Mi sento un po’ turbato ogni qualvolta sento parlare della cosiddetta “buona morte”, perché mi chiedo se quello che molti pensano su tale argomento sia davvero giusto e sensato oppure no. Molti vorrebbero che questa prassi diventasse una moda e si battono perché venga approvata una legge che permetta di togliere la vita ad un essere umano. E quello che mi turba è il pensiero che mentre il diritto è stato concepito per tutelare e salvaguardare la vita alcuni vorrebbero che esso servisse a togliere la vita!
Ma quella che molti chiamano ‘buona morte’, è veramente tale ? Se si ammette pure che un cavallo una volta zoppo possa venire soppresso, si può dire che una cosa del genere possa valere anche per un essere umano ? Sostenere una cosa del genere non equivale ad ammettere che non ci sarebbe alcuna differenza tra un essere umano ed un animale? E l’uccidere un essere umano come se fosse un animale, sarebbe questa la buona morte?! Coloro che equiparano la vita di un essere umano a quella di un animale (che magari, come nel caso del cavallo, una volta zoppo non è più buono a nulla) probabilmente ritengono anche che il destino di un uomo sia simile a quello di un animale; per cui come si può uccidere l’uno si potrebbe fare anche per l’altro! A me una tale equiparazione (tra l’uomo e l’animale) ed il fatto di non avere nessuna visione eterna per il destino dell’uomo non sembrano indizi positivi a favore di una cosiddetta ‘buona morte’. Non avere alcuna visione né alcuna speranza sul destino dell’uomo dopo la morte è casomai una condizione esistenziale fondamentalmente triste e vuota.
D’altra parte la morte, come esito finale dell’esistenza di un uomo, dovrebbe essere valutata alla luce di quello che è stata, appunto, la sua vita. Infatti la morte vista come qualcosa a sé stante perde di significato. La morte ed il momento del morire vanno valutati in funzione di quella che è stata la vita della persona che sta morendo. Una cosiddetta ‘buona morte’ dovrebbe essere commisurata rispetto ad un’altrettanto buona vita. Se un uomo ha ben vissuto, allora, la sua morte sarà il coronamento di una vita piena e degna di significato, sia rispetto a quello che ha fatto prima di tale momento sia rispetto a quello che una tale vita (degnamente vissuta) merita come premio e traguardo di ciò verso cui essa si è protesa nell’arco e nel corso del suo pellegrinaggio terreno. Disgiunta e svincolata dalla vita, la morte, in sé stessa, perde di qualsiasi significato. Come esemplificazione di questo rapporto e di questa relazione tra la vita e la morte, tra il modo in cui si è vissuti ed il modo in cui conviene morire, mi viene alla mente l’esempio per eccellenza di Colui che è vissuto e morto nel modo più glorioso e degno che sia possibile immaginare, Gesù Cristo! La sua vita è stata gloriosa sotto ogni aspetto. Lui non è vissuto per inseguire gli istinti più bassi delle passioni umane; la sua passione è stata quella di adempiere la volontà del Padre. Lui è vissuto seguendo un Disegno preciso, un Destino già scritto (sin dall’eternità), un Piano che Egli ha adempiuto alla lettera mentre ha vissuto sulla terra, ed ha realizzato un Progetto che non si è affatto concluso con la sua morte. A dare senso alla sua morte è stata proprio la sua stessa vita. Con la vita che Gesù Cristo ha vissuto Egli è anche andato consapevolmente a morire, poiché a dare senso alla sua morte è stata la prospettiva del suo Destino futuro alla destra del Padre. In Cristo il passato, il presente ed il futuro si sono intrecciati in un Unico Piano eterno e glorioso.
Mentre era sulla terra Gesù disse “Per questo mi ama il Padre, perché io depongo la mia vita per prenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me stesso; io ho il potere di deporla e il potere di riprenderla di nuovo; questo comando ho ricevuto dal Padre mio” (Giovanni 10: 17, 18). Oh quanto hanno da dirci tali parole! Gesù era consapevole della volontà di Dio per la propria vita, sia per come doveva spenderla in vista di Lui, sia per come sarebbe andata dopo la morte: vivendo per/in Dio, Gesù avrebbe ripreso la sua vita anche dopo la morte, perché il Fine ultimo della vita non è appunto la morte, ma la Vita. Con la morte, dunque, non finisce tutto. Anzi, semmai, riinizia tutto! E con tale consapevolezza Gesù disse “Nessuno mi toglie la vita, ma sono io che la depongo da me”. Perché? Perché Gesù sapeva:
- che il deporre la sua vita per noi (per il riscatto e la redenzione delle anime nostre) rientrava nel piano di salvezza di Dio per il genere umano;
- che, dopo il suo sacrificio, sarebbe ritornato al Padre, la fonte della Vita (anche dopo, cioè oltre, la morte).
