Chi è stato salvato può perdere la propria salvezza?

salvezza1Le Scritture contengono diverse esortazioni precise contro il compiacimento spirituale. E’ del tutto possibile che un individuo che si professa Cristiano ceda a un peccato madornale o diventi un apostata della fede. “Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima. Perché sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato dato loro ( 2Pietro 2:20-21).

Esortazioni come queste, e nella Bibbia ve ne sono molte altre, indicano chiaramente il pericolo reale di una “decisione” o “accettazione” di Cristo superficiali. Anzi, una persona che abbandoni la fede, dopo aver realmente compreso la verità dell’Evangelo nella sua pienezza, non potrà mai tornare indietro!
“Infatti quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo futuro, e poi sono caduti, è impossibile ricondurli di nuovo al ravvedimento perché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figlio di Dio e lo espongono a infamia (Ebrei 6:4-6).

Da questi passi e da molti altri, sembra del tutto certo che se un “salvato” dovesse mai arrivare al punto di ripudiare la propria fede nelle Sacre Scritture e nel Signore Gesù Cristo, sarebbe irrevocabilmente condannato e perduto. Essendo cosciente del fatto che Cristo è Dio e che morì e risuscitò per la sua redenzione, questi l’ha rigettato consapevolmente e volontariamente, e non c’è nient’altro che Dio possa fare per una tale persona. Non resta più alcun sacrificio per i peccati; rimangono una terribile attesa del giudizio e l’ardor d’un fuoco (Ebrei 10:26-27).

Ma la domanda legittima con cui ci si chiede se una tale persona sia stata mai salvata realmente. La Bibbia, in effetti, sembra suggerire di no. Parlando di tali individui, Giovanni dice: “Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri ( 1° Giovanni 2:19).

L’esempio classico è dato da Giuda Iscariota. Egli era uno dei dodici apostoli originari, all’apparenza un credente e intimo seguace del Signore Gesù Cristo per più di tre anni. Eppure, non era salvato fin dall’inizio! Agli inizi del suo ministero, anzi, Gesù disse: “Non ho io scelto voi dodici? Eppure, uno di voi è un diavolo ( o letteralmente, un avversario) (Giovanni 6:70). Quando, infine, egli tradì Gesù e perse la propria posizione, ciò avvenne affinché egli potesse andarsene al suo luogo
(Atti 1:25).

Per la verità, sarebbe una contraddizione linguistica dire che un individuo può essere prima realmente “salvato” e poi nuovamente “non” salvato”. Egli è stato “salvato” dalla pena del peccato (Romani 5:9), dalla condanna (Romani 8:1) e dall’inferno (Giuda 23). Quindi, se finisce condannato all’inferno, chiaramente non era “salvato” da queste cose.
Un’antitesi analoga sarebbe parlare di dono della “vita eterna” se non fosse realmente eterna! Eppure la Scrittura dice: “Chi crede nel Figliolo ha (non “spera di avere”, ma ne è in possesso proprio adesso!) vita eterna (Giovanni 3:36). Se mai si potesse perdere una tale vita, chiaramente questa non sarebbe eterna.

Una delle verità messe in risalto dall’Evangelo con maggior chiarezza è che la salvezza è un dono gratuito (Efesini 2:8-9; Romani 6:23 ecc.), che non si consegue con opere di nessun tipo. E ancora una volta, è semanticamente incoerente supporre che, benché un uomo non sia salvato per le buone opere, debba continuare a compiere buone opere per conservare la propria salvezza. Poiché, se deve conservare la salvezza mediante le proprie opere, è evidente che non può davvero ottenerla senza queste opere. D’altro canto, se la salvezza è realmente il dono della grazia di Dio come insegna la Bibbia, allora come può esserci un prezzo da pagare per guadagnarsela?

Sopra tutto ciò abbiamo la garanzia sicura di Cristo Stesso: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano (Giovanni 10:27-28). Quindi non siamo noi che ci aggrappiamo a Lui, ma è Lui che ci sostiene! Nella sala di sopra, Egli pregò: “Padre santo, conservali nel tuo nome, essi che tu m’hai dati … ti prego … che tu li preservi dal maligno (Giovanni 17:11-15). Non c’è dubbio, naturalmente, che il Padre risponderà del Suo amato Figlio.

Le Scritture sembrano insegnare con semplicità, quindi, che un individuo che sia realmente salvato, in Cristo Gesù avanti i secoli ( 2 Tito 1:9), è eternamente salvato e al sicuro in Cristo.
Queste meravigliose promesse, tuttavia, devono essere bilanciate dalle esortazioni bibliche a non abbandonare la fede. Questi due principi di verità apparentemente paradossali non si contraddicono, ma piuttosto sono tra loro complementari e si avvalorano reciprocamente. Vi sono validi motivi per essere certi della salvezza, ma non c’è nessuno per essere presuntuosi.

Un individuo che sia realmente e certamente nato dallo Spirito Santo (Giovanni 3:6) è stato reso partecipe della natura divina (2 Pietro 1:4) e non può peccare perché è nato da Dio (1 Giovanni 3:9). Ha ricevuto lo spirito di autocontrollo (2 Tito 1:7) ed è stato trasformato mediante il rinnovamento della sua mente (Romani 12:2), così che non è più uno scettico e un censore della Parola di Dio, ma piuttosto, cerca di comprenderla e credervi nella sua interezza. Un tale individuo, anzi, non inciamperà giammai (2 Pietro 1:10), perché chi è nato da Dio conserva sé stesso, e il maligno non lo tocca (1 Giovanni 5:18) E’ possibile che qualche volta incespichi e debba continuamente ricercare il perdono di Dio e il ristabilimento di gioia e pace (1 Giovanni 1:7-9), ma da quel momento in poi l’amore di Cristo lo costringe, così che non cercherà più di vivere per se stesso, ma per Colui che è morto e risuscitato per lui (2° Corinzi 5:15).

La cosa essenziale, perciò, è che ogni uomo si assicuri di essere realmente salvato. Non deve fondare la propria speranza di salvezza sulle proprie buone opere, sulla chiesa, su un’esperienza religiosa o su qualsiasi altra cosa, che non siano il Signore Gesù Cristo, la morte vicaria e la Sua risurrezione, come ce le rivelano le Scritture. Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede; provate voi stessi
(2° Corinzi 13:5).
Se è realmente salvato, essendo andato a Cristo con vero pentimento e fede, egli è rigenerato (1° Pietro 1:23) e lo Spirito Santo è venuto perché stia con voi in perpetuo (Giovanni 14:16).

Martyn Clark

L’equilibrio scritturale:

Le rispettive posizioni dottrinali dei calvinisti e degli arminiani sono contenute nelle Scritture. Il Calvinismo esalta la grazia di Dio come sola fonte di salvezza, e così fa la Bibbia; gli arminiani insistono sulla libera volontà e responsabilità dell’uomo, e così fa la Bibbia. La soluzione esatta consiste nell’evitare gli estremismi non scritturali di entrambe queste opinioni e nell’astenersi dall’aderire all’una per reagire agli estremismi dell’altra. Perché, quando si assume una posizione di reazione nei confronti di una dottrina, si cade nell’errore opposto, da un estremo si va all’altro estremo, con conseguenze negative. Ad esempio, insistere troppo sulla sovranità e la grazia di Dio nella salvezza può portare a condurre una vita moralmente trascurata, per la semplice ragione che il credente, indotto a credere che il suo modo di vivere e di condursi non ha nulla a che vedere con la sua salvezza, non si curerà di controllarsi. D’altra parte, insistendo troppo sulla libera volontà e responsabilità dell’uomo, in reazione al calvinismo, si può arrivare alla schiavitù del legalismo. Illegalità e legalismo sono due estremi da evitare.
Quando Finney si trovava a prestare la sua opera in una comunità nella quale si era insistito troppo sulla grazia, insisteva fortemente sulla dottrina della responsabilità dell’uomo. Quando teneva una riunione in una comunità nella quale si era troppo insistito sulla responsabilità e sulle opere dell’uomo, metteva in rilievo la grazia di Dio. Se lasciamo i misteri della predestinazione e ci mettiamo all’opera per ottenere la conversione del popolo, non saremo travagliati da tale questione. Wesley era arminiano e Whitefield calvinista, ma entrambi condussero miglia di persone a Cristo. Dei pii predicatori di estrazione calvinista, come Spurgeon e Finney (tra l’altro Finney ebbe un bellissimo battesimo nello Spirito Santo). hanno predicato la perseveranza dei santi in modo tale da scoraggiare la trascuratezza, Essi avevano cura di mettere in rilievo che, poiché un vero figliuolo di Dio persevera sicuramente fino alla fine, se qualcuno non persevera c’è da mettere in dubbio la sua conversione! Se qualcuno non si attiene alla santificazione, disse Calvino, farebbe bene a mettere in dubbio la sua elezione.

Ci troveremo sicuramente davanti ad un ostacolo se volessimo indagare le profonde verità della prescienza di Dio e del libero arbitrio dell’uomo; ma se ci atteniamo alle esortazioni pratiche della Bibbia ed adempiamo i chiari doveri che ci sono stati imposti, non sbaglieremo: “Le cose occulte a appartengono all’Eterno, al nostro Dio, ma le cose rivelate sono per noi” (Deuteronomio 29:29).

In conclusione, reputiamo che non sia saggio fermarsi a lungo sui pericoli della vita cristiana, si dovrebbe piuttosto insistere sui mezzi della sicurezza: la potenza di Cristo come Salvatore, la fedeltà dello Spirito che dimora in noi, la certezza delle promesse divine e l’immancabile efficacia della preghiera. Il Nuovo Testamento insegna una vera “sicurezza eterna” assicurandoci che, nonostante la debolezza, le imperfezioni, gli impedimenti e le sofferenze esteriori, il cristiano può essere sicuro e vittorioso in Cristo, e può esclamare con l’apostolo Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada?… Anzi, in tutte queste cose, noi siam più che vincitori, in virtù di colui ci ha amati. Poiché io son persuaso che né potestà, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura, potranno separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore (Romani 8:35-39).
Myer Pearlman

Francesco La Manna | notiziecristiane.com

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