Il 5 novembre la Commissione Europea, con l’ausilio di dati forniti dell’Acnur, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha aggiornato le previsioni relative ai flussi migratori verso l’Europa occidentale.
Le stime parlano di tre milioni di emigranti entro il 2017 che, come in passato, arriveranno in gran parte attraversando il Mediterraneo. Non si fermerà l’esodo dalla Siria, si prevede, e, come negli ultimi anni, altri emigranti arriveranno da Iraq, Afghanistan, Eritrea e Somalia, teatro di guerre e di gravi violazioni dei diritti umani. Soltanto dalla Turchia alla Grecia, nonostante l’avanzare dell’inverno, nei prossimi mesi la media sarà molto probabilmente di 5.000 persone al giorno, sostiene l’Acnur.
L’agenzia ONU riferisce che dall’inizio dell’anno sono arrivati nell’Unione Europea via mare oltre 750.000 emigranti mentre nel 2014 erano stati 282.000 in tutto. Ben 608.000 sono sbarcati in Grecia, divenuta nel 2015 la destinazione preferita. Altri 140.000 sono arrivati in Italia.
Secondo la Commissione Europea, l’onere finanziario dell’accoglienza agli emigranti nel 2015 a fine anno sarà pari a quasi lo 0,5% del Prodotto interno lordo continentale mentre gli effetti positivi in termini di crescita del Pil saranno decisamente inferiori: si prevede infatti un aumento dello 0,2-0,3% al massimo, a fronte di un incremento demografico dello 0,4% circa.
L’annuncio di una crescita del Pil, seppure minima, grazie all’afflusso di emigranti e profughi non è valsa a rassicurare. La prospettiva di milioni di nuovi arrivi è stata accolta con allarme da molti stati membri. Tra i commenti spicca quello del parlamentare europeo Nigel Farage, leader dello United Kingdom Independence Party: “la previsione di tre milioni di nuovi ingressi – ha dichiarato – dimostra meglio di qualsiasi altro argomento il bisogno della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea e di ristabilire dei propri controlli di frontiera” dato che, continuando a farne parte, Londra non è assolutamente in grado di impedire l’immigrazione da altri stati dell’Unione.
La maggior parte degli emigranti, sempre stando ai dati acquisiti dalla Comissione Europea, mirano a raggiungere la Germania dove intendono chiedere asilo, sperando di ottenere lo status di rifugiato. Le autorità tedesche ritengono che nei prossimi 12 mesi il paese riceverà complessivamente almeno 800.000 nuovi richiedenti asilo, ma potrebbero essere molti di più: forse addirittura 1,5 milioni. Per questo il governo tedesco ha deciso di rendere più veloci le procedure per l’esame delle richieste e il rimpatrio dei richiedenti asilo respinti.
Il Cancelliere Merkel ha annunciato a tal fine la creazione di cinque centri speciali incaricati di esaminare le domande degli emigranti che hanno scarse probabilità di ottenere lo status di rifugiato in considerazione dei paesi di origine e della loro personale situazione. Si occuperanno dei richiedenti asilo originari di paesi ritenuti sicuri, di quelli a cui è stato vietato il ritorno in Germania dopo esserne già stati espulsi e di quelli che rifiutano di cooperare. Si ritiene che, grazie all’istituzione dei nuovi centri e allo snellimento delle procedure, l’esame delle richieste possa richiedere una settimana e non più mesi come è successo finora e che gli appelli possano a loro volta essere giudicati entro due settimane.
In base ai dati a disposizione, si prevede che la maggior parte delle domande saranno respinte e i richiedenti rimpatriati, come d’altra parte è successo nel 2014 quando l’Unione Europea ha concesso lo status di rifugiato a 184.665 richidenti asilo su 570.000 domande presentate nel corso dell’anno a cui si aggiungevano quelle degli emigranti arrivati negli anni precedenti e ancora in attesa di risposta proprio a causa dei tempi lunghi impiegati per deliberare. Il maggior numero di richieste accolte ha riguardato profughi provenienti da Siria, Eritrea, Afghanistan, Iraq e Iran.
Quello dei tempi lunghi per accertare la fondatezza delle richieste di asilo in effetti è un grosso problema e non soltanto perché comporta elevati oneri finanziari e di gestione generale dell’emergenza emigrazione. Sapere di poter contare su lunghi periodi di attesa prima di una sentenza definitiva di rimpatrio incoraggia l’emigrazione irregolare inducendo a tentare l’ingresso in Europa anche persone che non hanno la minima possibilità di ottenere lo status di rifugiato: che, vale la pena ricordarlo, è uno status giuridico personale concesso a chi può dimostrare di aver lasciato il proprio paese temendo a ragione, perchè minacciato dal proprio governo o perchè quest’ultimo non è in grado o non è disposto a tutelarlo, di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale.
Le norme internazionali prevedono infatti che, dal momento in cui una persona presenta domanda di asilo alle autorità di uno stato, ha il diritto e il dovere di risiedervi mentre la richiesta viene esaminata e finché non ottiene una risposta. Inoltre, se respinto, un emigrante ha facoltà di ricorrere in appello. Trascorrono così mesi e persino anni durante i quali il richiedente non può essere espulso. Ne può approfittare per integrarsi in qualche modo oppure per inserirsi in attività illegali, far perdere le proprie tracce se lo ritiene conveniente, varcare i confini del paese ospite evitando i controlli e recarsi altrove.
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