Questa è una consapevolezza che è frutto del conoscere non solo le cose dell’al di qua, ma anche (e soprattutto) le cose dell’al di là. Solo una tale visione completa ha permesso al Signore di affrontare il martirio della croce, poiché come dice sempre la Scrittura “Il quale (Gesù), per la gioia che gli era posta davanti (la gloria eterna nel regno di Dio), soffrì la croce, disprezzando il vituperio, e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio” (Ebrei 12:2).
Ecco perché in Cristo abbiamo il vero senso della morte. La morte non è la fine. La morte non è il centro dell’esistenza; essa è solo un passaggio…tra due dimensioni di vita: quella terrena e quella celeste. Dunque la morte va compresa secondo una consapevolezza piena che ci porti a sapere (come lo sapeva Gesù) in quale dimensione andremo una volta varcato il passaggio, la soglia, della morte. Essa ci proietterà nel tempo dell’eternità , in un regno che non avrà mai fine. Ed, allora, ciò che conta non è il passaggio in sé e per sé della morte, ma la dimensione in cui, poi, una volta superato quel passaggio, andremo a dimorare per l’eternità.
Quante volte Gesù durante il suo ministerio terreno ha annunciato il regno dei cieli, indicandolo come il regno di Dio, il regno del Padre suo, insegnando ai suoi discepoli a pregare dicendo “Padre nostro che sei nei cieli…”? E, dunque, a quale regno vuole che noi guardiamo quando pensiamo alla dimora in cui dovremmo andare una volta cessata questa vita terrena?
In Cristo la morte non è la fine e non ha la parola fine!
L’apostolo Paolo sperimentando una vita di comunione con Cristo potè dire:
- Nono sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me (Galati 2: 20);
- Per me il vivere è Cristo ed il morire un guadagno (Filippesi 1: 21)
E, allora, cosa dire della ‘buona morte’? La buona morte sarà quella di chi ha condotto una buona vita, una vita pienamente consapevole di essere stata spesa in vista ed in funzione di Dio. Così vivendo e così credendo, la nostra morte sarà solo un passaggio, al di là del quale entreremo nel Regno che “E’stato preparato per noi (da Dio) sin dalla fondazione del mondo” (Matteo 25: 34).
Per coloro secondo cui la morte coincide con la fine ecco che non vi è alcuna speranza, nessuna visione di vita oltre la morte. Ed, allora, per costoro non rimane che la tristezza, lo sconforto e la disperazione dinanzi alla morte.
Ma per coloro che ricevono la vita di Cristo in se stessi, già durante questa vita terrena, ecco che dinanzi a loro si apre la prospettiva di un destino ben diverso. Per costoro la morte sarà solo un passaggio dalla dimensione temporanea e limitata di questa vita terrena e mortale ad una dimensione di vita illimitata, immortale ed eterna.
Che morte diversa ebbero i due ladroni posti sulla croce l’uno alla destra e l’altro alla sinistra di Gesù. Apparentemente entrambi fecero la stessa fine, ma uno di loro si sentì dire da Gesù (che ha deposto la sua vita sapendo di riprenderla e di vivere per sempre insieme al Padre): “In verità ti dico che tu oggi sarai con me in paradiso”. Perciò quest’uomo per un attimo passò dalla morte, ma la prospettiva con cui guardò e affrontò la morte era quella della…vita, e della vita…eterna!
Perciò la buona morte è qualcosa che dipende da una buona vita. E entrambi si possono trovare e ricevere da Gesù. Perciò è scritto così: “Beati coloro che muoiono nel Signore” (Apocalisse 14: 13). Perciò, caro lettore, se quando ti toccherà oltrepassare la soglia che collega questa vita all’eternità vorrai davvero avere una ‘buona morte’, preoccupati di vivere bene, ossia di affidare (sin da oggi) la tua vita al Signore, affinché in quel giorno Egli possa dire anche a te “In verità io ti dico che tu oggi sarai con me in paradiso”. Iddio ti benedica
Enzo Maniaci | notiziecristiane.com
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