Le unioni civili senza robusta Costituzione

img-_innerArtFb-_sca2_1Nei giorni scorsi su queste colonne si è messo correttamente in evidenza che le convivenze, etero oppure omo che siano, come le cosiddette unioni civili non possono venire ricomprese tra le formazioni sociali di cui parla l’art. 2 della Costituzione. I lavori preparatori mettono ben in evidenza che la Costituzione si riferisce ai partiti politici, alle confessioni religiose et similia. Il buon senso poi facilmente intuisce che ai padri costituenti non sarebbe mai passato per la testa di tutelare le convivenze che allora erano disapprovate da quasi tutta la classe politica e dalla maggioranza degli italiani.

Inoltre, le convivenze e tanto più le unioni civili non possono venire ricomprese tra le formazioni sociali perché se così fosse riceverebbero tutela costituzionale, ma ciò entrerebbe in contraddizione con l’art. 29 della Costituzione. Questo articolo è chiarissimo nel considerare come unica “convivenza” da legittimare solo quella matrimoniale. Tutelare addirittura a livello costituzionale altre forme di unioni andrebbe a detrimento dell’istituto del matrimonio perché significherebbe inserire nel nostro ordinamento giuridico un altro istituto concorrenziale al matrimonio perché più soft. In breve, l’art. 29 esclude implicitamente che lo Stato possa dare il proprio avallo alle coppie di fatto. Ergo quella ventina e più di norme che tutelano già a oggi i conviventi sono illegittime sotto il profilo costituzionale.

Ma tornando a quell’art. 2 ci sarebbe un’altra considerazione da fare. Questo articolo parla di “dirittiinviolabili”, cioè di diritti fondamentali, o “essenziali” per usare un aggettivo speso da Moro durante i lavori della Costituente. Ora, anche ammesso e non concesso che per formazioni sociali si intendano le coppie di conviventi, a costoro dovrebbero essere riconosciuti i diritti fondamentali, solo questi e non altri perché così ci dice l’art. 2. E quali sono questi diritti inviolabili? Vita, salute, libertà, educazione, etc. In breve, come si annotava l’altro giorno da queste colonne, il singolo deve vedere riconosciuti i suoi diritti fondamentali anche se fa parte, ad esempio, di un partito politico. La persona non può essere annullata a vantaggio di un consesso sociale in cui è inserita. Dunque la Costituzione tutela anche nelle formazioni sociali i diritti fondamentali.

Invece, diritto di reversibilità, subentro nel contratto di locazione, diritto di visita in ospedale, etc –tutti diritti che i conviventi vogliono vedersi riconosciuti e che tra l’altro sono già riconosciuti – non rientrano nei diritti fondamentali ma sono diritti accessori o strumentali. I diritti fondamentali, infatti, vanno riconosciuti alla persona in quanto persona, cioè in riferimento alla sua dignità, gli altri diritti – ad esempio il diritto di credito, il diritto successorio, etc. – al verificarsi di alcune condizioni (un prestito di denaro, il decesso di una persona, etc.). Unica condizione per riconoscere i diritti inviolabili è invece l’esistenza in vita della persona. Di contro, ad esempio, il diritto al voto non è diritto fondamentale: il 14enne che non può votare non subisce un vulnus alla sua dignità. Così il diritto alla pensione e pure il diritto di coniugio (altrimenti l’interdetto, incapace di contrarre matrimonio, subirebbe una violazione di un suo diritto fondamentale). In modo analogo il diritto alla pensione di reversibilità, al subentro automatico nel contratto di locazione, etc. non sono diritti fondamentali e dunque non sono tutelati dall’art. 2.

Quindi anche se per assurdo facciamo rientrare la convivenze o le unioni civili nelle formazioni socialidell’art. 2, i diritti indicati in questo articolo non riguardano quei diritti che nascono da un rapporto di convivenza. E dunque non ci si può appellare alla Costituzione per vederseli riconosciuti. Questa strada non sarebbe percorribile. Detto ciò, rimarrebbe però lampante che se facciamo rientrare la convivenze nella formazioni sociali, le prime assumerebbero rango costituzionale e quindi dovrebbero essere tutelate e garantite in qualche modo. Ma la Costituzione, lo ripetiamo, non tutela le convivenze, anzi – nell’articolato della Costituzione e nella normativa sulla famiglia – si può leggere lo sforzo del legislatore da una parte di aiutare le famiglie e dall’altra di scoraggiare tutte quei legami che per loro natura sono precari e dunque non concorrono al bene comune e di contro incoraggiare chi vuole vivere assieme a sposarsi.

di Tommaso Scandroglio

da: Lanuovabq.it/

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