Testimonianza di Gabriele: Ho 38 anni e abito a Napoli. Fin da quand’ero piccolo sentivo qualcosa in me che non so spiegare, che mi faceva sentire diverso dagli altri.
Infatti, non ero come gli altri ragazzi; i miei desideri erano diversi. Ricordo che mi piaceva giocare con le bambole e invece di giocare con gli altri bambini giocavo con le bambine. Mi piaceva stare e giocare con loro. Non sapevo cosa significasse ma sapevo che ero diverso dagli altri miei coetanei. Mia madre si arrabbiava e mi diceva di non comportarmi in quel modo, mi diceva che ero un maschio e non una femmina, e questo mi feriva. A volte avrei anche voluto cambiare, ma avevo un desiderio molto forte di questa femminilità e non sapevo da dove veniva. A volte pensavo: “Non voglio farlo, però mi piace, quindi perché no, che c’è di male?”. Non so spiegarlo, ma mentre crescevo questa “seconda personalità” cominciò a prendere il sopravvento. Ricordo che già quando frequentavo la scuola elementare guardavo con affetto un mio amico e mi sentivo molto attratto da lui, volevo essere speciale ai suoi occhi. Fu così che questa menzogna iniziò a crescere nella mia mente.Quando ero con i miei amici cercavo di nascondere le mie tendenze perché sentivo che erano sbagliate. Volevo vestirmi diversamente e cercavo sempre degli indumenti colorati. Ero molto attratto da quelli femminili: vestiti, gioielli, e tutto ciò che luccicava. Cominciai ad avere qualche conflitto interiore perché non volevo accettare il fatto che ero un maschio e questo portò molta amarezza nella mia famiglia. Pensando che potesse servirmi, i miei genitori mi mandarono via in un collegio cattolico, ma questo non servì proprio a niente. Lasciai quella scuola a sedici anni, dopo esserci vissuto per tre anni. Dissi a mia madre che ero cambiato ma in realtà ero lo stesso di prima, o peggiore, perché quei desideri avevano continuato a crescere in me. La realtà era che non riuscivo più ad accettare me stesso come un uomo, però dovevo nascondere questo fatto agli altri. Cominciai a lavorare e passarono altri quattro anni, quindi decisi di affrontare la vita da solo. Ero attratto dagli omosessuali che vivevano nella stessa zona della città dove abitavo. C’erano molti giovani che si travestivano da donna e che si prostituivano. Mi piaceva il loro modo di vivere. Ero pieno di ribellione verso i miei genitori e proprio allora incontrai un amico che alimentò il mio impeto dicendomi che loro non potevano impedirmi di essere quello che io ero. Sebbene io sapessi che era una realtà buia, vi ero legato e non potevo uscirne. Decisi di lasciare la mia casa per andare a vivere con un amico che mi insegnò come comportarmi e apparire come una donna. Mi insegnò a ritoccare le sopracciglia, mettere il make-up, e vestirmi come una donna. Era quello che avevo sempre sognato. Lui mi fece capire che ero così perché lo ero anche dentro di me, e io credevo in tutto ciò che mi diceva. Pensavo che questa fosse ormai la mia strada e che non c’era nessun’altra soluzione per la mia vita. Stavo lavorando e cominciavo a vivere sulla strada. Il mio amico mi disse che dovevo guadagnarmi dei soldi, così cominciai a prostituirmi. Era anche un modo per liberarmi da tutta la frustrazione che avevo serbato in me per tanto tempo, un modo per liberare quella “femminilità” che mi dominava, un modo per vivere in modo diverso. Per anni, camminai in un tunnel oscuro: credevo che l’unico modo di trovare me stesso ed essere felice era vivere come donna, e al tempo stesso vedere gli altri intorno a me essere disgustati dai miei strani modi di fare. All’inizio ciò mi feriva perché non capivo che mi stavano rifiutando, ma pian piano capii che ero diventato un reietto della società.
Fui preso dalla polizia. Cominciai a vedere che le cose non andavano come pensavo io. Non riuscivo a convincere nessuno che io non volevo essere com’ero ma che c’era qualcosa in me che mi costringeva. Pensavo che forse sarebbe stato meglio se fossi cambiato completamente. Cominciai a prendere degli ormoni e a perfezionare le mie imitazioni. Dicevo a me stesso: “Sono fatto così, e così resterò comunque”. “La natura mi ha fatto così!”. Pensavo: “Sono stato creato diverso”. Era così che giustificavo il mio modo di vivere. Stavo vivendo con altri che si stavano facendo cambiare i loro corpi e le loro facce chirurgicamente per cancellare i loro aspetti maschili e assomigliare di più alle donne. Ma c’era qualcosa dentro di noi che non andava.
A volte mi giustificavo dicendo: “Sono una donna in un corpo maschile”. Vedevo che i miei amici tornavano da Londra dopo aver fatto un’operazione per cambiare sesso, perché l’obbiettivo di ogni travestito è sentirsi come una donna vera. Era l’ultima frontiera che rimaneva davanti a me. Eppure vidi quelle persone cadere in depressione, non si sentivano accettati e non raggiunsero mai il loro sogno.
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Mentre mi prostituivo per strada, notai che le persone che venivano con me erano piene di avvilimento e tristezza. Cercavano qualcuno a cui parlare, qualcuno su cui riversare le loro frustrazioni. Capii che non mi stavo sentendo male perché avevo scelto quella vita, ma che tutta l’umanità si trovava nel dolore. Una sera tornai a casa ed ero veramente triste. Non ricordo dove ero stato, forse in un night-club durante una notte di pioggia. Ricordo solo che mi sentii così male che il dolore era indescrivibile. Era un dolore fisico; mi sentivo morire dentro e cominciai a gridare a Dio dicendo: “Dio, perché sono nato? Perché devo soffrire così tanto? Perché non posso vivere come una persona normale, con una moglie e una famiglia, essere felice, amare e vivere una vita tranquilla?”. Mentre ero nel mio letto cominciai a benedire Dio e sentii una grande gioia dentro di me. In quel momento fu come se una luce venisse vicino a me e io volevo toccarla, ma essa sparì. Non so cosa accadde quel giorno, ma sono certo che Dio toccò la mia vita. Questo accadde tre o quattro anni prima del giorno in cui fui salvato, ma lasciò un segno nel mio cuore. Parlando a un amico dissi: “Ci dev’essere un modo perché noi possiamo cambiare. Perché dobbiamo continuare a vivere una bugia e sentirci male anche solo a parlarne? Non ci accettiamo noi, e nessun altro ci accetta”. Il mio amico rispose: “E allora, che vuoi fare? Questa è la nostra vita e non riusciremo mai a cambiare; siamo nel giro e non ne usciremo mai”. Ringrazio Dio che un anno fa incontrai un credente di nome Biagio che veniva dalla mia stessa condizione. Era stato un omosessuale, ma non l’avevo più visto per quattro anni. Avevo sentito dire che era cambiato ma non capii cosa potesse essergli successo. Quando lo rividi, mi accorsi che era realmente cambiato. Era vestito normalmente, e soprattutto potevo vedere un cambiamento nel suo volto e nella sua espressione. Mi parlò di come Gesù Cristo lo aveva cambiato, e disse che Gesù poteva fare lo stesso per me. Quella mattina, andai in ospedale a trovare un amico che aveva l’AIDS e che stava morendo. Potevo vedere la paura della morte nei suoi occhi, non a causa della morte fisica ma perché stava morendo senza Dio. Capii che dovevo fermarmi e dare la mia vita a Gesù affinché mi cambiasse. Una sera andai a un raduno della tenda con Biagio, a quel tempo era a Napoli, e mi spiegò che dovevo solo chiedere a Gesù di perdonarmi con tutto il mio cuore, e Lui mi avrebbe perdonato e avrebbe cambiato la mia vita. Mi fece leggere nella Bibbia che davanti a Dio siamo tutti uguali e che tutti abbiamo bisogno di chiedere il perdono dei nostri peccati. Fui incoraggiato vedendo che davanti a Dio io ero come chiunque altro, e che Lui ci ama tutti nello stesso modo. Ringrazio davvero Dio per come ha cambiato la mia vita e posso testimoniare che l’amore di Dio ha cambiato il mio cuore, i miei desideri, e ha aperto i miei occhi. Quella sera, quando tornai a casa mi guardai allo specchio e vidi il vero Gabriele: finalmente vedevo la mia vera identità. Prima non riuscivo a capire se ero un uomo o una donna. Dio mi fece chiaramente capire che sono un uomo, e che tutti quei pensieri che avevo erano menzogne del diavolo. Ringrazio Gesù perché Lui è morto per i miei peccati e grazie a Lui io posso veramente gridare “Sono libero!”. Ora so che con Gesù Cristo ho ottenuto la vittoria e posso andare avanti perché Lui vive in me e mi dà la forza di dire no ai peccati. Questa è la cosa meravigliosa che Gesù ha fatto nella mia vita, e voglio ringraziarLo tutti i giorni della mia vita!
