I cinque attentati in Francia di venerdi corso hanno gettato nello sgomento il mondo intero: da est a ovest e da nord a sud si stanno alzando, in coro, voci di solidarietà con i parigini che condannano il vile atto unendosi al dolore dei francesi.
Ancora una volta è il governo di Francoise Hollande a pagare un caro prezzo, dopo le stragi di inizio anno alla redazione di Charlie Hebdo, giornale satirico francese “reo” di aver offeso la figura di Maometto e Allah, e al supermercato Kosher ebraico: come in Rama, un tempo, si alzarono al cielo voci di strazio delle mamme che piangevano per la strage ordita da Erode (Matteo 2:3), così oggi si elevano alte le grida di disperazione di ben 129 famiglie, tanto quanto il numero delle vittime dei terroristi dell’Isis. I media stanno occupando interi spazi televisivi con interviste a vari leader politici o funzionari della difesa e della sicurezza militare, ma pochi si sono accorti che uno dei luoghi scelti per gli attentati è stato, come lo fu a gennaio, un altro obiettivo israeliano, cioè il teatro Bataclan in proprietà a facoltosi ebrei. Casualità o bersaglio mirato? L’Isis, malgrado molti fanno distinzione tra la morale religiosa sanguinaria di questo califfato e l’Islam moderato, non mira a colpire solo l’Occidente ma lancia chiari messaggi al popolo ebraico che occupa, secondo l’ottica palestinese, territori che non gli spettano.
Sebbene un po’ tutti, credenti e non, ivi compresi adepti di altri credo religiosi, siano addolorati per quest’azione bellica senza precedenti, come cristiani non possiamo lasciarci coinvolgere dall’ansietà e dal panico di queste ore; piuttosto, simili circostanze rappresentano un’opportunità per proclamare il messaggio di salvezza in Cristo al nostro prossimo, poiché non ci sono soluzioni umane al terrore. L’unica risposta alla violenza dell’Isis e alla paura è aggrapparsi a Gesù Cristo! Tuttavia, mentre la Francia piange, i fanatici dell’Isis lanciano moniti minacciosi al resto del mondo: Roma, Londra e poi Washington, secondo i tweet postati dai terroristi in rete, sarebbero gli altri obiettivi da colpire. Ma come si può dialogare con chi usa la fede come arma di ricatto psicologico? Il papa argentino dichiara con sofferenza che “non si può uccidere in nome di dio”: ma l’iddio degli arabi non è l’Iddio di Mosè e, quindi, chi uccide in nome di Allah non può essere associato a chi segue e crede nell’Unico e vero Dio Vivente che è Cristo Gesù. Oltremodo, l’Islam – la cui radice etimologica vuol dire “sottomissione” – non è affatto una religione pacifica perché il Corano prevede di togliere la vita altrui per “giusta causa” (Sura 6:152): gli occidentali sono, o meglio, siamo “infedeli” perché la nostra fede è diversa da quella professata dai musulmani.
Malgrado siano diverse le fonti che tentano di tracciare la logica razionale che ispira l’Isis (complotti degli stessi americani, cospirazioni varie etc.), vorrei però che il lettore si soffermasse su due parole che, anche in questa occasione, sono state proclamate con forza dai media tanto da divenire quasi familiari alle nostre orecchie, ossia “pace e sicurezza”: Pace, perché il mondo è stanco di guerre e miserie, e Sicurezza non per temi legati all’inflazione o alla crisi economica bensì perché il mondo ha bisogno di sentirsi sicuro dal terrorismo. Personalmente penso che questa ennesima strage spronerà i vari governi a stringere i tempi per una schedatura o controllo sistematico di ogni immigrato, al fine di poter identificare in tempo reale chi entra nei confini come clandestino o scopi non pacifici; e difatti, la tecnologia satellitare mondiale è a buon punto per attuare questo sistema globale perché, già dopo l’attentato dell’undici settembre 2001 alle Torri gemelle (Manhattan), gli Usa e i paesi dell’U.E. hanno intrapreso accordi bilaterali strategici per lo scambio di notizie e dati relativi al mondo terroristico, islam in particolare. In tal senso, tutte le polizie internazionali, con l’apporto anche di alcuni paesi del Sudamerica, hanno oggi la possibilità di fornirsi a vicenda ogni dato utile per classificare, monitorare e identificare chiunque fosse coinvolto con crimini e azioni legate al terrorismo internazionale.
Peraltro, il supporto satellitare e l’uso di internet si stanno rivelando molto preziosi, sì da essere stati adottati dall’FBI e dai vari nuclei dell’Intelligence europea per prevenire azioni criminose in qualsiasi nazione. A tal uopo, giova ricordare che poche ore dopo l’attentato in Francia, il ministro della Difesa del nostro paese ha convocato il Comitato per la Sicurezza per rivedere le norme della security nazionale, mentre in Turchia si svolgeva un summit dei G20 per trattare sul terrorismo e la Sicurezza. Pertanto, poiché questa ricerca forsennata di pax mundi dimostra che i tempi sono maturi per quel grido universale di ogni popolo affinchè si realizzi quella “pace e sicurezza” che sarà, al contrario, l’inizio della rovina (1^ Tessalonicesi 5:3), esorto chi legge a non lasciarsi intimidire dal clima di paura generale e ad andare oltre le righe: infatti, se l’Umanità avverte il bisogno di vivere in pace e al sicuro da ogni azione terroristica, ciò vuol dire che questo momento storico deve essere preceduto da un serio rischio di guerra mondiale. E non stiamo sperimentando proprio questo clima di terrore dopo gli atti dell’Isis, e non solo in Francia?
Salvatore Di Fede | notiziecristiane.com
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook