Intervista a Dora Bognandi, presidente della Federazione delle donne evangeliche in Italia, sui dati dell’indagine Istat 2015.
La violenza contro le donne continua a essere un fenomeno ampio e diffuso. Lo afferma l’Istat che qualche settimana fa ha presentato i dati aggiornati al 2014 riguardanti l’Italia; l’ultima indagine risaliva al 2006. Sono 6 milioni 788 mila le donne che hanno subito qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Una cifra impressionante, vale a dire oltre il 20% della popolazione femminile del nostro paese. Le donne straniere hanno subito violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita. Sono dati che ci colpiscono, ma dietro i quali, non dimentichiamolo, vi sono il dolore e le sofferenze di persone con storie, sogni e desideri; e alcune non potranno averne più. Sono numeri che devono far prendere coscienza e spronare ad agire perché la violenza, in tutte le sue forme, abbia fine. Sui risultati Istat, Notizie Avventiste ha rivolto alcune domande a Dora Bognandi, direttore associato del Dipartimento affari pubblici e libertà religiosa dell’Unione italiana della chiese cristiane avventiste del settimo giorno (Uicca) e presidente della Federazione donne evangeliche in Italia (Fdei).
In quest’ultima indagine, sono presenti segnali positivi di cambiamento?
Dall’indagine emergono alcuni segnali di miglioramento rispetto al passato: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all’11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti, il 2006, anno dell’ultima indagine. Questo ci dice che una maggiore informazione, il lavoro svolto, una maggiore consapevolezza delle donne e il fatto che si parli pubblicamente del fenomeno, condannandolo, cominciano a portare i loro frutti. Infatti, diminuiscono sia la violenza fisica (dal 5,1% al 4%) sia quella sessuale (dal 2,8% al 2%) da partner ed ex partner, e dal 9% al 7,7% da non partner. Molto interessante è il fatto che le studentesse subiscono oggi minore violenza: dal 17,1% all’11,9% nel caso di ex partner, dal 5,3% al 2,4% da partner attuale e dal 26,5% al 22% da non partner. Diminuisce anche molto la violenza psicologica dal partner attuale (dal 42,3% al 26,4%), soprattutto se non affiancata da violenza fisica e sessuale. È cambiato anche l’atteggiamento delle donne: oggi, più di ieri, esse considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3% al 29,6% per la violenza da partner) e la denunciano di più alle forze dell’ordine (dal 6,7% all’11,8%). Più spesso ne parlano con qualcuno (dal 67,8% al 75,9%) e cercano aiuto presso i servizi specializzati, i centri antiviolenza, gli sportelli (dal 2,4% al 4,9%). Rispetto al 2006, le vittime sono più soddisfatte del lavoro delle forze dell’ordine.
Dunque, si può affermare che c’è un’inversione di tendenza?
Forse è presto per dirlo perché, a fronte di segnali positivi, ne permangono diversi molto negativi. Ad esempio, gli stupri e i tentati stupri sono rimasti invariati rispetto al 2006. Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8% nel 2006 al 34,5% nel 2014). Anche le violenze da parte dei non partner sono più gravi. Vi sono poi categorie più esposte. Per esempio, le straniere sono più soggette a stupri e tentati stupri (il 7,7% contro il 5,1%). Quelle che subiscono maggiori violenze sono le donne moldave (37,3%), romene (33,9%) e ucraine (33,2%). Le donne separate o divorziate subiscono violenze fisiche o sessuali più delle altre (il 51,4% contro il 31,5%). Il fenomeno non risparmia neppure le donne con problemi di salute o disabilità: ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi. Il rischio per loro di subire stupri o tentati stupri è doppio (il 10% contro il 4,7% delle donne sane). Aumenta, purtroppo, la percentuale dei figli che hanno assistito a episodi di violenza sulla propria madre. Se si considera il totale delle violenze subìte da donne con figli, si passa dal 60,3% nel 2006 al 65,2% nel 2014. Questi dati ci dicono che combattere la violenza sulle donne si può, ma è un’impresa molto difficile e ancora c’è molto da fare. Per questo motivo tutti debbono sentirsi implicati in questa lotta.
Da qualche mese lei è presidente della Federazione delle donne evangeliche in Italia (Fdei), che cosa fate in questa direzione?
La Fdei è da sempre impegnata nella lotta contro la violenza verso le donne. Ha aderito con convinzione e lavorato durante il «Decennio ecumenico delle chiese in solidarietà con le donne (1988-1998)», sensibilizzando le comunità di fede sulla problematica. Ha anche collaborato con altre realtà esterne adottando anche iniziative di altre associazioni. Per esempio, nel 2008, ha aderito alla «Staffetta contro la violenza di genere», indetta dall’Udi. Il simbolo di questa staffetta era un’anfora che è partita, il 25 novembre 2008, da Niscemi, dove la giovanissima Lorena Cultraro era stata barbaramente uccisa da suoi coetanei, e si è conclusa a Brescia, il 25 novembre 2009, dove la giovane pakistana Hiina Saleem era stata sgozzata dal padre e dal fratello. In qualunque città l’anfora si fermava, si organizzava un incontro pubblico. Questa staffetta si è rivelata un laboratorio per rapporti nuovi con altre associazioni, con i Centri antiviolenza e per un confronto con le Istituzioni. L’anno scorso abbiamo aderito alla campagna «Posto Occupato», un’iniziativa nata da Maria Andaloro, una donna della provincia di Messina che proponeva di esporre nei luoghi pubblici una sedia rivestita con una sciarpa rossa e una locandina per ricordare che tante donne che occupavano dei posti in vari ambiti sociali ora non ci sono più, vittime della violenza, e bisogna ricordarsene. Inoltre, da parecchi anni pubblichiamo un opuscolo, intitolato «16 Giorni per combattere la violenza sulle donne». Esce poco prima del 25 novembre, giornata dedicata dall’Onu a questa tematica, e per ogni giorno propone testi biblici e giuridici, meditazioni, preghiere e iniziative utili da realizzare con le donne delle chiese evangeliche.
Fonte: Notizie avventiste / Riforma.it
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