Testimonianza di Giuseppe
Giuseppe fu uno dei primi travestiti d’Italia; si faceva chiamare “Florinda” e si prostituiva per guadagnare dei soldi, che poi dissipò quando cominciò a fare uso di droghe. Egli racconta: Avevo incontrato Gabriele 24 anni fa; viveva la mia stessa esperienza. Non lo vidi per più di 10 anni, sebbene avessi sentito dire che era diventato qualcosa come un missionario. Prima della mia conversione, volevo morire perché realizzavo che non c’era più speranza per me, anche con tutto l’aiuto da parte degli ospedali e della mia famiglia. Ingoiai così tanti tranquillanti, gocce, pillole e droghe, che finii una ventina di volte in ospedale, quasi in fin di vita. L’ultima volta cercai di ingoiare una capsula di veleno per topi e mi si paralizzarono le braccia e le gambe. Mi svegliai cinque giorni dopo in ospedale. […] Dei Cristiani venivano a visitare i malati in ospedale, vennero anche da me ma la prima volta gli tirai contro la prima cosa che mi capitò a tiro. In seguito mi parlarono altre volte di Gesù, mi dicevano che Lui poteva salvarmi, e mi parlavano delle cose di Dio. Due mesi dopo iniziai un’amicizia con loro. Prima di lasciare l’ospedale, una notte riuscii ad alzarmi dal letto e cercai di andare in bagno da solo, ma dopo due passi caddi con la faccia a terra. In quel momento gridai a Dio dicendo: “Cosa ho fatto per meritare questo? Dammi un po’ di pace, anche se devo morire per averla!”. Ma Dio mi rispose facendomi conoscere tante persone che Lo amano. […]
In seguito dovetti ritornare all’ospedale, e lì un’infermiera credente mi disse che conosceva Gabriele e poteva metterci di nuovo in contatto.
Quando rividi Gabriele dopo così tanti anni fui così felice! Gli parlai dei vecchi tempi. Ma invece lui parlava di cose nuove e la parola “Gesù” era sempre sulle sue labbra. Dentro di me mi chiedevo se era possibile sperimentare quello che aveva sperimentato Gabriele. In quello stesso momento, Gabriele, che stava per lasciare la stanza, si voltò e mi disse: “Tu puoi cambiare. Gesù ti ama”. Le sue semplici parole toccarono il mio cuore, e nacque in me una speranza, realizzando che lui era cambiato veramente. Nei giorni seguenti Gabriele mi invitò a un raduno sotto la tenda, che era arrivata in Sicilia. Quando andai lì non incontrai uno spirito di giudizio, anche se c’erano molte persone, e in quell’atmosfera sentii tanta libertà. […] Quando andai in ospedale il Signore mi battezzò nello Spirito Santo. I dottori corsero perché mi sentivano gridare. Non mi ero accorto di quanto forte stessi cantando e benedicendo Dio! Questo accadde dalle dieci di quel mattino fino al mattino successivo. Fu così bello che non mi sentii neppure stanco. Ero davvero cambiato!
Tornai alla tenda con un’attitudine completamente nuova, di imparare le cose che concernono la Parola di Dio, e di servire il Signore. Quando tornai nel mio quartiere, in mezzo ai vecchi amici, essi furono sconvolti perché già conoscevano la testimonianza di Gabriele, ma non si sarebbero mai aspettati di vedere cambiato anche me! Pensavano che fossi morto, perché molti di quelli che conoscevo e che facevano la mia vita erano morti più giovani di me. […] Gesù è la mia vita. Prima ero morto, ora mi sento di nuovo come un giovane ragazzo. E’ come una boccata di aria fresca! Ho una nuova vita e un amore nuovo.
A quelli che si trovano nella mia precedente condizione, voglio dire che quando mi trovai a terra in ospedale, gridai a Dio con tutto me stesso. Non potevo parlare, ma era un grido che veniva da dentro di me. Dio mi rispose. Quando tutto sembra perduto e ti senti finito, e non vedi alcuna speranza, grida a Dio, Lui risponderà!
Gabriele e Giuseppe Cristo e la Risposta
Francesco La Manna – notiziecristiane.com
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