013 sono stato acquistato dalla Lazio. E adesso sono qui, cercando di crescere sempre di più come calciatore, e cercando di dare lode al nome di Dio con la mia vita.

Ti trovi bene a Roma?

Mi piace il clima. A parte l’inverno, il resto dell’anno sembra come in Brasile. Le persone sono molto calorose, mi hanno accolto molto bene. Il cibo è buono e non mi fa rimpiangere quello brasiliano. Sai, noi brasiliani, dove andiamo, cerchiamo subito un ristorante con cucina brasiliana. È molto “difficile” per un brasiliano rinunciare alla nostra cucina. Ma a Roma non devo fare così, perché ogni piatto è ottimo.

Qual è stato il momento più bello della tua carriera sportiva?

Quando ho segnato il primo gol da professionista con il Santos. Guardavo sempre le partite in tribuna. Immaginavo di fare io gol e immaginavo la tifoseria che gridava per l’entusiasmo. Quando finalmente è successo tutto questo, mi sono sentito completamente realizzato. È qualcosa che Dio mi ha permesso di fare nella mia vita, non c’è modo di spiegare questa sensazione. Inoltre, un altro bel momento che ricordo con piacere è stato nel 2012 , quando mi hanno permesso di indossare la maglia numero 10, il numero cheera stato di Pelè.

Un sogno più di tutti?

Avevo il sogno di giocare in Europa, e l’ho già realizzato. Adesso il sogno è quello di diventare il calciatore più forte dl mondo. Ovviamente è il sogno di ogni giocatore. Sto lavorando tanto, tutto può succede quando ci credi. E un giorno mi piacerebbe giocare la Coppa del Mondo con la Selecao.

Da dove viene la tua fede?

È nata ascoltando la Parola, quando avevo 12 anni. Sentivo amici che parlavano di Dio e credo che Dio stesso abbia messo nel mio cuore il desiderio di conoscerlo, con animo aperto. Così cominciai ad avere tante esperienze con Dio. E dopo ogni esperienza, la mia fede si rafforzava. La fede è ciò che mi ha portato fin qui. Tanti avrebbero detto che sarebbe stato impossibile, per me, perché da dove vengo io ci sono migliaia di ragazzi, e ognuno di loro ha lo stesso sogno: diventare un calciatore professionista. Dio ha seminato, io ho ascoltato, e la Parola ha germogliato.

La tua famiglia è credente?

In famiglia sono stato il primo ad accettare il Signore, poi il mio esempio ha permesso a tutta la mia famiglia di conoscere l’amore di Dio. Anche se non sono ancora tutti credenti, leggiamo insieme la Parola e spesso succede che ciò che legge ciascuno dei miei familiari si riferisce esattamente a una situazione che sta vivendo in quel momento. Il Signore sta lavorando i loro cuori, secondo i suoi tempi.

Come è avvenuto il tuo incontro con il Signore?

Avevo un amico, a 12 anni, che aveva una cellula a casa sua. Così ho cominciato prima ad andare in chiesa con lui e poi a partecipare a un incontro per giovani. Sono stati tre giorni meravigliosi e alla fine non c’era altro da fare che… accettare il Signore! Sentivo la sua chiamata dal profondo del mio cuore.

Come vivi il messaggio del Vangelo?

Prima avevo l’abitudine di trasmettere nervosismo in famiglia, perché volevo tutto subito,al tempo mio, e mi agitavo con i miei fratelli. Dio mi ha insegnato ad aspettare il tempo suo, e ad avere sempre fede e speranza. Prima ero molto ansioso. Questo è stato un aspetto del mio carattere sul quale ho dovuto lavorare molto. Inoltre il Vangelo mi ha insegnato a trattare tutti come fratelli, non sono quelli di sangue, ma ogni essere umano. Il mio esempio è l’amore di Gesù.

E in campo? Come si diventa testimoni?

All’inizio, quando non riuscivo ancora a parlare italiano, mi chiedevo: “Come fare a comunicare l’amore di Dio?” Dio mi ha dato questa risposta nel cuore: “Quando è possibile, parla. Ma anche quando non è possibile parlare, è più importante vivere”. Ho fatto tesoro di questo, e cerco di vivere in questo modo. Poi sono i miei compagni che vengono da me e mi chiedono il perché dei miei atteggiamenti. Non sono uguale alla maggioranza, ma tutti mi rispettano. E proprio perché a volte non faccio come tutti gli altri, mi fanno delle domande. Ad esempio, loro pensano che sia strano vedere un giovane con un po’ di fama che sta sempre con la sua famiglia e non esce a festeggiare con la facilità con cui fanno gli altri giovani. Sono curiosi, e io uso questa opportunità per testimoniare.

Cosa significa per te essere un Atleta di Cristo?

Significa avere sempre speranza, sapere che quando le cose non vanno bene, Dio ne ha sempre il controllo. Devi dare sempre il tuo meglio, non cambia se vinci o se perdi, se è difficile o se è facile, se ti trovi bene o male. Significa sapere che Dio ha il controllo di tutto e che noi possiamo aiutarlo portando il messaggio del Vangelo quando se ne presenta l’opportunità.

Qual è il tuo versetto della Bibbia preferito?

Neemia 8:10 – “Non siate tristi, perché la gioia del Signore è la vostra forza

Cosa vorresti dire a chi leggerà la tua intervista e vorrebbe conoscere Dio?

Non c’è nulla di meglio al mondo che un giorno alla presenza del Signore. Un giorno con lui vale mille altri giorni altrove. Se stai cercando qualcosa per consolare il tuo cuore, non c’è nient’altro che potrà riempire il vuoto che senti o soddisfarti come Dio ti soddisfa. La sua allegria, il suo amore è eterno. Con Lui, anche tu avrai questa allegria e questo amore, sempre. Dio è tutto.

Atleti di Cristo

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